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martedì 03 ottobre 2023
 
 

Il rispetto per la diversità non si impara, si vive!

17/02/2014  Stefano Gorla, direttore de Il giornalino spiega che con le fiabe sul gender: «Si tenta di dare risposte ai bisogni degli adulti, dimenticandosi e strumentalizzando i bambini, che la diversità la vivono nell’incontro e non nelle lezioncine impartite secondo questa o quella moda».

A Bologna il Comune stanzia dei soldi per acquistare favole sulla diversità e sulle famiglie arcobaleno. L’intento è quello di parlare ai piccoli della scuolamaterna di amore omosessuale e famiglie non tradizionali in modo che interiorizzino sin dall’infanzia il rispetto per la diversità. Ne parliamo con padre Stefano Gorla, direttore dell'Area ragazzi della San Paolo Periodici di cui fa parte anche lo storico settimanale Il Giornalino.

- Non è esagerato parlare di questo tema a bambini così piccoli?


«Francamente fatico a mettermi in sintonia con questa vicenda, proprio per come è impostata. Si tende sempre più a coniugare e offrire tematiche adulte, non sappiamo se per un distorto concetto di politicamente corretto o se per ideologica propensione. Si guarda con interesse al “mercato” dei bambini per veicolare temi eticamente sensibili, storie di famiglie “plurali”, dalla procreazione assistita alle famiglie omoparentali. Storie coloratissime d’animali o favolistici personaggi che accompagnano i temi maggiormente à la page. Nulla di nuovo sotto il sole, a parte i temi abbastanza esterni all’orizzonte dei bambini. In fondo ogni narrazione porta con sé una visione del mondo, ma l’impressione è che si tenti di dare, soprattutto agli adulti, una coccolabile patina di quotidianità centrandosi ancora una volta sui disagi e sulle fatiche degli adulti, dimenticandosi dei bambini».

- Il tema della diversità sessuale non sarebbe da affrontare in famiglia prima di tutto?

«Che lo vogliamo o no, qualsiasi tema passa per la mediazione famigliare. Guardando la famiglia si scoprono e conoscono i bambini e le esperienza che li accompagnano e se esistono coppie omosessuali con bambini, oppure famiglie che vogliono veicolare questa prospettiva nulla le fermerà. Imporre visioni o teorie discusse come quella del gender facendole diventare paradigma, mi sembra un'altra questione. E per questo è bene non abbandonare nessuno, è forse il senso dell’appello del Papa che ha lanciato nel contesto più ampio dell’annunciare Cristo a una generazione che cambia».

- Come si educano realmente i bambini al rispetto per le differenze?


«Forse proprio partendo da una visione di un’antropologia fondata sulla differenza e sulla complementarietà fra i sessi. Fa sorridere, ma si tratta di evidenziare una dignità cultura di una visione villipesa ma ampiamente maggioritaria. Il rispetto delle differenze è poi vicenda molto più ampia delle differenze di genere, che esistono lo si voglia o no».

- Non si sta esagerando con le richieste riguardo l'educazione al rispetto e
alla conoscenza della realtà omosesuale?


«Ripeto mi sembra che si tenti di dare risposte a bisogni di adulti, ancora una volta dimenticandosi e strumentalizzando i bambini, che la diversità la vivono nell’incontro e non nelle lezioncine impartite secondo questa o quella moda».


 
 
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