La notizia è: Giorgios Katidis, calciatore dell’AEK Atene, dovrebbe approdare nel Novara che aspirava alla Serie A. Piccolo particolare: il 20enne Katidis è stato espulso a vita – e sottolineiamo a vita – dalla Nazionale greca e ha fatto parlare di sé in tutto il mondo per essersi esibito in un saluto nazista durante una partita. Per carità, il poveretto ha cercato di giustificarsi dicendo che lui non si è mai interessato di politica, che non sapeva neppure chi fosse Hitler, che aveva visto questo gesto in un video su Internet, e che l’ha fatto per incitare il pubblico.
Katidis è giovane, certo, inesperto (forse), ha ancora tanto da imparare (un po’di storia, ad esempio). Ma minimizzare dicendo che si è trattato di un gesto estemporaneo e inconsapevole, di una ragazzata – in un Paese come la Grecia che fu occupato dai nazisti e dove ora la crisi economica ha dato una forte spinta a un partito di estrema destra, Alba dorata – risulta quantomeno incauto.
I dirigenti del Novara dicono che tutti possono sbagliare e che bisogna dargli una seconda opportunità.
Ma quello che viene spontaneo domandarsi è: ne avevamo proprio bisogno? Ne aveva bisogno un mondo calcistico, quello italiano, malato, inquinato da episodi di intolleranza e di razzismo?
Abbiamo già avuto il caso dell’ex laziale Paolo Di Canio e dei suoi purtroppo arcinoti e oltraggiosi saluti romani in direzione dei tifosi della Lazio.
Abbiamo bisogno, ora, di nuovi giocatori, personaggi pubblici nel bene e nel male, che con i loro comportamenti rischiano di creare pericolosi fenomeni di emulazione?