Non cercheremo vendette, rispetteremo le donne, non praticheremo il terrorismo, non trafficheremo più con il papavero da oppio e la droga. Bla bla bla. Chiedersi se i talebani, che vent’anni dopo la spedizione punitiva per gli attentati delle Torri Gemelle in venti giorni si sono ripresi l’Afghanistan, sono più o meno moderati o più o meno bugiardi, ha poco senso. C’è una sola cosa certa: “questi” talebani sono più furbi dei loro genitori. E lo diciamo alla lettera. Mullah Muhammad Yaqoob, capo militare del movimento, è figlio del Mullah Omar, che fu tra i fondatori del movimento originario. E Sirajuddin Haqqani, responsabile delle finanze e della logistica, è figlio di un vecchio signore della guerra. Lo dimostra la conferenza stampa con cui hanno cercato di dare di sé un’immagine rassicurante al mondo. Ma ancor più lo dimostra il comportamento che hanno tenuto prima della riconquista.
Intanto, hanno messo a profitto l’idea degli Usa di sedersi con loro al tavolo delle trattative in Qatar. Vent’anni passati a descriverli come dei bruti assetati di sangue, a dar loro la caccia (Akhtar Mansour, il loro capo, fu ammazzato da un drone Usa nel 2016, mica un secolo fa) e poi eccoli lì, belli composti a guardare negli occhi un diplomatico di gran rango come Zalmay Khalilzad, rappresentante speciale per l’Afghanistan sia con Donald Trump sia con Joe Biden, e a dirgli che certo, figuriamoci, ci metteremo d’accordo con il presidente Ashraf Ghani, faremo elezioni libere e democratiche, che problema c’è? Una legittimazione che, ancor più e ancor prima del ritiro delle truppe straniere, fece capire agli afghani che cosa stava per succedere.
E mentre trattava (si fa sempre per dire) con gli americani, Abdul Hakim Haqqani, il “ministro degli Esteri” talebano e il vero braccio destro della guida suprema Haibatullah Akhunzada, prendeva contatti con Pechino e con Mosca. Il Pakistan, alleato dei cinesi in funzione anti-India, è sempre stato sull’agenda e la Turchia di Erdogan smania per entrare nel Grande Gioco. Per non parlare del Qatar, che da anni è il più confortevole santuario della dirigenza talebana e ha preso il posto che vent’anni fa era dell’Arabia Saudita. In poche parole, un abbozzo di alleanza con i Paesi che più si oppongono al dominio geopolitico degli Usa e dei loro alleati.
Akhunzada e i suoi, insomma, hanno appreso dalla triste fine del Mullah Omar e dei vecchi talebani una lezione fondamentale: da soli (o, peggio ancora, con la sola compagnia di Osama bin-Laden) si muore. A parziale scusante dei vecchi talebani va detto che l’Afghanistan, stremato da anni di guerre internazionali e guerre civili, era caduto nelle loro mani come una pera matura, senza grandi difficoltà. I talebani, preso il potere, non sapevano proprio che farne. Per idiozia culturale ma anche per semplicità, piombarono il Paese in una specie di medioevo dove tutto era proibito. E fecero pure lo sbaglio di prendersela con la coltivazione dell’oppio, unica risorsa per milioni di contadini afghani. Per questo, nel 2001, fu così facile cacciarli da Kabul: avevano tutto il mondo contro, più una buona parte delle tribù locali.
I nuovi talebani hanno avuto vent’anni per pensarci su e hanno deciso di muoversi in modo molto diverso. Come si diceva, sono più furbi. Quindi anche più pericolosi. Quel che avverrà dentro l’Afghanistan lo vedremo. I media vanno a caccia di sensazioni, già ipotizzano stragi di donne e di statue, fucilazioni di massa e fiumi di sangue per le strade. Il vero problema sarà Kabul, cinque milioni di abitanti (sui 33 totali) che si sono in qualche modo abituati alla presenza e agli usi occidentali. Il resto del Paese farà poche difficoltà, come testimonia la rapidità di una riconquista avvenuta in pratica senza battaglie. E se gli eredi di Massoud, nella valle del Panshir, non vorranno allinearsi, che restino lassù senza disturbare.
Tutto questo non per dire che i nuovi talebani sono buoni e illuminati, ma solo che non sono ottusi e autolesionisti come i loro progenitori. Faranno dei calcoli e quindi bisognerà vedere, capire che cosa riterranno più conveniente, imparare il meccanismo dei loro ragionamenti. Difficile credere che cercheranno davvero di bloccare la coltivazione del papavero da oppio. È un affare da mezzo miliardo di euro l’anno, su cui campano tantissimi afghani poveri. Il nuovo regime, se vuole creare consenso, non può permettersi iniziative così impopolari. Più plausibile, invece, che si accaniscano un filo meno sulle donne. La shari’a basta e avanza per mortificarle. E poi avranno ben capito che su certe ipocrisie dell’Occidente si può anche giocare. Dell’Arabia Saudita come Stato canaglia, finanziatore del terrorismo islamista e gran sostenitore della shari’a si parla poco. Ma si parla molto del permesso di guida concesso alle donne.
Può darsi, per esempio, che Paesi come Russia, Cina o Turchia, in cambio di un appoggio o di una interessata neutralità, chiedano un minimo di astuzia e presentabilità. E questo è un altro tasto che ci dirà se davvero i nuovi talebani sono più smagati dei vecchi. Per gestire certi rapporti, e farli rendere, dovranno adattarsi a qualche compromesso. La Russia ha già chiarito che non gradirà scherzi lungo il confine con Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan ed è possibile che sia già partito qualche invito a non rompere le scatole alle tribù azhara (di etnia persiana) e a non portare droga oltre il confine con l’Iran, come avveniva con i “vecchi” talebani. La Cina avrà chiesto di bloccare il transito degli uiguri (cinesi di fede musulmana, concentrati nella provincia dello Xinyang che confina con l’Afghanistan e ribelli al potere e alle repressioni di Pechino) che ai vecchi tempi andavano ad addestrarsi nei campi di Al Qaeda. E così via.
Se i talebani di Haibatollah Akhunzada sapranno essere così manovrieri, il problema diventerà serio. Perché per stipulare patti e compromessi dovranno avere un saldo controllo del Paese, con tutto ciò che ne deriva di poco allegro per gli afghani. E perché se avranno idee così chiare, vorrà dire che il fronte anti-Usa e anti-Europa avrà un tassello in più, per di più piazzato in una posizione davvero strategica. C’è però anche un possibile vantaggio. Se sanno ragionare e far di conto, i nuovi talebani avranno un’idea chiara dei loro interessi. E sull’interesse anche i più diversi riescono spesso a mettersi d’accordo.