Rocco Hunt rivolge attraverso
Famiglia Cristiana un invito
al cardinale Gianfranco
Ravasi: «Mi piacerebbe molto
incontrarlo. Avrei tante
domande da rivolgergli, anche
critiche. Ho solo 21 anni e su molte
cose mi posso sbagliare. Lui potrebbe
illuminarmi». La richiesta del rapper
campano nasce dal fatto che, tra i milioni
di italiani che si sono fatti trascinare
dalla sua energia all’ultimo Sanremo,
c’è stato pure il presidente del
Pontificio Consiglio della Cultura, che
su Twitter ha citato alcuni versi della
sua Wake up: «Non dimentico mai le
radici, perché in questa terra c’è scritto
chi siamo».
Una bella soddisfazione per “Rocchino”,
come lo chiamano tutti, che ha
pure incassato i complimenti di Pino
Carosone, il figlio del grande Renato,
per la sua rivisitazione di Tu vuò
fa l’americano: «Ho ricevuto messaggi
molto carini anche da Massimo
Ranieri, da Gigi D’Alessio e da Eros
Ramazzotti». Il rapper confessa candidamente
di aver scelto questa canzone
perché «è famosa in tutto il mondo e
io volevo farmi notare anche all’estero.
E infatti ho ricevuto tweet dall’America,
dal Canada, dalla Francia…».
«Wake up guagliù», svegliatevi ragazzi,
canta Rocco rivolto ai suoi coetanei
del Sud per spingerli a uscire
dal tunnel della rassegnazione.
«Tutti dormono, a iniziare dai politici
e quindi ciascuno di noi, nel suo piccolo,
deve darsi da fare per non arrendersi
e realizzare i suoi sogni».
Pure se la realtà è quella descritta
dalla canzone: «Anche se sto palazzo
mo’ cade a pezzi a’ signor’ vo’ semp’ ‘e
sold. E preghiamo ogni giorno sperando
ca’ nun se esaurisce a pension’ do’
nonn’». Commenta Rocco: «I giovani
vivono con i soldi dei genitori, che
a loro volta spesso vanno avanti con
quelli dei nonni, vale a dire la generazione
che ha vissuto l’ultimo boom
economico italiano».
E se anche la pensione del nonno
non basta, per moltissimi l’unica soluzione
è andare a cercar fortuna altrove,
salvo poi rimpiangere la propria terra,
come ha cantato sempre a Sanremo
l’altro rapper campano in gara, Clementino,
nella sua Quando sono lontano:
«Il mio amico Clementino ha ragione.
Ma se un laureato in Lingue con
110 e lode a Napoli non trova niente di
meglio che un posto da cameriere, che
deve fare?». Rocco, che di cognome fa
Pagliarulo, è nato e cresciuto a Pastena,
un quartiere popolare di Salerno. In
tasca ha un diploma di ragioneria, preso
dopo essere stato bocciato due volte.
«Chi sta peggio di tutti sono i miei
amici che, come me, hanno avuto problemi
con gli studi. Eppure le opportunità
ci sarebbero anche. Abbiamo tanti
musei abbandonati che potrebbero
essere restituiti alla loro bellezza e
spiagge piene di monnezza da ripulire.
Oppure potrebbero dare una mano
a bonificare la Terra dei fuochi».
Come già due anni fa, quando vinse
tra le “Nuove proposte”, non era difficile incontrare a spasso per Sanremo
il rapper in compagnia dei suoi familiari.
«Stavolta sono venuti pure mio
nonno e mio fratello Francesco che ha
13 anni, mentre Gabriellino, che ha 3
anni e mezzo, è rimasto a casa. Voglio
bene a tutti e due, ma con Francesco ho
un rapporto speciale perché è cresciuto
con me e ha condiviso le difficoltà
della nostra famiglia. Il frigorifero
spesso era vuoto e i miei genitori
dovevano fare grandi sacrifici per
riempirlo. Quando è nato Gabriellino
invece io ero già Rocco Hunt, tanto che
usai i guadagni delle mie prime serate
per fargli un regalo. Mio padre ripete
sempre che io sono nato in una stanzetta
con la muffa mentre Gabriele no,
ma so bene che non si monterà la testa
perché nella sua educazione, come è
accaduto con me e con Francesco, l’umiltà
è sempre al primo posto».
Nella stanzetta di Rocco ora la
muffa non c’è più perché il rapper ha
aiutato la sua famiglia a ristrutturare
la casa di Salerno dove è cresciuto. Ma
a parte questo, la vita dei Pagliarulo
non è cambiata. «Mia madre continua
a fare la casalinga e mio padre l’operatore
ecologico per una cooperativa. C’è
gente che lo prende in giro quando lo
vede con la scopa per strada, perché
sanno che è mio padre, ma lui è orgoglioso
del suo lavoro e tira dritto».
Papà ora è il maggiore fan di Rocco
ma non è sempre stato così. «Quando
provavo le mie prime canzoni in cameretta,
parlavo da solo e cercavo di imitare
i movimenti degli altri rapper. Mio
padre mi vedeva e si preoccupava.
Allora si rivolgeva a Padre Pio, di cui
è sempre stato devotissimo, tanto che
a casa abbiamo sue immagini in ogni
stanza. “Aiuta tu mio figlio”, ripeteva,
“perché non riesco più a capire cosa gli
succede”. Quando ho vinto Sanremo tra
i giovani si è fatto tatuare un’immagine
del Santo sulla schiena...».
E dire che poco prima di quella vittoria
nel futuro di Rocco c’era il lavoro
nella pescheria dello zio: «L’ho fatto
per due anni ed è stata un’esperienza
molto importante. La musica è una
passione e per di più, nel mio caso,
ti consente una vita agiata. Il lavoro
vero, quello che ti garantisce la fatica
ma non sempre il guadagno, è un’altra
cosa. Io l’ho provato e non me ne dimentico».