Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
domenica 06 ottobre 2024
 
 

Immigrati, troppi diritti violati

21/06/2011  Il decreto Maroni prolunga fino a 18 mesi la permanenza nei Cie e prevede l'allontamento coatto dall'Italia per i clandestini. Dure (e motivate) critiche della società civile.

È un coro di reazioni dure e allarmate quello che ha accolto l’annuncio del ministro dell’Interno Roberto Maroni (Lega) secondo il quale il periodo di detenzione nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) potrà «essere prolungato dagli attuali 6 mesi fino a un massimo di 18 mesi, per consentire l'identificazione o l’effettiva espulsione», come ha detto lo stesso ministro.


La società civile, le organizzazioni di tutela dei diritti umani e in particolare gli organismi che si occupano di immigrazione e di cooperazione internazionale denunciano l’illegittimità di questa nuova norma (votata in Consiglio dei ministri il 16 giugno) e le ulteriori violazioni dei diritti umani che ne conseguiranno nei confronti degli immigrati. Maroni ha annunciato che «il decreto è importante perché dà attuazione a due direttive europee». «Si trattava», ha aggiunto, «di un problema di interpretazione e noi – nel pieno rispetto della direttiva – abbiamo fornito questa interpretazione». Ma sono molti a contestare le dichiarazioni del ministro. Ad esempio Jean Leonard Touadi, parlamentare del Pd: «La dilatazione dei mesi di trattenimento, di fatto una vera e propria detenzione senza i diritti che costituzionalmente spettano ai normali detenuti, va nella direzione opposta alla direttiva europea sui rimpatri del 2008 che richiede di limitare la durata massima della privazione della libertà nell'ambito della procedura di rimpatrio». «Invece», insiste Touadi, «il Governo recepisca immediatamente, come da tempo ha il dovere di fare, la Legge Comunitaria – tutta, e non nelle parti che fanno più comodo – che ancora langue in Parlamento in attesa di approvazione. Non c’è bisogno di stravaganti “interpretazioni” della norma europea. Basta accoglierla nel nostro ordinamento. Dice cose ben diverse da quello che sostiene il ministro Maroni».

Preoccupata anche la nota di padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli (Servizio dei Gesuiti per i rifugiati): «Prolungare il trattenimento nei Cie è per noi assurdo», ha commentato il gesuita. «È un modo per esasperare ulteriormente gli animi. Qual è il senso di queste iniziative, che mirano a mortificare la dignità delle persone?». «Si tratta di un ulteriore segnale che indica la mancanza di volontà di governare responsabilmente la situazione», ha aggiunto padre La Manna. «La mia esperienza personale mi porta ad affermare che nei Cie è possibile incontrare persone che non sono colpevoli  di aver commesso alcun reato» (il centro Astalli presta da tempo assistenza, anche legale, agli stranieri detenuti nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, ndr). «Le persone che incontriamo nel Cie», conclude il responsabile del Centro Astalli, «spesso non riescono nemmeno a capire cosa stia loro succedendo e perché si trovino lì. Molti sentono parlare della possibilità di chiedere asilo in Italia per la prima volta proprio durante questi colloqui. In queste strutture purtroppo non c’é progettualità. Si tratta di posti di mero contenimento nei quali si vive in condizioni disumane e di estrema sofferenza».

«A Pontida, domenica 19 giugno il ministro dell'Interno Roberto Maroni offre sull’altare del popolo leghista queste nuove sofferenze inflitte agli stranieri immigrati». Non usa mezzi termini Jean Leonard Touadi, il giornalista originario del Congo oggi deputato del Pd. FamigliaCristiana.it ha incontrato Touadi alla 17° edizione del Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi, in corso in questi giorni a Riccione.


- Onorevole, il ministro Maroni ha dichiarato che il decreto legge che prolunga da 6 a 18 mesi il periodo massimo di detenzione nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) è una norma in linea con la normativa Europea sulla materia. È così? 

«No, non è così. Il ministro dimentica di dire che l’Italia ha il dovere di recepire la normativa europea e non l’ha ancora fatto. In ogni caso, la cosiddetta interpretazione che consentirebbe al governo di prolungare il trattenimento nei Cie è fuorviante».


- Perché?

«La Legge Comunitaria ammette la detenzione come soluzione estrema, quando tutte le altre tappe e provvedimenti sono stati esperiti. Lo spirito e la lettera della legge europea è garantista e prevede la limitazione della libertà personale nei confronti degli irregolari per il minor tempo possibile e solo nel corso della procedura di rimpatrio. Una situazione ben diversa da quella italiana, dove nei confronti degli immigrati si stanno sospendendo i diritti democratici e si violano i diritti umani più elementari».


- Sono parole forti, onorevole Touadi. Può essere più preciso?

«Tre giorni fa ho visitato il Cie di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza. Ci sono 57 tunisini. Detenuti in una struttura fatta di tende rinchiuse dentro alte mura di cemento innalzate in mezzo al nulla. In che condizioni si troveranno a vivere fra pochi giorni, quando la temperatura arriverà a 35 gradi? È impossibile stare sotto le tende, e fuori hanno solo uno spiazzo vuoto di terra battuta. Ci sono 8 bagni e 8 docce. I Cie stanno sorgendo come funghi in tutto il Paese».


- Si tratta di cittadini tunisini giunti in Italia dopo la “finestra” che il Governo aveva concesso per accogliere i richiedenti asilo?

«Certo. Questi 57, come tanti altri, hanno avuto la sfortuna di arrivare a Lampedusa pochi giorni dopo gli altri. Agli altri è stato dato il permesso di soggiorno. Questi, che ho incontrato a Palazzo San Gervasio, chiedono: “Perché noi no?”. Quando domandavo loro di cosa avessero bisogno, rispondevano soltanto: “Libertà”».


- Lei ha parlato di “provvedimento a orologeria”. Perché?

«Ancora una volta la Lega, con le elezioni andate male, i sondaggi al ribasso e la base in subbuglio utilizza i migranti come strumento per uscire da una propria crisi. I Cie sono semplicemente luoghi indegni di questo Paese, peraltro dichiarati illegali dalla Corte di Giustizia Europea, che si è pronunciata al riguardo solo due mesi fa».


- Perché parla di sospensione dei diritti democratici?

«Perché a questi stranieri viene impedito persino di vedere un avvocato, né possono scegliersi un legale di fiducia. In quale Paese democratico avviene una cosa del genere? Centinaia di immigrati vengono reclusi o espulsi senza che abbiano potuto fare la richiesta di asilo politico o di protezione umanitaria. Dove altro avvengono cose del genere, nelle democrazie occidentali? Il ministro Maroni ha reintrodotto la possibilità dell’espulsione immediata degli immigrati irregolari, quando la magistratura, sulla base delle norme europee, aveva emesso numerose sentenze secondo le quali può essere emesso soltanto il “foglio di via”. Siamo daccapo. La domanda d’asilo politico o umanitario può essere rifiutata, ma prima dev’essere formulata ed esaminata. L’espulsione immediata rende impossibile il rispetto dei diritti d’asilo di persone che possono provenire da situazioni di guerra, di persecuzione politica o religiosa, o da realtà di fame e miseria estrema. Anche difendere queste persone è difendere la vita. Di chi è già nato».


- Lei si è fatto promotore, con altri parlamentari, della richiesta che si consenta ai giornalisti di vedere quello che accade dentro ai Cie, ma ancora non ci è permesso d’entrare.

«Sta bellamente violando l’articolo 21 della nostra Costituzione, ovvero la libertà di stampa. Assolutamente inaccettabile».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo