logo san paolo
sabato 10 giugno 2023
 
 

In calo gli aborti in Italia

09/10/2012  La Relazione del Ministero della Salute registra nel 2011 una diminuizione del 5,6% di aborti rispetto al 2010. Dietro al nudo dato però alcuni dubbi sollevati dall'on. Carlo Casini.

Il ministro della Salute Renato Balduzzi ha reso nota oggi, dopo averla firmata e inviata ai Presidenti di Camera e Senato, la Relazione sull’attuazione della legge n. 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Nella Relazione, reperibile integralmente presso il sito del Ministro della Salute, vengono illustrati i dati preliminari per l’anno 2011 e forniti i dati definitivi dell’anno 2010. A una prima lettura i dati evidenziano la tendenza in corso ormai da anni alla diminuzione del ricorso all’IVG e del tasso di abortività e dimostrano, come ha dichiarato lo stesso ministro, «che nella grande maggioranza dei casi il ricorso a questo intervento rappresenta l’ultima scelta, essendo stati tentati prima metodi per evitare gravidanze indesiderate». Il riferimento è al maggior ricorso alle tecniche contraccettive da parte delle coppie italiane.

Nell’anno 2011 sono state effettuati (dato provvisorio) 109.538 aborti, oltre 6.000 in meno rispetto al 2010 (115.981 casi). Il decremento è dunque del 5,6% rispetto al 2010 e del 53,3% rispetto al 1982, anno in cui vi è stato il picco massimo (234.801 casi). Nel 2011 il tasso di abortività, cioè il numero delle IVG per 1.000 donne in età feconda tra 15-49 anni, dunque l’indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza all’aborto, è risultato, secondo la Relazione, pari a 7,8 per 1.000 (-5,3% rispetto al 2010, dove il tasso era di 8,3 per 1.000). Il decremento rispetto al 1982 è del 54,7% (allora era di 17,2 per 1.000). «Il valore italiano è tra i più bassi di quelli osservati nei paesi industrializzati», si legge nella Relazione. Altra tendenza costante dal 1983 è il calo dei tassi di abortività in tutti i gruppi di età, salvo quello delle minorenni, che nel 2010 è risultato pari a 4,5 per 1.000 (era del 4,4 per 1.000 nel 2009). Nella Relazione si sottolinea comunque che quello italiano è un dato inferiore rispetto a quanto registrato negli altri Paesi dell’Europa Occidentale. Altro dato rilevante è l’aumento nel corso degli anni di aborti richiesti da donne con cittadinanza straniera, in particolare quelle da paesi a forte pressione migratoria (con un tasso del 26,4 per 1.000): nel 2010 la quota complessiva di straniere che hanno fatto ricorso all’aborto era di oltre un terzo (34,2% del totale). Nel 1998 la percentuale era del 10,1%.

Dal 2009, come riconosce la Relazione, alcuni istituti hanno fatto uso del mifepristone, la famosa pillola RU486, e del prostaglandine per accedere all’IVG. Secondo i dati a disposizione, nel 2010 si sono avuti 3.836 casi (il 3,3% del totale delle IVG del 2010) e, fino al primo semestre del 2011, altri 3.404 casi. «Nel 96,1% dei casi», si legge, «non vi è stata nessuna complicazione immediata e la necessità di ricorrere per terminare l’intervento all’isterosuzione o alla revisione della cavità uterina nelle donne che avevano avviato la procedura dell’IVG farmacologica si è presentata nel 5,9 % dei casi». Nonostante le parole di circostanza una percentuale comunque non trascurabile.

A proposito di cifre, l'on. Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, in un comunicato stampa ha chiesto perché il ministro nel fornire i numeri «non tiene conto della grande quantità di aborti precocissimi causati dalle pillole del giorno dopo e dei cinque giorni dopo». Questi ritrovati chimici, contrariamente a quanto comunemente si pensa, sono infatti veri e propri strumenti abortivi e non contraccettivi in quanto impediscono l’annidamento dell’embrione nell’utero dopo la sua formazione.

Quanto all’obiezione di coscienza, nel 2010 il fenomeno di è stabilizzato tra i ginecologi e gli anestesisti, «dopo un notevole aumento negli ultimi anni», come riconosce la Relazione. A livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7% del 2005 al 69,3% nel 2010 mentre per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45,7% al 50,8%.

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo