È un coro di reazioni dure e allarmate quello che ha accolto
l’annuncio del ministro dell’Interno Roberto Maroni (Lega) secondo il quale il periodo di
detenzione nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) potrà «essere
prolungato dagli attuali 6 mesi fino a un massimo di 18 mesi, per consentire
l'identificazione o l’effettiva espulsione», come ha detto lo stesso ministro.
La società civile, le organizzazioni di tutela dei diritti
umani e in particolare gli organismi che si occupano di immigrazione e di
cooperazione internazionale denunciano l’illegittimità di questa nuova norma
(votata in Consiglio dei ministri il 16 giugno) e le ulteriori violazioni dei
diritti umani che ne conseguiranno nei confronti degli immigrati.
Maroni ha annunciato che «il decreto è importante perché dà
attuazione a due direttive europee». «Si trattava», ha aggiunto, «di un
problema di interpretazione e noi – nel pieno rispetto della direttiva – abbiamo
fornito questa interpretazione».
Ma sono molti a contestare le dichiarazioni del ministro. Ad
esempio Jean Leonard Touadi, parlamentare del Pd: «La dilatazione
dei mesi di trattenimento, di fatto una vera e propria detenzione senza i
diritti che costituzionalmente spettano ai normali detenuti, va nella direzione
opposta alla direttiva europea sui rimpatri del 2008 che richiede di limitare
la durata massima della privazione della libertà nell'ambito della procedura di
rimpatrio».
«Invece», insiste Touadi, «il Governo recepisca immediatamente,
come da tempo ha il dovere di fare, la Legge Comunitaria – tutta, e non nelle
parti che fanno più comodo – che ancora langue in Parlamento in attesa di
approvazione. Non c’è bisogno di stravaganti “interpretazioni” della norma
europea. Basta accoglierla nel nostro ordinamento. Dice cose ben diverse da
quello che sostiene il ministro Maroni».
Preoccupata anche la nota di padre Giovanni La Manna, presidente
del Centro Astalli (Servizio dei Gesuiti per i rifugiati): «Prolungare il
trattenimento nei Cie è per noi assurdo», ha commentato il gesuita. «È un modo
per esasperare ulteriormente gli animi. Qual è il senso di queste iniziative,
che mirano a mortificare la dignità delle persone?».
«Si tratta di un ulteriore segnale che indica la mancanza di
volontà di governare responsabilmente la situazione», ha aggiunto padre La
Manna. «La mia esperienza personale mi porta ad affermare che nei Cie è
possibile incontrare persone che non sono colpevoli di aver commesso alcun
reato» (il centro Astalli presta da tempo assistenza, anche legale, agli
stranieri detenuti nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, ndr).
«Le persone che incontriamo nel Cie», conclude il
responsabile del Centro Astalli, «spesso non riescono nemmeno a capire cosa
stia loro succedendo e perché si trovino lì. Molti sentono parlare della
possibilità di chiedere asilo in Italia per la prima volta proprio durante
questi colloqui. In queste strutture purtroppo non c’é progettualità. Si tratta
di posti di mero contenimento nei quali si vive in condizioni disumane e di
estrema sofferenza».
«A Pontida, domenica 19 giugno il ministro dell'Interno Roberto Maroni offre sull’altare del popolo
leghista queste nuove sofferenze inflitte agli stranieri immigrati». Non usa
mezzi termini Jean Leonard Touadi, il giornalista originario del Congo oggi
deputato del Pd. FamigliaCristiana.it ha incontrato Touadi alla 17° edizione del
Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi, in corso in questi giorni a
Riccione.
- Onorevole, il ministro Maroni ha dichiarato che il decreto
legge che prolunga da 6 a 18 mesi il periodo massimo di detenzione nei Centri
di identificazione ed espulsione (Cie) è una norma in linea con la normativa
Europea sulla materia. È così?
«No, non è così. Il ministro dimentica di dire che l’Italia
ha il dovere di recepire la normativa europea e non l’ha ancora fatto. In ogni
caso, la cosiddetta interpretazione che consentirebbe al governo di prolungare
il trattenimento nei Cie è fuorviante».
- Perché?
«La Legge Comunitaria ammette la detenzione come soluzione
estrema, quando tutte le altre tappe e provvedimenti sono stati esperiti. Lo
spirito e la lettera della legge europea è garantista e prevede la limitazione
della libertà personale nei confronti degli irregolari per il minor tempo
possibile e solo nel corso della procedura di rimpatrio. Una situazione ben
diversa da quella italiana, dove nei confronti degli immigrati si stanno
sospendendo i diritti democratici e si violano i diritti umani più elementari».
- Sono parole forti, onorevole Touadi. Può essere più
preciso?
«Tre giorni fa ho visitato il Cie di Palazzo San Gervasio,
in provincia di Potenza. Ci sono 57 tunisini. Detenuti in una struttura fatta
di tende rinchiuse dentro alte mura di cemento innalzate in mezzo al nulla. In
che condizioni si troveranno a vivere fra pochi giorni, quando la temperatura
arriverà a 35 gradi? È impossibile stare sotto le tende, e fuori hanno solo uno
spiazzo vuoto di terra battuta. Ci sono 8 bagni e 8 docce. I Cie stanno
sorgendo come funghi in tutto il Paese».
- Si tratta di cittadini tunisini giunti in Italia dopo la
“finestra” che il Governo aveva concesso per accogliere i richiedenti asilo?
«Certo. Questi 57, come tanti altri, hanno avuto la sfortuna
di arrivare a Lampedusa pochi giorni dopo gli altri. Agli altri è stato dato il
permesso di soggiorno. Questi, che ho incontrato a Palazzo San Gervasio,
chiedono: “Perché noi no?”. Quando domandavo loro di cosa avessero bisogno,
rispondevano soltanto: “Libertà”».
- Lei ha parlato di “provvedimento a orologeria”. Perché?
«Ancora una volta la Lega, con le elezioni andate male, i
sondaggi al ribasso e la base in subbuglio utilizza i migranti come strumento
per uscire da una propria crisi. I Cie sono semplicemente luoghi indegni di
questo Paese, peraltro dichiarati illegali dalla Corte di Giustizia Europea,
che si è pronunciata al riguardo solo due mesi fa».
- Perché parla di sospensione dei diritti democratici?
«Perché a questi stranieri viene impedito persino di vedere
un avvocato, né possono scegliersi un legale di fiducia. In quale Paese
democratico avviene una cosa del genere? Centinaia di immigrati vengono reclusi
o espulsi senza che abbiano potuto fare la richiesta di asilo politico o di
protezione umanitaria. Dove altro avvengono cose del genere, nelle democrazie
occidentali? Il ministro Maroni ha reintrodotto la possibilità dell’espulsione
immediata degli immigrati irregolari, quando la magistratura, sulla base delle
norme europee, aveva emesso numerose sentenze secondo le quali può essere
emesso soltanto il “foglio di via”. Siamo daccapo. La domanda d’asilo politico
o umanitario può essere rifiutata, ma prima dev’essere formulata ed esaminata.
L’espulsione immediata rende impossibile il rispetto dei diritti d’asilo di
persone che possono provenire da situazioni di guerra, di persecuzione politica
o religiosa, o da realtà di fame e miseria estrema. Anche difendere queste
persone è difendere la vita. Di chi è già nato».
- Lei si è fatto promotore, con altri parlamentari, della
richiesta che si consenta ai giornalisti di vedere quello che accade dentro ai
Cie, ma ancora non ci è permesso d’entrare.
«Sta bellamente violando l’articolo 21 della nostra Costituzione, ovvero la libertà di stampa. Assolutamente
inaccettabile».