Chissà se i cantori del “tanti meno tanto
meglio” faranno festa nell’apprendere che l’Italia ha aggiunto un nuovo
primato, quello delle culle vuote, solo 509mila nel 2014, il livello più basso dall’Unità, con 5000 nascite in meno rispetto all'anno precedente. Chissà se continueranno a sostenere
quelle affermazion,i molto Anni Settanta, secondo cui meno bambini nascono più c’è
spazio per tutti, visto che il mondo è sovrappopolato, e così dividendo le
risorse nessuno sarà più povero.
Chissà
se le culle vuote e la crescita demografica sotto zero seguiteranno a essere
considerati un traguardo auspicabile o se qualche ferrea certezza comincerà a
incrinarsi. Non nascono più italiani? - chiosava spavaldamente qualcuno -. Non c’è
problema. Vorrà dire che la popolazione manterrà la sua consistenza grazie agli
immigrati. Peccato che anche loro dopo un po’ che vivono nel nostro Paese si
adeguano ai trend nostrani, se è vero che per la prima volta l'indice di
fecondità delle straniere residenti in Italia scende sotto il 2 (di contro all’1,31 delle italiane).
Perché ad essere nemico dei bambini e prima ancora
delle mamme e dei papà è proprio l’Italia, fanalino di coda, prima ancora che
negli indicatori demografici, in quelli delle politiche familiari che
aiuterebbero chi i figli li desidera a buttarsi, a darsi coraggio – e tanta
speranza – e a chiamarli al mondo. E invece una malintesa interpretazione che
ormai dovrebbe essere caduta nel dimenticatoio come un vecchio mobile in
soffitta, racconta un’occulta volontà di “costrizione” a fare i figli con
relativo ricordo del periodo che li voleva offerti alla Patria, quasi che si
volesse forzare uomini e donne a fare scelte personali in nome del bene del
Paese e non invece smettere di ostacolare (perché è di questo che si tratta)
chi sognerebbe di avere un bambino, magari il secondo, considerato un desiderio
impossibile dopo aver verificato col primo tutte le difficoltà e la solitudine
della sua crescita e cura. Ma certo bisognerebbe cominciare a fare, invece che
solo a parlare, l’equità fiscale per cui, a parità di reddito, chi ha figli
deve poter pagare meno tasse perché la sua disponibilità di reddito è ben
diversa, dopo aver detratto tutti i costi del mantenimento dei bambini… Per non
parlare dei servizi, gli asili, la conciliazione famiglia lavoro…
Ma forse sarà difficile ottenerle in un
Paese che si scandalizza di più – quasi si indigna – per chi ha l’ardire di
fare sedici figli (come la famiglia Anania ospite a Sanremo) che per chi
acquista e vende embrioni o affitta uteri di donne povere o inventa mille
intrugli procreatici alla faccia del benessere del bambino che nascerà.
Ma forse per ottenere che qualcuno si ponga
il problema e si adoperi per risolverlo bisognerà attendere quegli scenari ben
descritti da alcuni libri di fantascienza, così efficaci nel descrivere
territori in cui da anni non si ode più il pianto di vita di un bambino, ma
solo quelli per le morti dei vecchi. Peccato che, allora sì, sarà davvero troppo
tardi.