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sabato 12 ottobre 2024
 
 

Pochi e prepotenti

06/03/2015  Undici insegnanti e sette genitori hanno fatto ricorso al Tar contro la delibera con cui il Consiglio d’Istituto, praticamente all’unanimità, aveva concesso ai parroci di riferimento la possibilità di impartire le benedizioni pasquali nei locali delle scuole ma al di fuori dell’orario scolastico.

L’hanno minacciato e alla fine l’hanno fatto. Undici insegnanti e sette genitori- sì avete capito bene- sette genitori del Comprensivo 20 di Bologna, insieme all’associazione Scuola e Costituzione hanno fatto ricorso al Tar contro la precedente delibera con cui il Consiglio d’Istituto, praticamente all’unanimità, con soli due voti contrari, aveva concesso ai parroci di riferimento la possibilità di impartire le benedizioni pasquali nei locali delle scuole ma al di fuori dell’orario scolastico, consentendo la partecipazione ai bambini e ai ragazzi solo in presenza dei genitori.

Una vicenda che rischia il grottesco
. Se è vero infatti, come ha riconosciuto il responsabile dell’Ufficio diocesano per l’insegnamento della religione cattolica, che il ricorso di per sé è un atto assolutamente legittimo, è altrettanto legittimo aspettarsi il rispetto delle decisioni assunte a stragrande maggioranza, specialmente quando si tratta di temi e di valori che toccano così da vicino la sensibilità delle famiglie.
E soprattutto fa sorridere- si fa per dire- il numero dei ricorrenti. Ricordiamo che le scuole interessate sono tre. Due elementari, le Carducci e le Fortuzzi, e una scuola media, le Rolandino. Istituti storici della città di Bologna, che fanno sempre il pieno delle iscrizioni, il che significa che sono centinaia le famiglie coinvolte con un numero proporzionato di insegnanti.

 Per questo ci si aspettava che, dopo tante polemiche, che rischiano tra l’altro di turbare il clima di serenità che si deve pretendere a scuola, il ricorso ai giudici del Tar rimanesse una minaccia. E invece, senza ripensamenti, è arrivato l’atto di forza.

 A motivare il ricorso il fatto che le benedizioni “non costituiscono attività didattica o culturale e dunque non sono classificabili tra le attività scolastiche e neppure extrascolastiche”, e che “non ha importanza che la celebrazione sia non obbligatoria e prevista al di fuori dell'orario scolastico perché la partecipazione o meno a un atto di culto dentro i locali della scuola discrimina i componenti della comunità scolastica in merito alla partecipazione ad un'attività da questa deliberata in base alle proprie idee religiose”. Inoltre, insistono ancora i ricorrenti, il principio di laicità e aconfessionalità dello Stato “comportano la neutralità degli spazi pubblici”. Infine, con la delibera, il Consiglio si è “arrogato senza motivazione un potere che non ha, non chiedendo neppure il parere del Collegio dei docenti”.

 Insomma: questa benedizione non s’ha da fare comunque. Saranno pochi, ma sono altresì sicuri di vincere. A tal punto che hanno chiesto al Consiglio d’Istituto di rivedere autonomamente la propria decisione, “fonte di una palese divisione della comunità scolastica che riteniamo si debba superare”. Ma è proprio giusto lasciar perdere, per salvaguardare comunque il quieto vivere, di fronte a un evidente atto di prepotenza, o vale la pena di mantenersi fermi- con civiltà naturalmente- sulle proprie posizioni? Dopotutto si tratta della scuola dei nostri figli, che- non dimentichiamolo- ci guardano e ci giudicano.

 
 
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