Passi per il pizzetto un po’ così, da Mefistofele invecchiato, e per quei tatuaggi da ribelle a tempo indeterminato. Ma a 52 anni suonati, Piero Pelù potrebbe pure sfilarsi la canotta e infilarsi una t-shirt, come tutti i Bruce Springsteen di questo mondo. Però questo ex giovanotto dall’aria perennemente sulfurea è pur cosciente di sé: “Sul palco entro in un universo parallelo”, ha rivendicato in occasione dei 50 anni. “Sono un cretino, le mie figlie me lo ripetono, ma che posso fare a parte il bischero?”. E nella parola “bischero” emerge tutta la sua fiorentinità.
Difatti a Firenze Pelù è nato e cresciuto, come l’attuale primo cittadino d’Italia Matteo Renzi. Tuttavia i due da anni non si prendono per niente. Sarà per la diversità assoluta delle personalità, che non risiede solo nel look. Per dire, alla stessa età in cui Renzi entrava nei boy scout, Pelù veniva folgorato dal rock e in particolare dai Black Sabbath. Se la giovinezza del premier era a base di pane e politica, quella dell’ex leader dei Litfiba preferiva punk, alcol e droga. Esempio di personaggi di successo, ovviamente ciascuno nel proprio campo, non hanno mai collaborato per la vita culturale di Firenze. L’occasione ci sarebbe stata, ma il sindaco Matteo Renzi preferì passare oltre.
La storia è questa. Nel 2007 l’allora primo cittadino Leonardo Domenici affidò a Piero Pelù la direzione artistica di Fi.Esta, l’Estate fiorentina. Recitava la delibera: “Pelù è stato individuato proprio per la sua preziosa esperienza maturata in campo musicale, per l’attenzione che da anni rivolge al mondo dei giovani, per il suo radicamento sul territorio cittadino e per la sua formazione culturale”. L’opposizione in consiglio comunale denunciò che il compenso di 72 mila euro previsto per il cantante era il doppio rispetto a quanto guadagnato dal suo predecessore, quel fior di musicista che risponde al nome di Mauro Pagani. Fi.Esta costò quell’anno un milione di euro e ad ottobre Pelù si dimise, spiegando anni dopo su Facebook che c’erano stati sprechi non imputabili a lui e concludendo: “Per dieci mesi di superlavoro certosino e un programma che fu per Firenze a livelli di capitale europea della cultura presi, alla fine del 2007, 60 mila euro”.
Matteo Renzi non doveva essere di questo avviso, perché quando divenne sindaco, nel 2009 ignorò del tutto Pelù per l’Estate fiorentina e ne affidò la direzione artistica, senza compenso, al direttore del Teatro della Pergola, Riccardo Ventrella. Sarà perché Renzi è l’aedo della sinistra moderata alla Blair, e Pelù invece non rinuncia a nessuna parola d’ordine della sinistra movimentista, oppure perché quella ruggine sugli eventi culturali a Firenze si è depositata tra i due, ma nel 2013 il cantante definì, sempre su Facebook, il suo primo cittadino come “il sindaco più latitante della storia”, consigliandogli di asfaltare le buche della città. Renzi gli rispose a stretto giro di Twitter: “Piero Pelù ha fatto il consulente artistico al Comune di Firenze prima che arrivassi io, e abbiamo visto i risultati… L’Estate fiorentina ora funziona, prima non funzionava; lui prendeva i soldi e chi c’è ora, Riccardo Ventrella, non prende soldi”. Ai fiorentini, si sa, non fanno difetto né i bollenti spiriti né le battute pungenti.