E' all'insegna della preghiera e della povertà la visita di papa Francesco ad Assisi. Con il cuore sempre rivolto a Lampedusa e al dramma che in queste ore fa salire i numeri e l'angoscia. Ne ha parlato monsignor Gualtiero Bassetti, vescovo di Perugia e presidente della Conferenza episcopale umbra; ne ha parlato Catiuscia Marini, presidente della Regione. Ne hanno parlato anche i poveri della Caritas che hanno pranzato con il Papa e con i volontari al Centro attivo a Santa Maria degli Angeli. Per Assisi è un giorno di gioia, ma anche di ripensamento profondo del significato e della testimonianza del suo Santo, patrono d'Italia. Un esempio e una testimonianza che non sempre è stato facile seguire. Lo ricorda velatamente papa Francesco facendo riferimento ai provvedimenti di Benedetto XVI che hanno reintegrato le attività pastorali dei francescani in quella diocesana. «Sono contento che state camminando bene su questa strada, con beneficio di tutti, collaborando insieme con serenità, e vi incoraggio a continuare», ha detto papa Francesco incontrando il clero, le persone di vita consacrata e i membri dei consigli pastorali delle diocesi umbre dopo aver sostato in preghiera, qualche minuto in più del previsto, nella cella di San Francesco all'Eremo delle carceri. Ribadisce l'importanza, anzi la necessità dei consigli pastorali: «una diocesi, una parrocchia non può lavorare senza i consigli pastorali», dice aggiungendo a braccio dal discorso che legge quasi per intero.
«Non voglio dirvi cose nuove», ha detto il Papa, «ma confermarvi in quelle più importanti che caratterizzano il vostro cammino diocesano».
«Ascoltare la Parola di Dio», «camminare», «annunciare fino nelle periferie» sono le tre sfide che il Papa ha lanciato ai fedeli che lo ascoltavano nella cattedrale di San Rufino dove si conserva il fonte battesimale dove furono battezzati sia Santa Chiara che San Francesco. «Un ricordo importante quello del battesimo perché il battesimo è la nostra nascita come figli della Madre Chiesa. Ma quanti di voi ricordano il giorno del proprio battesimo? Adesso vi do i compiti a casa, di andare a chiedere quando siete stati battezzati. Il battesimo è importante. Un solo spirito, un solo battesimo, nella varietà dei carismi e dei ministeri»», ha esordito il Papa. Per poi subito dire che, perché ci sia questa armonia, la prima cosa è ascoltare la Parola di Dio. «La Chiesa è questo: la comunità che ascolta con fede e con amore il Signore che parla. Il piano pastorale che state vivendo insiste proprio su questa dimensione fondamentale. E’ la Parola di Dio che suscita la fede, la nutre, la rigenera. E’ la Parola che tocca i cuori, li converte a Dio e alla sua logica che è così diversa dalla nostra; è la Parola che rinnova continuamente le nostre comunità...». La Parola ascoltata per poter parlare agli altri, non con «omelie interminabili, noiose, dove non si capisce niente» o con parole che non vengono da Dio, ma dal telegiornale.
Ma poi bisogna camminare, e camminare insieme. «E’ una delle parole che preferisco quando penso al cristiano e alla Chiesa. Ma per voi ha un senso particolare: state entrando nel Sinodo diocesano, e fare "sinodo" vuol dire camminare insieme. Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi! Penso a questi parroci che conoscevano i nomi di tutti gli abitanti della loro parrocchia e mi ricordo un parroco che mi diceva che conosceva anche i nomi dei cani di tutte le famiglie».
Riprendendo quanto già aveva detto in Brasile, il Papa ha ricordato ai sacerdoti che non c'è niente di più bello che stare in mezzo al popolo, a volte davanti, a volte in mezzo, a volte dietro: «Davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita e anche perché il popolo ha “fiuto” nel trovare nuove vie per il cammino, ha il “sensus fidei”. Che cosa c’è di più bello? Ma la cosa più importante è camminare insieme, collaborando, aiutandosi a vicenda; chiedersi scusa, riconoscere i propri sbagli e chiedere perdono, ma anche accettare le scuse degli altri perdonando – quanto è importante questo». Il Papa parla delle separazioni e dice: «A volte penso ai matrimoni che dopo tanti anni si separano e penso che forse non hanno saputo chiedere scusa a tempo, perdonare a tempo. Ai novelli sposi do sempre questo consiglio: litigate quanto volete, se volano piatti lasciate. Ma mai finire la giornata senza fare pace. Una parola, un gestino, ma fare pace». E poi «ricominciare e camminare uniti, senza fughe in avanti, senza nostalgie del passato».
Infine andare verso le periferie. Il Papa chiede a ciascuno di capire quali sono le periferie della propria diocesi, le zone che rischiano di rimanere ai margini, le persone che si trovano magari fisicamente al centro, ma che sono spiritualmente lontane. «Non abbiate paura», ha esortato papa Francesco, «di uscire e andare incontro a queste persone, a queste situazioni Non lasciatevi bloccare da pregiudizi, da abitudini, rigidità mentali o pastorali, dal “si è sempre fatto così!”. Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo: è proprio il Signore che lo salva!».
Non sono ricette nuove, ha concluso il Papa: «Non vi ho dato ricette nuove. Non le ho». E poi ha messo in guardia: «Non credete a chi dice di averle. Non ci sono».