“Ancora una volta i più deboli hanno pagato il prezzo più caro. Come Chiesa vicentina non possiamo tacere oltre. Coloro che sono responsabili di tale situazione devono sentire l’obbligo morale di porre rimedio a tale dissesto, trovando le modalità concrete per restituire il denaro illecitamente sottratto e con esso ridare dignità e sicurezza di vita a tante persone che hanno lavorato duramente e onestamente per assicurare un futuro sereno a sé stessi e ai propri cari”.
Sono parole consapevolmente dure quelle usate da monsignor Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza, per stigmatizzare il recente scandalo che ha travolto la Banca Popolare di Vicenza, l’ultimo sensazionale “buco nero” della finanza italiana, che ha colpito soprattutto i tantissimi correntisti risparmiatori dell’istituto. Sono tratte dalla “Nota sul grave dissesto finanziario che ha colpito la Banca Popolare di Vicenza”, diffusa nei giorni scorsi dal vescovo, parole destinate a pesare sul seguito della vicenda che tanto assomiglia a quelle di altri istituti, a iniziare dal Monte dei Paschi di Siena per finire a Veneto Banca, a prescindere da quanto potrà essere efficace il "Fondo Atlante" per risanare le sofferenze finanziarie della banche italiane.
Il breve testo inizia con le motivazioni dell’intervento: “La Chiesa vicentina, nei suoi fedeli, con il suo Vescovo e i suoi preti, soffre per le conseguenze di una grave crisi di fiducia e di valori, in seguito alle vicende finanziarie che hanno travolto la Banca Popolare di Vicenza, tradizionale punto di riferimento (insieme ad altri istituti di credito cooperativo) per il risparmio e il mutuo sostegno di moltissime persone, famiglie e piccole, medie e grandi imprese del nostro territorio”.
La nota pone poi l’attenzione sulle pesantissime ricadute economiche, che s’aggiungono su un tessuto economico e sociale già provato dalla crisi economica, e ricorda come “questo ulteriore dissesto”, oltre alle perdite materiali, “sta generando sconforto, delusione e sfiducia nelle persone, sfociando in taluni casi in veri sentimenti di disperazione. Preoccupa in particolare il danno subito da tanti piccoli risparmiatori: famiglie, lavoratori e pensionati che hanno visto sfumare all’improvviso i risparmi di una vita intera”.
Monsignor Pizziol passa alle considerazioni morali sulla vicenda non risparmiando critiche ai vertici responsabili del crack: “Ciò che più è risultato eticamente ingiusto nell’intera faccenda, è che proprio mentre i risparmiatori e lavoratori della Banca venivano maggiormente danneggiati, dirigenti e manager ricevevano compensi spropositati, ignorando i crescenti bisogni della solidarietà e della sussidiarietà sociale”. Il riferimento è alle polemiche sulle retribuzioni milionarie percepite nel 2015 da amministratore delegato, vice-direttore generale e l'ex-presidente di BPVI, proprio mentre l'esercizio della banca segnava pesantisse perdite.
Il vescovo si rivolge poi anche “alle autorità politiche ed economiche del Paese, perché intervengano con apposite leggi per impedire il verificarsi di altri fatti così sconvolgenti e perché siano in grado di assicurare la tutela dei risparmiatori e il giusto risarcimento a chi ha perduto praticamente tutto”. E affonda: “Non intervenire significherebbe rendersi corresponsabili del disfacimento e del degrado di un territorio che storicamente ha contribuito in modo più che significativo allo sviluppo economico dell’intero Paese. Sperare che tutto venga assorbito dal tempo e fingere di non accorgersi della grave situazione creatasi, è da irresponsabili e risulta moralmente inaccettabile”.
La nota si conclude chiedendo “agli uomini e alle donne impegnati nella società perché uniscano le loro energie e competenze e si impegnino a compiere azioni concrete di restituzione e di riequilibrio degli scompensi creatisi”. Pizziol ribadisce, infine, l’impegno solidale della chiesa di Vicenza “per sostenere e accompagnare le persone più colpite da questo disastro finanziario” e chiede agli organismi diocesani “di intraprendere un serio discernimento rispetto al rapporto tra etica e finanza e di verificare i criteri con cui le comunità cristiane e la Diocesi stessa investono i propri risparmi negli istituti bancari”.