Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
sabato 14 settembre 2024
 
scheda
 

Dalla data ai contenuti, il referendum costituzionale in sette domande e risposte

09/08/2016  Dopo che la Corte di Cassazione ha approvato le firme raccolte dai “Comitati per il sì”, il governo ha 60 giorni per decidere la data del voto che potrebbe tenersi il 20 o 27 novembre. Ecco una breve guida alla consultazione d’autunno con i contenuti della riforma e le posizioni dei partiti

La Corte di Cassazione ha convalidato le 500 mila firma raccolte dai “Comitati per il sì” al referendum sulla riforma della Costituzione. Il quesito del referendum è stato approvato e ora il governo ha 60 giorni per decidere la data in cui si andrà a votare. Diversi esponenti dell’opposizione hanno chiesto al governo di fissare la data rapidamente e nei primi giorni in cui è consentito farlo. Secondo indiscrezioni, il governo invece non avrebbe fretta e starebbe pensando di fissare la data del voto nella seconda metà di novembre (si parla del 13, del 20 o del 27).

Su che cosa si voterà?

Gli elettori italiani saranno chiamati a votare sulla riforma della Costituzione, il cosiddetto “ddl Boschi”, dal nome della ministra per le Riforme costituzionali. Il ddl, definitivamente approvato lo scorso aprile, prevede la fine del bicameralismo perfetto tramite una significativa riforma delle funzioni del Senato, la riduzione dell’autonomia delle regioni e una serie di interventi minori, come l’abolizione del CNEL (Consiglio nazionale economia lavoro).

Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, e il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in Parlamento
Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, e il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in Parlamento

Quali sono i punti salienti della riforma?

  

L’Italia cesserà di essere un paese dove vige il “bicameralismo perfetto”, cioè la parità di ruolo e competenze tra le due camere, saranno modificati i rapporti tra stato e regioni e saranno introdotte tutta un’altra serie di modifiche come quelle sull’elezione del presidente della Repubblica e sull’istituto del referendum. Il Senato  non dovrà più dare la fiducia al governo e non si occuperà più di gran parte delle leggi, che saranno di competenza esclusiva della Camera. Sulla maggior parte delle leggi sarà soltanto la Camera a dover decidere, eliminando così la cosiddetta “navetta”, cioè il passaggio della stessa legge tra Camera e Senato che oggi capita avvenga anche più di una volta, visto che le due camere devono approvare leggi che abbiano esattamente lo stesso testo.

Come saranno scelti i nuovi senatori?

Il nuovo senato avrà 100 membri, di cui 74 saranno consiglieri regionali, 21 saranno sindaci e 5 saranno nominati dal presidente della Repubblica (gli ultimi avranno un mandato della durata di 7 anni). Il metodo con cui saranno eletti i 74 consiglieri regionali e i 21 sindaci non è ancora stato deciso: servirà una legge che determini esattamente come avverrà la loro elezione. Su questo punto ci sono stati aspri scontri politici, anche per la formulazione vaga della riforma: dice che i senatori saranno eletti «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi». In altre parole la legge ordinaria potrebbe stabilire che in occasione delle elezioni regionali sarà necessario indicare sulla scheda la propria preferenza per il consigliere regionale che l’assemblea dovrà eleggere come suo rappresentante al Senato. Altre polemiche su questo punto sono dovute al fatto che la riforma continua a prevedere l’immunità parlamentare per i senatori (quindi, dicono i critici, i consigli regionali invieranno al Senato i loro “colleghi” che rischiano di essere processati: ma questo non succederà se saranno gli elettori a scegliere chi mandare in Senato).

È vero come sostiene il governo che la riforma produrrà notevoli risparmi economici?

  

Con la riforma si aboliranno definitivamente le province (che spariranno dal testo della Costituzione), si abolirà il CNEL e i senatori saranno ridotti di numero (passeranno da 320 a 100) e non percepiranno uno stipendio. Non sono state fornite stime esatte sull’ammontare di questi risparmi, ma si calcola che possano essere nell’ordine di poche centinaia di milioni di euro, su un bilancio pubblico di circa 800 miliardi di euro.

L'aula del Senato durante una seduta
L'aula del Senato durante una seduta

Quali forze politiche hanno votato la riforma in Parlamento?

Inizialmente la riforma è stata votata da un’ampia maggioranza di parlamentari, tra cui il Pd e gran parte del centrodestra. Successivamente Forza Italia ha ritirato il suo appoggio e la riforma è stata approvata con una maggioranza assoluta. Se fosse stata approvata con una maggioranza di due terzi, la riforma sarebbe automaticamente entrata in vigore, senza bisogno del referendum. Convalidando le 500 mila firme la Cassazione ha autorizzato il referendum: ma il referendum si sarebbe svolto comunque visto che ne hanno fatto richiesta, come prevede la legge, anche un quinto dei parlamentari.

Come si stabilisce la data?

  

Il referendum deve tenersi una domenica tra il 50° e il 70° giorno dopo la data in cui viene pubblicato il decreto che lo indice. Se il decreto venisse promulgato il 9 agosto, ad esempio, sarebbe possibile votare 50 giorni dopo, cioè nei primi giorni di ottobre. Ci sono diverse ragioni di tattica politica, però, che sconsigliano al governo questa scelta. Più la data del referendum è vicina e più corta sarà la campagna elettorale. I sondaggi, al momento, indicano una parità tra i “sì” e i “no” e in alcuni casi un leggero vantaggio dei no. Spostando la data del referendum alla fine di novembre, il governo spera di avere più tempo per mettere in atto un’efficace campagna elettorale. Nei mesi scorsi la data più probabile per il referendum era indicata intorno all’inizio di ottobre (nella stampa la consultazione era spesso definita “referendum di ottobre”), ma ora si parla della fine di novembre. Inoltre, intorno alla metà di novembre il governo spera di riuscire ad approvare la nuova legge di stabilità in almeno uno dei due rami del parlamento.

Cosa c’entra la legge elettorale in questa vicenda?

Il 4 ottobre la Corte Costituzionale si esprimerà sull’Italicum, la nuova legge elettorale approvata lo scorso 4 maggio. Secondo molti commentatori è probabile che la Corte accoglierà almeno alcune delle “eccezioni di incostituzionalità” rivolte alla legge, rendendo forse necessario un nuovo passaggio parlamentare. L’Italicum prevede un ballottaggio tra liste su scala nazionale, una caratteristica pressoché unica al mondo e un significativo premio di maggioranza alla Camera che viene assegnato al secondo turno delle elezioni. In questo modo la legge potrebbe finire con l’assegnare il premio a una forza politica con una bassissima rappresentanza nel paese, che controllando la Camera potrebbe legiferare in completa autonomia. Il Movimento 5 Stelle, in passato tra i più forti critici dell’Italicum, ora chiede che la legge non venga cambiata; una parte significativa del Pd, che aveva promosso la legge, vede favorevolmente una sua modifica.  

Multimedia
Obama e Renzi, sorrisi e pacche sulle spalle
Correlati
I vostri commenti
27

Stai visualizzando  dei 27 commenti

    Vedi altri 20 commenti
    Policy sulla pubblicazione dei commenti
    I commenti del sito di Famiglia Cristiana sono premoderati. E non saranno pubblicati qualora:

    • - contengano contenuti ingiuriosi, calunniosi, pornografici verso le persone di cui si parla
    • - siano discriminatori o incitino alla violenza in termini razziali, di genere, di religione, di disabilità
    • - contengano offese all’autore di un articolo o alla testata in generale
    • - la firma sia palesemente una appropriazione di identità altrui (personaggi famosi o di Chiesa)
    • - quando sia offensivo o irrispettoso di un altro lettore o di un suo commento

    Ogni commento lascia la responsabilità individuale in capo a chi lo ha esteso. L’editore si riserva il diritto di cancellare i messaggi che, anche in seguito a una prima pubblicazione, appaiano  - a suo insindacabile giudizio - inaccettabili per la linea editoriale del sito o lesivi della dignità delle persone.
     
     
    Pubblicità
    Edicola San Paolo