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venerdì 13 settembre 2024
 
Istat
 

Il triste primato delle culle vuote

12/02/2015  Secondo i dati Istat, non sono mai nati così pochi bambini dall'Unità d'Italia, 5.000 in meno del 2013. Diminuiscono anche i figli delle donne immigrate.

Chissà se i cantori del “tanti meno tanto meglio” faranno festa nell’apprendere che l’Italia ha aggiunto un nuovo primato, quello delle culle vuote, solo 509mila nel 2014, il livello più basso dall’Unità, con 5000 nascite in meno rispetto all'anno precedente. Chissà se continueranno a sostenere quelle affermazion,i molto Anni Settanta, secondo cui meno bambini nascono più c’è spazio per tutti, visto che il mondo è sovrappopolato, e così dividendo le risorse nessuno sarà più povero.
 
Chissà se le culle vuote e la crescita demografica sotto zero seguiteranno a essere considerati un traguardo auspicabile o se qualche ferrea certezza comincerà a incrinarsi. Non nascono più italiani? - chiosava spavaldamente qualcuno -. Non c’è problema. Vorrà dire che la popolazione manterrà la sua consistenza grazie agli immigrati. Peccato che anche loro dopo un po’ che vivono nel nostro Paese si adeguano ai trend nostrani, se è vero che per la prima volta l'indice di fecondità delle straniere residenti in Italia scende sotto il 2 (di contro all’1,31 delle italiane).

Perché ad essere nemico dei bambini e prima ancora delle mamme e dei papà è proprio l’Italia, fanalino di coda, prima ancora che negli indicatori demografici, in quelli delle politiche familiari che aiuterebbero chi i figli li desidera a buttarsi, a darsi coraggio – e tanta speranza – e a chiamarli al mondo. E invece una malintesa interpretazione che ormai dovrebbe essere caduta nel dimenticatoio come un vecchio mobile in soffitta, racconta un’occulta volontà di “costrizione” a fare i figli con relativo ricordo del periodo che li voleva offerti alla Patria, quasi che si volesse forzare uomini e donne a fare scelte personali in nome del bene del Paese e non invece smettere di ostacolare (perché è di questo che si tratta) chi sognerebbe di avere un bambino, magari il secondo, considerato un desiderio impossibile dopo aver verificato col primo tutte le difficoltà e la solitudine della sua crescita e cura. Ma certo bisognerebbe cominciare a fare, invece che solo a parlare, l’equità fiscale per cui, a parità di reddito, chi ha figli deve poter pagare meno tasse perché la sua disponibilità di reddito è ben diversa, dopo aver detratto tutti i costi del mantenimento dei bambini… Per non parlare dei servizi, gli asili, la conciliazione famiglia lavoro…

 Ma forse sarà difficile ottenerle in un Paese che si scandalizza di più – quasi si indigna – per chi ha l’ardire di fare sedici figli (come la famiglia Anania ospite a Sanremo) che per chi acquista e vende embrioni o affitta uteri di donne povere o inventa mille intrugli procreatici alla faccia del benessere del bambino che nascerà. Ma forse per ottenere che qualcuno si ponga il problema e si adoperi per risolverlo bisognerà attendere quegli scenari ben descritti da alcuni libri di fantascienza, così efficaci nel descrivere territori in cui da anni non si ode più il pianto di vita di un bambino, ma solo quelli per le morti dei vecchi. Peccato che, allora sì, sarà davvero troppo tardi.

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