Nicola Zingaretti, governatore della Regione Lazio
Una decisione forte quella presa dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, nella veste di commissario ad acta della sanità, che ha emesso lo scorso 12 maggio il decreto U00152 «Rete per la Salute della Donna, della Coppia e del Bambino: ridefinizione e riordino delle funzioni e delle attività dei Consultori Familiari regionali» secondo il quale, da ora in poi, nei consultori familiari della Regione Lazio non sarà possibile per i medici opporre obiezione di coscienza rispetto alla prescrizione della pillola del giorno dopo, l'applicazione della spirale e la certificazione che attesta la volontà di una donna di abortire.
Questo autorevole ma, secondo alcuni, addirittura illegale provvedimento considera possibile l'obiezione di coscienza solo per gli operatori che praticano l'interruzione volontaria di gravidanza vera e propria. Si legge, infatti, nel decreto: «In merito all'esercizio dell'obiezione di coscienza fra i medici ginecologi, che dati recenti pongono al 69,3% in Italia, si ribadisce come questa riguardi l'attività degli operatori impegnati esclusivamente nel trattamento dell'interruzione volontaria di gravidanza, di seguito denominata Ivg. Al riguardo, si sottolinea che il personale operante nel Consultorio Familiare non è coinvolto direttamente nella effettuazione di tale pratica, bensì solo in attività di attestazione dello stato di gravidanza e certificazione attestante la richiesta inoltrata dalla donna di effettuare Ivg. Per analogo motivo, il personale operante nel Consultorio è tenuto alla prescrizione di contraccettivi ormonali, sia routinaria che in fase post-coitale, nonché all'applicazione di sistemi contraccettivi meccanici, vedi Iud (“Intra uterine devices”)”».
In poche parole, i medici sono tenuti a prescrivere la pillola del giorno dopo, applicare la spirale e certificare la volontà di una donna di abortire, indipendentemente dal proprio credo interiore e principi etici, dando per scontato che la legge 194 preveda l’obiezione di coscienza solo per l’atto abortivo e non, anche, per tutto ciò che lo precede. Rifiutare dunque il rilascio di quei fondamentali documenti sarebbe, di fatto, un abuso e anche chi lavora in una struttura pubblica e si dichiara obiettore di coscienza, nella regione Lazio dovrà garantire tali attività.
Ma è un terreno scivoloso su cui occorrerà fare chiarezza perché, a fronte dell’applauso dei sostenitori del decreto, è stata, viceversa, registrata una forte opposizione che ha parlato addirittura di violazione palese della legge 194 e del principio della libertà personale. «All’articolo 9 della legge si specifica che l’obiezione di coscienza vale anche per i percorsi descritti dagli articoli 5 e 7, proprio quelli relativi alla certificazione. Non c’è possibilità di interpretare diversamente la norma», ha affermato Olimpia Tarzia, presidente del Movimento PER Politica Etica Responsabilità e Vicepresidente della Commissione Cultura. “Per analogo motivo legato all’articolo 9 della legge 194, il medico non è obbligato a prescrivere abortivi. Siamo davanti a un’attribuzione impropria di potere che mette in conflitto la legislazione regionale e quella nazionale, contatterò tutte le associazioni di medici e farmacisti perché si appellino al Tar e solleverò la questione di fronte al Parlamento».