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venerdì 18 aprile 2025
 
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Papa Francesco in Georgia nel segno del dialogo

30/09/2016  Come il viaggio di Bergoglio in Armenia a giugno, anche quello in Georgia iniziato oggi è ispirato da urgenze di carattere religioso. Il Papa vuole stabilire rapporti di fiducia con due importati Chiese autocefale, che non dipendono cioè da altre confessioni di fede ortodossa

Il viaggio di Papa Francesco in Armenia in giugno scorso e in Georgia alla fine di questo  settembre è ispirato da urgenze di carattere religioso. Il Papa vuole stabilire rapporti ecumenicamente fiduciali  e positivi con due importati Chiese autocefale, che non dipendono cioè da altre confessioni di fede ortodossa. Anche se numericamente piccole, la Chiesa Apostolica Ortodossa Georgiana e quella Armena sono tra le più antiche e la loro fondazione viene fatta risalire al IV secolo. Conservano tradizioni liturgiche di grande prestigio e suggestione. Ma Papa Francesco vuole comprendere in questi viaggi anche la sua preoccupazione per la pace.
E’ noto che quello caucasico è un quadrante geo-politico abbastanza instabile, non solo a causa della vicinanza della Russia, che sta sviluppando in questi ultimi anni una politica estera piuttosto aggressiva; ma anche perché Armenia e Georgia, nazioni cristiane, sono circondate da stati islamici con i quali non è sempre facile intrattenere relazioni costruttive. Ecumenismo e pace nel mondo sono le due linee di “politica estera” che stanno particolarmente a cuore a  Bergoglio.
La vita politica e sociale della Georgia, stato caucasico di circa 5 milioni di abitanti, confinante con Turchia, Russia, Armenia, Azerbaijan (a ovest con il Mar Nero), è stata molto incerta e travagliata dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica, come è avvenuto per tutte le ex-repubbliche, precipitate  in una profonda crisi economica e istituzionale. Ma per la Georgia è stata ancora più drammatica. Tra il 1990 e l’inizio del nuovo millennio oltre un decennio di lugubre depressione. Solo i più giovani non ricordano i tempi bui – e non solo in senso figurato ‒ in cui la corrente elettrica veniva distribuita alla popolazione solamente due giorni all’anno: Natale e Pasqua. E quando lo stipendio medio di un operario corrispondeva a poco più di 4 euro al mese.

La moderna cattedrale ortodossa di Tblisi, capitale della Georgia
La moderna cattedrale ortodossa di Tblisi, capitale della Georgia

la lingua è elemento irrinunciabile dell'identità georgiana

Sul finire del 2003  la Georgia era passata attraverso la “rivoluzione delle rose”, che l’aveva portata sull’orlo di una temuta guerra civile. La rosa è stato il fiore-simbolo con cui la nazione si è liberata definitivamente dei fantasmi del passato sovietico, emblematicamente rappresentato da Eduard Shevardnadze, prima potente ministro degli Esteri di Michail Gorbacčv, poi Presidente della Repubblica Georgiana.  Nell’agosto del 2008 è stata umiliata e smembrata da una guerra di aggressione scatenata dalla Russia di  Putin, che di fatto le ha sottratto due regioni, l’Abhkazia nella parte nord del Paese e l’Ossezia del sud. I due territori già da tempo rivendicavano l’indipendenza dal governo centrale. L’intervento della Russia ha giustificato la costituzione delle due repubbliche autonome. A questi dolorosi avvenimenti della storia recente, la Georgia ha risposto imboccando, all’esterno, la via di un deciso avvicinamento alle democrazie occidentali e, all’interno, sviluppando un profondo spirito patriottico e nazionalista. Ora la Georgia vive una spiccata consapevolezza dei propri limiti ma anche delle proprie possibilità. Sa di poter contare sulla forza di popolo giovane e determinato, quasi spavaldo di fronte alla costruzione del proprio futuro. Ma sa anche di poter contare sull’attrattiva che le sue meraviglie naturali e artistiche esercitano attorno a sé, nel mondo intero. È una terra da scoprire, perché fino ad ora si è tenuta nascosta.  Anche la sua lingua, affascinante  ma ostica, ha reso più marcato il suo nascondimento. Alcune parole arrivano ad avere fino a otto consonanti di seguito. Suoni per noi impronunciabili. Le lettere del suo alfabeto, incomprensibili e misteriose, sono immortalate in un colossale monumento nella città di Batumi, sulle rive del Mar Nero. “Sembrano uscite – ha scritto qualcuno – da un libro di Tolkien”. La lingua è stata per la Georgia uno strumento irrinunciabile della propria identità.

Il Cristianesimo presente dal I secolo

  

La sua storia profuma di antichità. La Georgia  è  un piccolo universo ancora misterioso, dove si nasconde un passato culturalmente  prestigioso, ricco di stratificazioni artistiche e culturali lasciate dalle civiltà che si sono succedute sul suo territorio. Complessi religiosi, monasteri, cattedrali, città rupestri, monumenti persiani, bizantini e arabi sono una parte cospicua del suo patrimonio. Tblisi è la capitale. Una città sopra il milione di abitanti. Moderna, turca e levantina. Grattacieli e terme arabe. Strutture architettoniche avveniristiche e balconcini di legno traforato. Cattedrali e caravanserragli. Bar occidentali e ristoranti arcaici. Una città dall’inconfondibile sapore multietnico, meticciata da popoli che per secoli qui si sono incrociati. Un’immensa e nuovissima Cattedrale, costruita tra il 1995 e il 2004 sul modello delle antiche chiese e dedicata alla Santissima Trinità, è il sigillo della rinnovata fede cristiana per tutta la Georgia. La religione cristiana ha prodotto espressioni artistiche di rara e  intatta bellezza. La configurazione del territorio georgiano, stretto tra le due catene montuose del Grande Caucaso e del Piccolo Caucaso, ha contribuito a preservare l’arte in forme e stili particolarmente originali.  Secondo la tradizione,  la predicazione del cristianesimo in Georgia iniziò fin dal I secolo per opera degli apostoli Andrea, Simone il Cananeo e Mattia. Ma è più attendibile che predicatori anonimi, provenienti dalla Palestina, dalla Siria e dall’Anatolia, diffondessero gradualmente il cristianesimo in queste regioni.  Il nome di una donna viene ricordato su tutti gli annunciatori del Vangelo: Santa Nino, che proveniva dalla Cappadocia. Fu la sua predicazione che convinse il re Mirian nel 337 a proclamare il cristianesimo religione di stato. Santa Nino è dipinta, cantata, baciata e incensata come “madre della fede” ortodossa georgiana.  Il cristianesimo georgiano porta il “marchio di fabbrica” di un’altra donna,  Tamara, chiamata Re Tamara, al maschile. La regina conduceva di persona i suoi eserciti contro i nemici. Sotto il suo lungo regno il rafforzamento politico, economico e culturale coincise con l’affermazione definitiva, anche nei territori caucasici più impervi come la Svanezia, del credo cristiano ortodosso. Venerata come una santa, gli affreschi la riproducono col volto severo di un guerriero e con l’aureola dei beati. I testi antichi la proclamano “Campione del Messia”.  

Il mosaico dorato della Madre di Dio nell'abside della chiesa principale del monastero di Gelati
Il mosaico dorato della Madre di Dio nell'abside della chiesa principale del monastero di Gelati

L'esperienza monastica "decisiva" per la religiosità della nazione

Il monachesimo, proveniente anch’esso dalla Siria, iniziò a penetrare e a diffondersi in Georgia dopo il 500. L’esperienza monastica,  che la leggenda popolare narra affidata all’arrivo di 13 monaci, si insinuò profondamente nel tessuto religioso della nazione. I monasteri, posti in luoghi sempre più in alto per toccare il lembo delle vesti di Dio, diventarono emblemi della saldezza e inamovibilità della fede. Ma anche sentinelle dai mille occhi di pietra che vigilavano sulla nazione, messe a guardia delle grandi vie di comunicazione. Il monastero diventò ben presto segno dell’identità nazionale georgiana.  Jvari è il monastero di  una bellezza ascetica. E’ aggrappato al cielo sulla cima di una montagna acuminata. Circondato da una splendida solitudine, Jvari rappresenta il primo monumento di culto cristiano edificato in Georgia tra il 585 e il 604. E’ perciò il luogo più santo e amato, dove santa Nino piantò la prima croce. Jvari vuol dire croce. Ai suoi piedi scorrono i due fiumi Kura e Aragvi e riposa l’antica capitale Mtskheta. 
La storica città stringe tra le sue braccia il luogo santo dove avvenne la proclamazione ufficiale del cristianesimo a religione di stato, nell’anno 337. La cattedrale di Svetitskhoveli, uno dei monumenti più importanti della fede georgiana, è oggi la sede del Katholokòs della Chiesa Apostolica Ortodossa Georgiana, cuore spirituale e centro propulsore di tutta la vita religiosa della nazione. L’imponente edificio sacro, danneggiato e riparato diverse volte durante la sua lunga storia, fu  eretto nella prima metà dell’XI secolo dall’architetto Vakhtang Gorgasdali, su una precedente chiesa intitolata ai Dodici Apostoli. Storia e leggenda fanno da fondamento alla costruzione della cattedrale di Svetitskhoveli, il cui nome significa “colonna che dà la vita”. La chiesa sorse sul punto dove fu deposta la tunica di Gesù, portata a Mtskheta da Elioz, un pellegrino che aveva trovato la sacra reliquia a Gerusalemme. Da un grande albero di cedro, cresciuto miracolosamente, furono ricavate sette colonne di legno con cui il re Mirian iniziò a costruire la chiesa dei Dodici Apostoli. Il monumento sacro, classificato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, è circondata da mura merlate e torrette, quasi a separare la santità della chiesa dalla terra profana che le sta attorno. Svetitskhoveli è stato il luogo storico dove avveniva l’incoronazione dei re georgiani e dove venivano seppelliti. Oggi in questo tempio, illuminato all’interno da affreschi e icone di prodigiosa intensità, avviene l’incoronazione dei Katholikòi della Chiesa Georgiana.  

La "seconda Atene"

  

Sorvegliante e custode dei confini della Georgia è il monastero della Trinità di Girgeti, edificato dagli angeli ad oltre 2.000 metri di altitudine, quasi a sfidare i 5.000 del monte Kazbek che gli sta di fronte, antichissimo vulcano spento innevato anche d’estate. Monaci severi impongono il silenzio e il rispetto della santità delle pietre. I flash delle macchine digitali sono sacrilegio. L’aria rarefatta stimola visioni fantastiche. In  basso, sulle rive del fiume Tèrek, si distende la cittadina di Stepantsminda, attraversata dalla Grande Strada Militare georgiana che porta in pochi chilometri al confine con la Russia.  Ma il monastero di Gelati (leggi Ghelàti), luminoso e colorato più di cento arcobaleni, costituisce l’apice nella storia dell’arte georgiana. Le sue architetture, i mosaici e gli affreschi che riempiono le sue chiese testimoniano un livello mai più raggiunto di bellezza e di spiritualità. Non lontano dalla città di Kutaisi, Gelati è una cittadella spirituale fortificata da mura e preghiere. I monaci da quasi un millennio contemplano da qui tramonti e notti stellate a perdita d’occhio.  Tre chiese, un campanile e una grande sala dell’Accademia costituiscono il complesso architettonico di questo luogo tra i più visitati e suggestivi di tutta la Georgia. Il monastero, fondato da re Davide il Costruttore nel 1106, fu pensato sul modello dei grandi monasteri della Chiesa ortodossa di Costantinopoli. Centro di irradiazione della cultura cristiana. Luogo di studi di filosofia e di ricerca teologica, di indagine sull’arte e sulla scienza. Il monastero di Gelati fu chiamato “seconda Atene”.  I regni di Davide il Costruttore e della regina Tamara (1184-1213) furono una sorta di “età dell’oro” dell’antica Georgia per le floride condizioni economiche, per la grande stabilità politica e per l’intenso fervore religioso.

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