Sono più numerosi in Lombardia, ma vivono meglio in Trentino e in Val d’Aosta. Secondo i dati presentati dal Cnel nel IX Rapporto sugli indici di integrazione degli immigrati in Italia, gli stranieri che sono arrivati nel nostro Paese toccano le percentuali più alte di inserimento sociale proprio nelle regioni a Statuto speciale (rispettivamente il 77,3 per cento è l'indice sintetico del Trentino e il 70,4 quello della Val d'Aosta). Lì, infatti, i non comunitari hanno accesso, in misura maggiore, a beni e servizi, in primo luogo casa e istruzione.
Nei contesti più piccoli gli immigrati riescono a raggiungere più facilmente quegli status giuridici che ne garantiscono la minor precarietà (durata illimitata del permesso di soggiorno per i non comunitari che vogliono insediarsi stabilmente in Italia; l'acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione; il ricongiungimento familiare).
Secondo i dati, ritmi meno frenetici di vita, rapporti sociali meno anonimi, minor burocrazia, migliore conoscenza linguistica dell’italiano facilitano un maggior radicamento. Se dunque la Lombardia è la Regione con la percentuale maggiore di immigrati, il Trentino è quella che vanta il più alto tasso di soggiorno stabile (quasi i due terzi dei non comunitari).
Nei contesti dove l’inserimento sociale è più favorevole anche il tessuto sociale risulta più coeso. “Anche per questo”, ha spiegato la vice ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, “è importante l’aspetto culturale ed educativo. Se comprimiamo il malessere, se non lavoriamo sull’inclusione sociale, su tutti quei temi, come la graduatoria per l’assegnazione delle case per esempio, rischiamo una guerra tra poveri, una disgregazione del tessuto che garantisce la convivenza, un pericolo sociale alto”.
La Guerra ha anche criticato le parole di Calderoli contro la ministra per l’integrazione, Cécile Kashetu Kyenge. “Un’operazione”, ha detto, “condotta scientemente per trovare consenso e per questo ancora più pericolosa”.
Nella prima parte della mattinata la stessa ministra era intervenuta spiegando che si tratta di un problema che non riguarda solo la sua persona e anticipando che “contro la xenofobia e l’odio razziale sono allo studio nuovi strumenti legislativi”.