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mercoledì 25 giugno 2025
 
Giubileo
 

Il valore delle radici per nutrire la speranza del futuro

09/06/2025  De Chirico, sant'Agostino, Dalì, Dostoevskij nella meditazione di suor Rita Gloria Riva per il Giubileo della Santa Sede. Poi la processione guidata da papa Leone verso la basilica di San PIetro

Papa Leone ascolta la meditazione di suor Maria Gloria Riva prima di prendere la croce del Giubileo e dirigersi, con la processione che lo segue, verso la basilica di San Pietro dove sarà celebrata la messa. Assorto in silenzio anche lui riflette su quanto dice la donna. Il valore dei piccoli Stati «che tengono viva la speranza» in un mondo che sta perdendo le sue radici storiche «sono questi piccoli Stati a tenere «saldo il filo della speranza». Lo ripete più volte suor Maria Gloria Riva, dell’Ordine delle Adoratrici perpetue. È a lei, scelta da papa Francesco e confermata da papa Leone, che è affidata la meditazione per il Giubileo dello Stato Vaticano e di tutta la Curia. La suora sottolinea la comune educazione alla Regola di Sant’Agostino prima di cominciare a spiegare la parabola del figliol prodigo attraverso il dipinto di De Chierico chiamato, appunto, Il ritorno del Figlio prodigo. Schierato con gli interventisti della prima Guerra mondiale, Giorgio De Chirico, quando, «nel 1917 fu ricoverato a Ferrara, comprese che nessuna guerra è in grado di offrire futuro e speranza. Dipinse perciò , nel 1922, se stesso come il Figlio prodigo, l’uomo self made, il figlio-manichino dalle spalle larghe, dai quadricipiti sviluppati e dalle caviglie strette» che vive «lo spaesamento di un padre che, dipinto come una statua greca, lascia il suo piedistallo per andargli Incontro». Perché «il passato ci viene incontro con le sue interrogazioni, non per farci soccombere ma per rilanciarci nel Presente, guardando al futuro con speranza». Parla dei pericoli di un progresso che non deve farci rinunciare alle radici, a una corsa che non deve disorientarci perché «come scrisse il grande vescovo di Ippona: “Non si corre come si deve se s'ignora dove si deve correre"» E i cristiani, come Giovanni e Pietro verso il sepolcro vuoto di Cristo, sanno dove correre. Ed «è l’unica corsa che la Chiesa e il mondo possono percorrere senza timore: è la corsa di chi sa che la speranza risiede nella vera vita, quella eterna. L’eternità ci sta di fronte, sta di fronte a chi crede e a chi non crede, sta di fronte all’umanità. Se lavoriamo per orizzonti brevi e mediocri, lavoriamo invano. Occorre lavorare per l’orizzonte grande della vita che non muore: vivere chiedendosi in ogni istante se quello che si sta facendo ci collega saldamente a quella verità che è carità ed è eternità: questo è sperare. Sperare è affermare la verita che rispetta la vita, dal suo concepimento alla sua fine; che rispetta la dignità di ogni persona, al di là del suo genere, del suo credo o della sua nazionalità; che rispetta usanze e culture particolari di ogni popolo, grande ricchezza universale». Chiede di guardare all’eucarestia perché è da lì che si attinge forza per «condurre l’umanità e la Chiesa, come ancora direbbe sant’Agostino, fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni divine». E ancora cita Fëdor Michajlovič Dostoevskij e il suo interrogativo su quale bellezza salverà il mondo. «Quale bellezza ci salverà ? La bellezza della croce salverà il mondo? La bellezza della sconfitta? La bellezza dell’umiliazione? Sı̀ la croce ancora ci può salvare, una croce offerta, sofferta e accolta. È la grande bellezza perdente che ci salverà. La speranza sorge laddove le lacrime del dolore e del pentimento fecondano l’animo nell’umiltà e nella novità di vita di cui tanto abbiamo bisogno». . Infine l'ultima immagine, la Madonna dipinta da Salvador Dalì dopo l'esposione della bomba atomica. «Una Madonna che ha il volto della moglie Gala, motivo per l’artista di grande consolazione. Nel dipinto si vedono ovunque segni di rovina: l’arco sotto il quale sta la Madonna è antico ma totalmente spezzato; cosı̀ a volte le nostre Istituzioni sono antiche, ma portano il segno del deterioramento del tempo». Segni di rovina ovunque, ma anche segni di speranza. «come l’uovo in mezzo all’arco, angeli con le mani tese». L’artista, «in quel breve momento di avvicinamento alla fede, volle affermare che Maria ci custodisce nei nostri fallimenti e custodisce le nostre potenzialità come custodisce il suo Bambino sulle ginocchia. Le viscere misericordiose di Maria e del Divino Infante sono rappresentate da riquadri aperti come le Porte del Giubileo. E in queste porte troviamo i segni di speranza».

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