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giovedì 10 ottobre 2024
 
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«Nel nome di Gesù deponiamo le armi dell'odio e della vendetta»

05/02/2023  Il Papa, celebrando la messa, esorta i sud sudanesi a cercare la pace. A perdonare, con quel sale che brucia sulle ferite ma che sana, e a illuminare con le proprie opere di carità le città e le persone

«Siate il sale e la luce di questo Paese». Papa Francesco, nella messa celebrata presso il complesso del Mausoleo “John Garang” esorta i sud sudanesi a vivere da veri cristiani rispondendo con il bene al male anche quando questo fa male come il sale sulle ferite. Ma è il sale del Vangelo che insaporisce e dà valore alla realtà. «Vi auguro», dice Bergoglio, «di essere sale che si sparge e si scioglie con generosità per insaporire il Sud Sudan con il gusto fraterno del Vangelo; di essere comunità cristiane luminose che, come città poste in alto, gettino una luce di bene su tutti e mostrino che è bello e possibile vivere la gratuità, avere speranza, costruire tutti insieme un futuro riconciliato».

Non nasconde le difficoltà, il Pontefice, ma ricorda che «Dio ha realizzato la pace attraverso la sua croce; Gesù, Dio crocifisso per tutti noi; Gesù, crocifisso in chi soffre; Gesù, crocifisso nella vita di tanti di voi, in molte persone di questo Paese; Gesù il Risorto, vincitore sul male e sulla morte». Gesù, sottolinea, «conosce le angosce e le attese che portate nel cuore, le gioie e le fatiche che segnano la vostra vita, le tenebre che vi opprimono e la fede che, come un canto nella notte, levate al Cielo. Gesù vi conosce e vi ama; se rimaniamo in Lui, non dobbiamo temere, perché anche per noi ogni croce si trasformerà in risurrezione, ogni tristezza in speranza, ogni lamento in danza». Il Papa ricorda che è il suo viaggio è un viaggio di speranza, per confermare il popolo nella fede. Parla dei due elementi che il Vangelo di Matteo propone: il sale e la luce. E ricorda che il sale, proprio perché è l’ingrediente invisibile che dà gusto a tutto «fin dai tempi antichi, è stato visto come simbolo della sapienza, cioè di quella virtù che non si vede, ma che dà gusto al vivere e senza la quale l’esistenza diventa insipida, senza sapore». E la sapienza di cui parla Gesù è quella delle Beatitudini, che «rivoluzionano i criteri del mondo e del modo comune di pensare. E che cosa dicono? In poche parole, affermano che per essere beati, cioè pienamente felici, non dobbiamo cercare di essere forti, ricchi e potenti, bensì umili, miti e misericordiosi; non fare del male a nessuno, ma essere operatori di pace per tutti». Inoltre il sale serve per conservare i cibi e il cibo più importante è «l’alleanza con Dio». Per questo quando si faceva un’offerta a Dio si aggiungeva un po’ di sale: per ricordare «il bisogno primario di custodire il legame con Dio, perché Lui è fedele a noi, la sua alleanza con noi è incorruttibile, inviolabile e duratura». E noi, discepoli di Gesù, in quanto sale siamo anche testimoni dell’alleanza con il Signore. Siamo chiamati a una testimonianza di gioia e gratitudine «mostrando di essere persone capaci di creare legami di amicizia, di vivere la fraternità, di costruire buone relazioni umane, per impedire che prevalgano la corruzione del male, il morbo delle divisioni, la sporcizia degli affari iniqui, la piaga dell’ingiustizia».

Non importa se ci sentiamo piccoli e impotenti di fronte ai grandi mali. «Quando vi assale la tentazione di sentirvi inadeguati», esorta il Papa, «provate a guardare al sale e ai suoi granelli minuscoli: è un piccolo ingrediente e, una volta messo sopra un piatto, scompare, si scioglie, però è proprio così che dà sapore a tutto il contenuto. Così, noi cristiani, pur essendo fragili e piccoli, anche quando le nostre forze ci paiono poca cosa di fronte alla grandezza dei problemi e alla furia cieca della violenza, possiamo offrire un contributo decisivo per cambiare la storia. Gesù desidera che lo facciamo come il sale: ne basta un pizzico che si scioglie per dare un sapore diverso all’insieme. Allora non possiamo tirarci indietro, perché senza quel poco, senza il nostro poco, tutto perde gusto».

E questo poco, questo essenziale, è qualcosa che cambia la storia. «Nel nome di Gesù, delle sue Beatitudini, deponiamo le armi dell’odio e della vendetta per imbracciare la preghiera e la carità», è l’appello del Papa, «superiamo quelle antipatie e avversioni che, nel tempo, sono diventate croniche e rischiano di contrapporre le tribù e le etnie; impariamo a mettere sulle ferite il sale del perdono, che brucia ma guarisce. E, anche se il cuore sanguina per i torti ricevuti, rinunciamo una volta per tutte a rispondere al male con il male, e staremo bene dentro; accogliamoci e amiamoci con sincerità e generosità, come fa Dio con noi. Custodiamo il bene che siamo, non lasciamoci corrompere dal male!».

E oltre al sale dobbiamo anche essere luce, quella «vera che illumina ogni uomo e ogni popolo, la luce che splende nelle tenebre e dissipa le nubi di qualsiasi oscurità». Siamo noi a dover brilare, della luce del Signore, «prima di preoccuparci delle tenebre che ci circondano, prima di sperare che qualcosa attorno si rischiari». Noi con la nostra vita e le nostre opere siamo chiamati a illuminare «le città, i villaggi e i luoghi che abitiamo, le persone che frequentiamo, le attività che portiamo avanti. Il Signore ce ne dà la forza». Dobbiamo ardere d’amore, conclude il Pontefice, stando attenti a che non si spenga «la nostra luce» che non scompaia dalla nostra vita «l’ossigeno della carità» e che «le opere del male» non tolgano aria pura alla nostra testimonianza. «Questa terra, bellissima e martoriata, ha bisogno della luce che ciascuno di voi ha, o meglio, della luce che ognuno di voi è».

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