Sorpreso. Sì. Tanto. Non ci credeva che papa Francesco potesse decidere così in fretta. Monsignor Francesco Montenegro è il vescovo del confine meridionale d’Europa, periferia del mare che inghiotte immigrati. Aveva visto il Papa insieme ai vescovi della Conferenza episcopale italiana nella basilica di San Pietro, durante l’assemblea della Cei, alla fine di maggio. Bergoglio poi si era fermato a salutarli. E monsignor Montenegro gli aveva parlato di Lampedusa, dei morti in mare, del lavoro che sull’isola fa la Chiesa italiana e la sua diocesi, della lettera che il parroco dell’isola aveva inviato al Papa appena eletto.
Dice un po’ emozionato il vescovo di Agrigento: «Conosceva benissimo la questione. Mi ha inviato a pranzo per parlarne». Stile Bergoglio, insomma, diretto, senza burocrazia ecclesiastica. Montenegro non pensava assolutamente che si potesse tutto svolgere così in fretta. Pensava al prossimo anno. Invece arriva una telefonata e il vescovo rimane stupito: «Noi siamo una Chiesa di periferia per gli immigrati e per il resto, schiacciata in fondo alla Sicilia che soffre di malaffare e di povertà». La visita sarà privata, niente autorità, avvisa Montenegro: «Stile discreto, visita squisitamente pastorale».
Alberto Bobbio