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martedì 18 marzo 2025
 
Nel Salento
 

In morte di Mohamed, il bracciante morto per due euro all'ora

23/07/2015  Era arrivato in Puglia per raccogliere i pomodori senza avere un contratto regolare. La Procura di Lecce ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo. La Caritas, che con il "Progetto Presidio" offre acqua e assistenza ai lavoratori stagionali, denuncia: «Qui da anni c'è sfruttamento, paghe da fame e controlli inesistenti»

Lunedì scorso a Nardò, in provincia di Lecce, il termometro sfiorava i 42 gradi. Abdullah Mohamed, 47 anni, d’origine sudanese, arrivato in Puglia il giorno prima, ha iniziato a raccogliere pomodori intorno alle 11 del mattino, quando di solito la giornata in campagna finisce e scatta la controra. Si è lamentato quattro, cinque volte per il caldo, è andato a riposarsi all’ombra prima di accasciarsi al suolo esanime. È morto così. La Procura di Lecce ha aperto un’inchiesta, coordinata dal pm Paola Guglielmi, iscrivendo nel registro degli indagati tre persone (i due titolari dell’azienda agricola Mariano e il caporale) con l’accusa di omicidio colposo. L’autopsia dovrà chiarire la causa della morte. L’inchiesta tutto il resto: com’è arrivato Mohamed nel Salento? Tramite quale aggancio? Si è trattato di una semplice contrattazione o di un vero e proprio reclutamento da parte di caporali? È stata ascoltata la moglie, originaria delle Mauritius, arrivata da Caltanissetta a Lecce insieme ai due figli: un ragazzo di 16 anni e una bimba di 3.

Una cosa è certa: Mohamed non aveva un regolare contratto di lavoro. Era in Italia con un permesso di soggiorno per richiedenti asilo che sarebbe scaduto nel 2019. «Ci sono ragazzi che sono qui da tempo e non hanno trovato un impiego», spiega Gregorio Manieri, operatore della Caritas diocesana di Nardò che lavora al Progetto Presidio, «è strano che Mohamed sia arrivato domenica e il giorno dopo fosse già nei campi a lavorare».

È da anni che la Caritas con il Progetto Presidio offre assistenza ai braccianti che raccolgono le angurie e i pomodori nei campi tra Porto Cesareo ed Avetrana. «Quest’anno, a fronte di circa 60-70 posti letto disponibili nella tendopoli, ce ne sono circa 300, arrivano prevalentemente da Sudan, Ghana e, pochissimi, anche dall’Eritrea. Molti sono in Italia da diversi anni e arrivano qui dopo aver perso il lavoro nelle fabbriche del Nord. Rispetto agli anni scorsi ci sono molti meno tunisini. Per il resto, non cambia nulla: sfruttamento, l’ombra del caporalato, controlli inesistenti, paghe da fame, condizioni drammatiche».

Nardò (Lecce), un gruppo di braccianti in fila per l'acqua
Nardò (Lecce), un gruppo di braccianti in fila per l'acqua

Le persone arrivate a Nardò per lavorare sono state “sistemate” nel rudere fatiscente del’ex Falegnameria dove manca l’acqua potabile, l’elettricità e i bagni. «Come Caritas abbiamo sollecitato il Comune sin dai primi di giugno ad allestire la tendopoli con docce e servizi igienici», spiega Manieri, «alla fine, di rinvio in rinvio, il campo è stato aperto il 16 luglio scorso, a stagione agricola abbondantemente iniziata».

In questo tempo è stata la Caritas a portare l’acqua, per bere e per lavarsi, ai lavoratori attraverso i camion-cisterna. Ques’anno la situazione è ancor più complicata a causa della mancanza di un presidio medico fisso che lo scorso anno era assicurato dai volontari di Emergency. Un servizio di cui s’è fatto carico sempre la Caritas con un gruppo di medici volontari (dermatologo, otorino, ortopedico e medico generico) che ogni sera si recano nei campi e all’ex Falegnameria per visitare i lavoratori. Manieri insieme alle altre cinque persone che lavorano al “Progetto Presidio” ogni pomeriggio va in giro per i campi per portare l’acqua, controllare la situazione, dare assistenza e segnalare se ci sono problemi.

Ma quanto guadagnava Mohamed? Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, l’uomo sarebbe morto per una paga tra i sei e i sette euro l’ora. A questa cifra però vanno tolti la quota per il caporale, il costo del trasporto fino ai campi in pullman, il prezzo del panino e della bottiglietta d’acqua per la pausa pranzo. «È probabile che in tasca gli siano rimasti poco più di due euro per ogni ora di lavoro», fa i conti Manieri. «Tutte queste persone vengono sottoposte a pesanti sforzi fisici per 12-13 ore di fila, sotto il sole cocente», denuncia la Flai-Cgil di Lecce che avverte che ci vorrebbero controlli ad hoc sull’impiego di questi lavoratori stagionali e presidi anche sanitari pubblici. «I contratti di lavoro veri sono quasi inesistenti», conferma Manieri, «predomina il lavoro nero e gli accordi fittizi».

Sabato prossimo a Nardò la Caritas, insieme a Libera, Emergency, Cgil, Medici senza frontiere e altre associazioni, scenderà in piazza per una fiaccolata di protesta. Sì, c'è ancora qualcuno che s'affligge per la sorte di Mohamed e dei tanti Mohamed senza nome e volto.

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Nardò, le condizioni dei braccianti stranieri nella tendopoli
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