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sabato 15 febbraio 2025
 
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Gianluca Ginoble racconta i 10 anni de Il Volo: «Noi, ex bambini prodigio, portiamo il bel canto nel mondo»

19/11/2019  «Io e i miei colleghi siamo gli eredi del bel canto che portiamo nel mondo. ma più della fama, l’importante è che ho realizzato i miei sogni». Per i 10 anni di carriera, una serata speciale dedicata ai tre cantanti de Il Volo su Canale 5, in cui andrà in onda il concerto di quest'estate a Matera

Dieci anni dal terremoto dell’Aquila, dieci anni di carriera per Il Volo.

I tre giovani cantanti, ancora bambini, si stavano affacciando alla ribalta del palcoscenico nel programma Ti lascio una canzone quando nell’aprile del 2009 la terra tremò in Abruzzo. È stata quindi particolarmente significativa la loro esibizione in occasione della Perdonanza celestiniana a l’Aquila, al Teatro del Perdono in piazzale di Collemaggio di fronte a 20 mila persone.

Un concerto dedicato proprio al ricordo del sisma e delle sue vittime. Dei tre cantanti Gianluca Ginoble è abruzzese, e ha un forte legame con le sue origini. «Il mio Abruzzo è una terra meravigliosa», dichiara, «e ne sono molto orgoglioso. È stata per me una particolare emozione vedere una città ferita nel profondo reagire con così tanta forza a una tragedia immane come un sisma».

Gianluca Ginoble, il suo Abruzzo e gli inizi da "bambini prodigio" de Il Volo

Che ricordi hai del terremoto?

«Nel 2009, nella seconda puntata di Ti lascio una canzone, io cantai l’Ave Maria di Gounod; era il sabato successivo al terremoto, aprii io la serata perché ero l’unico concorrente abruzzese. Al momento del terremoto invece ero a casa; della scossa ho un ricordo vago e confuso e solo dopo sono riuscito a capire la gravità di quello che era accaduto. Molti sfollati si trasferirono sulla costa, anche nel mio paese, Montepagano, e io feci amicizia con molti coetanei aquilani, giocavo con loro a calcio nelle piazze».

Voi avete girato letteralmente il mondo. Eppure torni sempre a casa…

«Io vivo e vivrò per molto tempo ancora a Montepagano. Al ritorno dai miei viaggi ho bisogno di stare con la mia famiglia e i miei amici, e di vivere al mare».

Ci racconti l’inizio della favola?

«È cominciato tutto come un gioco e in maniera inaspettata è arrivato il successo. Noi non ci conoscevamo e per tre puntate di Ti lascio una canzone ci siamo esibiti singolarmente. Poi cantammo insieme nella quarta puntata O sole mio. Michele Torpedine, il manager di Bocelli, Zucchero, Giorgia e Ramazzotti, insieme a Tony Renis decise di contattarci. Siamo partiti subito per gli Stati Uniti, abbiamo firmato un contratto con una casa discografica americana e in pochi mesi è cambiata la nostra vita».

Potevate essere delle meteore e invece siete ancora qui dopo dieci anni…

«È il rischio dei bambini prodigio. E invece noi abbiamo chiaro ciò che vogliamo essere. Tutto è iniziato come una novità, dei ragazzini che cantano come adulti. Ora che ragazzini non siamo più, continuiamo comunque a portare il bel canto nel mondo seguendo i passi dei nostri più grandi idoli: Pavarotti, Placido Domingo e Andrea Bocelli. Vorremmo essere gli eredi di questo repertorio che il mondo ci invidia. Abbiamo fatto un tributo ai tre tenori con Placido Domingo a Santa Croce a Firenze nel 2016 cantando grandi arie come Nessun dorma, Libiamo ne’ lieti calici. A fine anno uscirà un “The best”, e ci sarà un tour mondiale. Ora andiamo in Messico, Brasile, Argentina e poi in Russia, Bulgaria, Ucraina, torneremo anche in Giappone. Il prossimo anno inizieremo un tour negli Stati Uniti partendo dal Radio City Music Hall di New York dove ci siamo già esibiti due volte».

Il Volo, l'impegno, la fede e la Gmg

  

Che cosa è per te la fede?

«Io credo che la fede sia un punto di riferimento. Tutti abbiamo bisogno di aggrapparci a qualcosa, anche solo nello sguardo di un nonno. Io sono stato educato alla fede cattolica e cerco di portare avanti gli insegnamenti di Gesù ma, anche per la nostra vita raminga, non riusciamo molto a praticare. Una delle esperienze più belle che abbiamo vissuto è stato cantare l’Ave Maria Mater Misericordiae alla Giornata mondiale della gioventù a Panama, davanti al Papa e a quasi mezzo milione di giovani. Ci siamo fatti anche un selfie con il Papa, che avevamo già incontrato altre due volte in udienza privata in Vaticano».

Com’era andata nella precedente Gmg, quando, malgrado la vostra presenza fosse stata annunciata, alla fine non siete andati?

«Non c’è dietro nessun mistero: avevamo degli altri impegni che non ci era stato possibile annullare. Ma ci tenevamo moltissimo, tanto che siamo stati noi stessi a chiedere di esibirci a Panama. Un’esperienza indimenticabile che tutti i giovani dovrebbero fare almeno una volta».

L’evento dell’Aquila aveva anche un fine benefico: finanziare borse di studio per gli allievi del conservatorio cittadino. Avete aderito a molte altre iniziative di solidarietà…

«A noi non piace metterle in mostra perché le facciamo col cuore. È importante cercare di aiutare chi ha bisogno, e dare l’esempio ad altri giovani che sognano di vivere per la musica».

Ci sono giovani che vi chiedono consigli sul loro futuro?

«Forse perché ho solo 24 anni, malgrado le tante esperienze che ho vissuto non mi sento titolato a dare consigli; sono io il primo ad averne bisogno, e spesso mi confronto con i miei genitori. L’unica cosa che posso dire ai giovani è di credere in sé stessi e porsi degli obiettivi: questa è la ricerca della felicità».

Tu quando hai iniziato da ragazzino già sognavi di vivere di musica?

«Io volevo solo vivere cantando, cantavo sempre, ascoltavo la musica tutto il giorno. Poi è diventato un lavoro, ma io vivo per la musica e non per la fama e il successo. Non ho mai studiato canto, Piero e Ignazio invece sì. Io ho modelli lontani dalla lirica, Frank Sinatra, Dean Martin, Michael Bublé».

Foto nell'articolo: Il Volo a Sanremo 2019 (Ansa)

Da un articolo originale su FC36/2019

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