(Foto Reuters sopra: cileni in coda per votare al referendum. In copertina: manifestazioni per celebrare la vittoria del sì)
In piena pandemia ed emergenza sanitaria, il Cile guarda verso il futuro. Attualmente nel Paese latinoamericano si registrano più di 500mila contagi da Covid-19 e quasi 14mila morti. Ma i cileni hanno sfidato il virus e compiuto un passo fondamentale per scrollarsi di dosso la pesante eredità della dittatura militare del generale Augusto Pinochet. A esattamente un anno di distanza dalla grande manifestazione che ha portato per le strade di Santiago più di un milione di persone per esprimere il profondo malcontento sociale e chiedere più democrazia e giustizia, i cileni si sono recati alle urne e si sono messi in fila - muniti di mascherine e rispettando le misure di sicurezza - per votare sì o no alla riforma della Costituzione voluta da Pinochet, redatta nel 1980.
Il voto è risultato in un plebiscito a favore di “apruebo”, approvo, ovvero il sì alla riforma: il 78% dei cileni hanno chiesto il cambiamento e il 79% lo ha chiesto attraverso la formazione di un’assemblea costituente composta esclusivamente da membri appositamente eletti dal popolo per questa funzione, con il compito di redigere una nuova Carta magna per il Paese. Un referendum caratterizzato da un'affluenza fiume quasi insperata: fino al 2012 il voto in Cile era obbligatorio, in quell'anno è diventato volontario, cosa che ha ridotto drasticamente la partecipazione popolare alle varie tornate elettorali.
Nella notte tra il 25 e il 26 ottobre, in piazza Italia a Santiago, il luogo che un anno fa ha rappresentato il cuore della protesta, una marea di persone si sono radunate per festeggiare il risultato del referendum e la vera grande svolta per il Cile. Un anno fa le proteste erano partite come reazione all’annuncio dell’aumento (poi ritirato) del costo dei trasporti pubblici: la goccia che aveva fatto traboccare il vaso di una popolazione già esasperata da un pesante carovita, in un Paese dominato da un sistema di stampo neoliberista, basato sulla privatizzazione dei servizi essenziali, come istruzione e sanità, segnato da una profonda diseguaglianza socio-economica. Il presidente Sebastián Piñera aveva dichiarato lo stato di emergenza, consegnando pieni poteri a polizia ed esercito, e imposto il coprifuoco a Santiago e in altre città, affermando che nel Paese si stava assistendo a una “guerra”.
Oggi, il presidente ha cercato di fare suo il risultato del referendum plaudendo alla vittoria del sì e dichiarando in un tweet: “La nostra democrazia si è rafforzata grazie alla partecipazione popolare. Oggi il nostro dovere dovrà essere continuare a costruire un Paese migliore”. La Costituzione del 1980 nel corso degli anni aveva avuto varie modifiche, che però non ne avevano intaccato l’impianto di base neoliberista. Ad aprile 2021 i cileni torneranno alle urne per eleggere i membri della costituente, che sarà appunto formata da zero. I lavori cominceranno a maggio e si prevede che la nuova Carta magna cilena sarà pronta a metà del 2022, quando sarà confermata da un referendum. L’aspettativa è molto elevata: la nuova Costituzione per i cileni significa l’inizio della costruzione di un Paese nuovo, fondato su giustizia sociale, uguaglianza e parità di diritti. Una cosa è certa: mentre la Costituzione del 1980 nacque come atto di forza sotto un regime militare, la nuova Carta sarà espressione dello spirito democratico e della piena volontà del popolo.