Il titolo del nuovo disco di J-Ax,
in uscita il 27 gennaio, è tutto un
programma: Il bello d’essere brutti.
«Il bello è che non passi inosservato.
Sei abituato a sentirti
diverso dagli altri e questo ti aiuta
a non farti omologare, a costruire
la tua identità. Durante l’adolescenza,
per esempio, non facevo di certo parte
del giro dei “bei ragazzi”, ma questo mi
ha consentito di concentrarmi sulla musica. Certo, bisogna essere dotati di
una buona dose di autoironia, perché
la società ci chiede di essere perfetti. E
infatti anche molte top model pensano
di essere brutte».
Chi l’avrebbe mai detto? Il ragazzaccio
pieno di tatuaggi J-Ax, grazie
all’esperienza come coach a The Voice
of Italy, coronata dal trionfo di una
delle cantanti della sua squadra,
suor Cristina, è diventato, come dice
lui stesso citando Alberto Arbasino, un
«venerato maestro». Axforismi, il libro
che raccoglie le sue frasi a effetto pronunciate
durante il programma, è diventato
un best seller, tanto che ora in
uscita c’è già un altro volume. Il primo a
essere stupito e divertito da questo repentino
cambio di immagine è proprio
lui. «Mai avrei pensato di diventare un
personaggio televisivo. Forse è piaciuta
proprio la mia immagine da ribelle, ma
onesto. Sono come Han, il personaggio
di Guerre Stellari: combatto per i buoni,
ma non sono proprio buono».
- Come sono nati gli “Axforismi”?
«Per caso. Mentre ero in onda, mi
venivano fuori frasi come “I veri uomini
piangono e accarezzano i gattini”.
Il giorno dopo vedevo che in tanti le riprendevano
su Twitter e così abbiamo
pensato di raccoglierle».
- Quale ti rappresenta di più?
«Credo questa: “Nella vita come nel
punk bisogna saper alzare la cresta”.
- Senti ancora suor Cristina?
«In questo momento siamo entrambi
molto impegnati. Ma appena sarà
possibile accetterò il suo invito di andare
a trovare i suoi bambini in oratorio».
- Ha cercato di convertirti?
«Forse non c’è niente da convertire
in me. Sono cresciuto in una famiglia
cattolica e mi sono sposato in chiesa.
Però ho un rapporto molto personale
con la mia spiritualità: prego, ma non
sono un praticante e non sono d’accordo
con tutta la dottrina della Chiesa.
L’importante per me è che ciascuno,
al di là delle sue convinzioni, rispetti
le idee degli altri. È per questo che ho
difeso il diritto di suor Cristina di fare
evangelizzazione in un talent show
quando ha recitato il Padre Nostro».
- Ci sarai anche nella prossima edizione
di The Voice of Italy?
«Posso dire solo che ho una sorpresa
in serbo».
- Perché il rap ha così successo?
«Veramente ce l’aveva anche negli
anni Novanta quando ho iniziato con
gli Articolo 31. Solo che allora i rapper
erano visti con snobismo da gran parte
della stampa. Ora invece tutti si sono
resi conto che il rap ha successo per
una ragione molto semplice: i giovani
si riconoscono nei nostri testi, cosa che
capita molto meno con il pop».
- Possiamo dire che i rapper hanno
sostituito i cantautori?
«No, perché i cantautori ci sono
ancora e, se sono bravi, riescono ad
arrivare ai giovani, come fanno Vasco
Rossi, Ligabue e Tiziano Ferro. Io
stesso sono cresciuto ascoltando le
canzoni di Vasco e del Liga. Tra i nuovi
cantautori mi piacciono Il Cile e Vasco
Brondi-Le luci della centrale elettrica.
Però fanno più fatica a emergere
rispetto ai rapper perché noi, prima di
loro e proprio perché eravamo snobbati
dalla stampa, abbiamo capito
l’importanza di Internet come strumento
per arrivare ai giovani e l’importanza
di essere indipendenti: per
questo ho fondato un’etichetta discografica
con Fedez».
- Ti aspetti un 2015 migliore rispetto
al 2014?
«Mi aspetto che i politici italiani
smettano di tirare su le mani e comincino
a tirare su le maniche».
- Potrebbe anche arrivare un domani
un piccolo J-Ax?
«Quando arriverà, arriverà. Non ci
penso perché prima devo finire di crescere
io».