«Non dimenticarti dei poveri!» è probabilmente la frase più conosciuta del Cardinale brasiliano, noto per il suo impegno e la sua dedizione totale alle cause sociali e politiche. La famosa frase è stata proferita sotto voce, all’interno della Cappella Sistina, nella sera del 13 marzo 2013, all’appena eletto Papa Bergoglio, ma subito dopo ha fatto il giro del mondo, perché il Papa stesso ha confidato ai giornalisti che quelle parole lo hanno ispirato nella scelta del nome “Francesco”.
In Brasile, invece, l’amore del cardinale Hummes per i poveri è stato sempre noto, fin dai suoi primi anni come vescovo di Santo André, una diocesi della cosiddetta Grande San Paolo, segnata in quel periodo dalle manifestazioni sindacali e dalla lotta per i diritti dei lavoratori. Per farci un’idea, tra quella leadership sindacale emergeva la figura del giovani Luiz Inácio da Silva (Lula), poi presidente del Brasile. Nominato vescovo nel 1975, in piena dittatura militare, mons. Hummes ha dato continuità alla difesa dei diritti dei poveri e dei lavoratori, aprendo le chiese per accogliere le loro riunioni e facendosi loro amico e, tra questi, il presidente del sindacato: Luiz Inácio. Quando Lula ed altri sindacalisti sono stati arrestati, mons. Hummes in persona ha cercato di aiutare le famiglie, rischiando di andare anche lui in carcere per questioni politiche.
Il DOPS – Dipartimento di Ordine Politica e Sociale, che era la polizia segreta durante la dittatura brasiliana durata dal 1964 al 1985 –, non è riuscito a indiziare il vescovo, ma sicuramente ha contribuito a diffondere una cattiva fama di mons. Hummes come sovversivo, cosa che ha costretto il Vaticano a trasferirlo a una diocesi del nordest del Brasile (Fortaleza), dal 1996 al 1998. Lontano dai riflettori, mons. Hummes si è potuto preparare per assumere, poi, la più grande e più importante arcidiocesi del Brasile: San Paolo. Giovanni Paolo II lo ha voluto come successore del Cardinale Arns, anch’egli francescano minore e grande personaggio nella lotta contro la dittatura e a favore dei poveri e oppressi.
Mons. Hummes viene creato subito cardinale (nel 2001) e assume un nuovo stile pastorale, rivolto più alle periferie, senza cambiare però la politica di difesa dei diritti umani del suo predecessore. In una intervista di quel periodo, Hummes afferma che «difendere questi diritti è fondamentale per la Chiesa, perché consideriamo che la dignità e la libertà dell’uomo sono valori inviolabili». In un’altra occasione ha sottolineato: «la solidarietà per i poveri e per i lavoratori fanno parte della mia vita». In questo modo il porporato rendeva onore perfino alle sue origini, come figlio di una famiglia di immigrati, contadini poveri di una piccola città del sud del Brasile chiamata Montenegro, dove è nato l’8 agosto 1934. Il nome Claudio lo ha scelto soltanto nel 1956, dopo la emissione dei voti religiosi nell’Ordine dei Frati Minori.
In Brasile il cardinale Hummes è sempre stato noto anche per il suo amore alla causa indigena, soprattutto nella difesa dell’Amazzonia. Fatto curioso questo, visto che il paese dove lui è nato dista circa 4.000 km dal cuore della Foresta, qualcosa come attraversare tutta l’Europa, da Lisbona a Kiev. Sicuramente per questo amore alle cause ecologiche e indigene Papa Francesco si è fidato molto di lui nell’organizzazione del Sinodo per l’Amazzonia, diventandone Relatore. Dal 2010, appena tornato in Brasile dopo essere stato Prefetto della Congregazione del Clero (2006-2010), il cardinale Hummes è stato presidente della Commissione Episcopale per l’Amazzonia, aiutando a creare, nel 2014, la REPAM (Rete Ecclesiale Pan-Amazzonica), di cui è stato il primo presidente, così come nel post-Sinodo è stato il primo presidente dalla Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia (2020-2022). «Dobbiamo generare una Chiesa con sorriso indigeno» ripeteva spesso il cardinale. Il suo cuore vibrava così tanto all’unisono con la Foresta che la sua grande preoccupazione legata al Sinodo era che la causa indigena non fosse pienamente percepita e si perdesse in discussioni secondarie e inutili, così come, in parte, purtroppo è successo.
Oltre queste “passioni” e la stretta amicizia con Papa Francesco – iniziata ai tempi in cui era arcivescovo di San Paolo e Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires, e diventata più forte durante l’Assemblea del CELAM di Aparecida (2007), dove hanno lavorato insieme –, un’altra ricchezza che lo caratterizzava è il motto presente nel suo stemma episcopale: «Omnes vos fratres» («Voi siete tutti fratelli»), che ci richiama immediatamente il poverello di Assisi e l’ultima enciclica di Papa Francesco (Fratelli tutti).
Un giorno triste per la Chiesa e la società questo 4 luglio 2022, perché abbiamo perso un grande cardinale e un grande uomo, ammirato e ricordato in tutto il mondo, perché il suo lavoro e le sue cause sono andate molto oltre le frontiere del Brasile e della Chiesa.