Al centro: don Giordano Goccini. Tutte le fotografie di questo servizio sono di Ugo Zamborlini.
Una carovana, in pratica.
Mille partono in treno, il
resto distribuiti su quattordici
pullman. In totale
sono milleottocento gli
adolescenti della diocesi di
Reggio Emilia - Guastalla
che partecipano al Giubileo
dei ragazzi dal 23 al 25 aprile a
Roma. È il gruppo più nutrito d’Italia.
«Ma i numeri non dicono granché
», sorride don Giordano Goccini,
45 anni, responsabile della pastorale
giovanile diocesana, nell’oratorio
San Giovanni Bosco, periferia di Reggio
Emilia.
Il tema dell’incontro con papa
Francesco è quanto mai impegnativo
per i ragazzini che giocano a pallone o
suonano la chitarra: “Crescere misericordiosi
come il padre”. Riccardo,
14 anni, e Mattia, 15, provano ad abbozzare
una risposta: «La misericordia?
Significa essere pietosi e aiutare gli
altri». Al Papa? «Gli chiederei cosa l’ha
spinto a diventare prete». Ai ragazzi è
stato fornito un dépliant con la mappa
della capitale e una spiegazione sintetica
delle sette opere di misericordia
corporale e delle altre sette di misericordia
spirituale. Iyere Isibor, 18 anni,
nigeriano, è a Reggio dal 2009: «Sono
protestante ma non vedo l’ora di incontrare
il Papa». Ballerà allo Stadio
Olimpico insieme al resto del gruppo.
La misericordia? «Non saprei come
definirla», dice Iyere, «ma una persona
misericordiosa è una persona buona,
te ne accorgi subito».
Felix, 18 anni, del Ghana, è uno degli animatori dell’oratorio: «I miei bambini si divertono da matti con me». Irene, 15 anni, arriva da una parrocchia di Reggio: «Vorrei che il Papa mi spiegasse come si fa ad appassionare i giovani alle cose grandi», dice con il candore della sua età. La misericordia? «Sono gesti di bontà dove ti rendi umile», risponde, «una persona misericordiosa per me è la mia educatrice che mi ha insegnato cosa significa perdonare». Da Villa Aiola, parrocchia San Giuseppe, arrivano Agnese, Margherita, Benedetta e Umberto. Hanno dai 12 ai 14 anni, si occupano dell’animazione liturgica, chierichetti, ma non solo. «Vorrei chiedere al Papa di organizzare un incontro ogni anno per i ragazzi», dice Margherita. E Agnese: «La misericordia mi fa venire in mente tre parole: amore, carità, perdono». Chi è misericordioso? «I nostri genitori e i catechisti», dicono.
Non era possibile preparare i ragazzi al loro Giubileo solo con le parole della catechesi. «Li abbiamo portati a visitare luoghi concreti come l’hospice per i malati terminali, le case della carità, le carceri e i centri d’accoglienza per ragazze madri e adolescenti in difficoltà», dice Emanuela, una delle educatrici dell’oratorio, «erano molto curiosi e attenti. Non è un atteggiamento scontato».
Don Giordano sa bene che l’adolescenza è un viaggio lungo e faticoso come quello che lui ha fatto cinque anni fa, in bicicletta, da Reggio a Gerusalemme. «Nei ragazzi», spiega, «c’è un senso della giustizia potentissimo ma la misericordia, per loro come anche per me, è dura da mandar giù». L’oratorio è una frontiera della misericordia perché raccoglie molti. Nella falegnameria arrivano i ragazzi che non vogliono andare a scuola e segnalati dai servizi sociali, don Giordano ha preso lì alcuni zingari attirandosi diversi strali perché, sottolinea, «molti di loro rubano».
Per spiegare la misericordia ai suoi giovani, don Giordano fa un esempio paradossale: «A quei pochi ragazzi che vengono a Messa dico: “Avete fatto bene stamani ad alzarvi e venire in chiesa, ma Dio ama anche quelli che sono rimasti a letto”. Mi guardano strano, e hanno ragione! La misericordia è graffiante, è la forza più sovversiva della storia. Però mi commuove. Da prete, io cosa ho da dire alla storia? Che i buoni sono buoni e i cattivi cattivi? No, che Dio ama anche i cattivi e li cerca, li aspetta». E i ragazzi ci credono? «Sono affascinati non tanto dal fatto che tutto questo sia credibile ma che io ci creda davvero». Per prepararsi al Giubileo, i ragazzi si sono cimentati in uno spettacolo teatrale. S’intitola Niente, 50 adolescenti s’interrogano su cosa ha senso ed è ispirato a Niente dell’autrice danese Janne Teller, una fiaba noir che è una potente allegoria dell’ostinata, disperata ricerca del senso della vita.