Quello che rischia di mandare in fumo Fiumicino non è il rogo appiccato ieri da tre mani diverse in via Coccia di Morto, a Focene, a ridosso delle piste. Non sono neanche le proteste dei 140mila passeggeri che quotidianamente, e dunque anche ieri, affollavano lo scalo. Non è neanche il blackout elettrico di queste ore (solo un caso o qualche manina solerte?). Il vero focolaio sta in una lettera spedita ai responsabili di Fiumicino dall’Ad di Alitalia Silvano Cassano, poco prima del rogo. «Abbiamo passato un periodo difficilissimo» si legge nella nota «ma abbiamo rinunciato a qualsiasi polemica e ci siamo concentrati interamente sul servizio ai passeggeri, per ridurne i disagi». Tuttavia i danni – anche quelli derivanti dall’ultimo incendio del 7 maggio scorso, oltre che dai servizi di handling (consegna bagagli) sempre zoppicanti - sono ingenti. Quanti? «Sono 80 milioni di euro». E l’azienda è «determinata ad ottenere il risarcimento dei danni subiti».
Una nota inedita, un attacco durissimo ad Adr, la società controllata al 95% da Atlantia che gestisce l’aeroporto romano. Detto in breve: il rischio è che Alitalia abbandoni lo scalo di Fiumicino. Troppe carenze: controlli passeggeri lenti, presidi di polizia insufficienti, collegamento ferroviario Fiumicino-Roma ancora tutt’altro che performante.
La grana Adr- Alitalia giunge proprio mentre la compagnia di bandiera ha bisogno di concretizzare i primi frutti della sua alleanza (al 49%) con Ethiad il vettore degli Emirati Arabi. E certo non è un problema per il sindaco di Roma Marino, visto che il Comune non ha più alcuna partecipazione in Adr. Ma, cosa ben più grave, lo è per l’Italia. Fiumicino è il sesto hub europeo (con 38,2 milioni di viaggiatori all’anno), dopo Londra (73,3), Parigi (63,8), Francoforte (59,5), Madrid (41,8) e Monaco (39,7). Per evitare che scenda ulteriormente in classifica, nel 2013 Adr ha varato un piano di investimenti che dovrebbe rassicurare la compagnia di bandiera: 11 miliardi. Peccato che gli stanziamenti procedano con il contagocce: 170 milioni nel 2014, 370 quest’anno. Mentre Alitalia - dopo avere passato l’era dei cavalieri bianchi italiani con l’operazione AirOne e aver fallito l’aggancio con Air France – sta portando a termine un difficile atterraggio (fatto di cospicui tagli al personale), non pare trovare sponda in Adr.
Il risultato è un aeroporto che, pur prescelto dal nostro vettore nazionale (a scapito di Malpensa), nelle infrastrutture di base si presenta, fermo agli anni 70. Almeno stando a Stefano De Carlo, segretario esecutivo di Anpac , il sindacato che raggruppa piloti e assistenti di volo:“Fiumicino non è mai stato all’avanguardia se non in quel periodo” dichiara “nulla a che vedere con Abu Dabi, Amsterdam o Parigi”.
Ovvio guardare al Giubileo come prova di carico dello scalo e dei suoi limiti fisici, intesi come movimento/passeggeri all’ora, numero di passeggeri che possono essere accolti, sicurezza che può essere loro assicurata. Non saranno problemi di Marino e del Comune, ma di certo lo sono per il sistema Paese, come usa dire in questi casi. Qualcuno tra i banchi dell’Esecutivo, accanto al dossier Roma mafia Capitale, ha voglia di aggiungere il faldone “Fiumicino scalo Capitale”?