«La situazione in Ucraina ha avuto effetti palpabili anche sul nostro lavoro in questi giorni. Si è respirata la paura, penso che la tensione abbia coinvolto tutto il mondo. Eravamo convinti un po’ tutti che la diplomazia sarebbe riuscita a evitare il peggio e invece non è andara così». L’arcivescovo di Marsiglia Jean-Marc Noël Aveline ci spiega così l’atmosfera che si respira tra i delegati al forum Mediterraneo frontiera di pace, che pure sta concretizzando una serie di risultati nel segno della concordia e del dialogo tra i popoli.
Lei e i suoi confratelli come avete reagito allo smarrimento o al pessimismo di fronte alle notizie di attacchi sanguinosi anche questa notte da Kiev o da Odessa?
«Ieri abbiamo interrotto i lavori per un intenso momento di preghiera comune in Santa Maria Novella e oggi alle 18.30 si prega insieme a San Miniato. L’orazione, l’intimità con Dio sono una grande risorsa. Personalmente ho da poco finito di parlare al telefono con la comunità ucraina di Marsiglia».
Quale stato d’animo prevale fra loro?
«Lo smarrimento, lo sconforto. I loro parenti laggiù non sanno che cosa fare se restare o scappare, mentre i bombardamenti si stanno estendendo. C’è un’angoscia profonda. Anche dei giornalisti ucraini presenti qui a Firenze mi hanno comunicato la stessa sofferenza».
Il fatto che il Papa non potrà essere qui a Firenze domenica com’è stato accolto?
«C’è molta tristezza perché la sua presenza sarebbe stata di sicuro di grande incoraggiamento, ma anche da lontano la sua figura, il suo insegnamento sono di sprone».
Per quanto riguarda la sua diocesi che cosa si aspetta dalle intese di queste giornate?
«Che si affermi sempre più il concetto già emerso a Bari che tutte e tre le diverse zone del Mediterraneo sono interconnesse. È sempre la stessa acqua, il che vale anche per il Mar Nero. Gli avvenimenti su una costa si rifrangono sulle altre. Per questo sono importanti i progetti comuni e il dialogo. Il dialogo è fondamentale c’è una frase che amo ripetere spesso: “Se tu non sai quello che ho sofferto, come puoi essermi amico?”. Non è difficile costruire strategie comuni quando si ha comprensione per il vissuto altrui».
C’è qualche progetto comune concreto che si profila anche per Marsiglia, città al centro del grande flusso migratorio?
«Sì, partiranno delle “piccole strutture in comunione” per l’accoglienza in collaborazione con l’Africa del Nord e il centro Europa. Poi sono molto contento per il progetto che riguarda i giovani basatiosu scambi di formazione e pastorale che abbracciano anche l’Algeria, il Libano, il Marocco. I giovani sono una priorità se si vuole seguire la logica del dialogo e della concordia tra culture diverse, così come un’altra lo è il flusso migratorio che richiede aiuti e interventi immediati e concreti»
A che cosa pensa esattamente?
«Mi riferisco alla Chiesa, si possono anche criticare le politiche dei singoli governi europei al riguardo, ma noi dobbiamo fare il nostro. Non possiamo solo formulare teorie. La Chiesa dev’essere innanzitutto al servizio di chi è in difficoltà. Non si possono ignorare, per esempio, i bisogni di chi fugge dalla Libia. Dobbiamo fare in modo di costruire una rete di accoglienza e aiuto anche tra le comunità parrocchiali e diocesane dei diversi Paesi, in modo da seguire e soccorrere i rifugiati nel loro percorso spesso drammatico e disperato. E qui a Firenze si sono buttate buone basi anche da questo punto di vista».
Il Papa che oggi è andato dall’ambasciatore della Russia presso la Santa Sede quale riflessione le suggerisce?
«Mi viene in mente l’incontro di pace di San Francesco d’Assisi col sultano. Questo gesto del Papa ci indica la rotta: oltre che essere al servizio dei bisognosi, dobbiamo parlare anche con i potenti per cercare attraverso il dialogo di operare per la pace. Non trova che Sua Santità ci indica il cammino?».