“I have a dream”. Io ho un sogno. Le quattro parole più celebri pronunciate da Martin Luther King risuonano in questo giorno, il 28 agosto, di 60 anni fa a Washington, al termine di una delle manifestazioni più grandi e più importanti per i diritti civili e la giustizia razziale nella storia degli Stati Uniti.
La protesta non violenta attirò 250.000 persone al Lincoln Memorial e diede impulso al Congresso per l'approvazione di importanti leggi sui diritti civili e sul diritto di voto negli anni successivi. Come il Civil Rights Act del 1964.
Celebrando il primo centenario del Proclama di Emancipazione firmato dal presidente Abraham Lincoln, il reverendo e attivista Martin Luther King disse:
“Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull'Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri che erano stati bruciati sul fuoco dell'avida ingiustizia. Venne come un'alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. Ma cento anni dopo, il nero ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del nero è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il nero ancora vive su un'isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il nero langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra”.
Poi arrivò la parte più ispirata del discorso: “Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell'arroganza dell'ingiustizia, colmo dell'arroganza dell'oppressione, si trasformerà in un'oasi di libertà e giustizia.
Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!.
Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E' questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud”.
Come scrisse sul New York Times il grande James Reston, uno dei più autorevoli giornalisti americani di quell’epoca, il discorso di Martin Luther King "era pieno del simbolismo di Lincoln e Gandhi e delle cadenze della Bibbia. Era allo stesso tempo militante e triste, e ha mandato via la folla con la sensazione che il lungo viaggio fosse valso la pena”.
Martin Luther King verrà assassinato cinque anni dopo. Oggi, ricordando la marcia del 1963, il presidente Joe Biden scrive sul Washington Post:
“Sessant'anni fa, il reverendo Martin Luther King Jr. e centinaia di migliaia di americani marciarono su Washington per ottenere lavoro e libertà. Descrivendo il suo sogno per tutti noi, il Dr. King parlò di riscattare la "promessa di cui ogni americano doveva essere erede" che derivava dall'idea stessa di America: siamo tutti creati uguali e meritiamo di essere trattati allo stesso modo nel corso della nostra vita. Se da un lato non siamo mai stati all'altezza di questa promessa come nazione, dall'altro non l'abbiamo mai abbandonata del tutto. Ogni giorno dell'amministrazione Biden-Harris, continuiamo la marcia in avanti”.