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"In nome di mia figlia": L’odissea di un papà per avere giustizia

10/06/2016  Un bel film francese ispirato a un’incredibile storia davvero accaduta

Solo 87 minuti per condensare, benissimo, una battaglia durata ben 27 anni: quella che il contabile André Bamberski ha dovuto combattere per conoscere la verità sulla morte della figlia quattordicenne Kalinka. La sua incredibile storia è raccontata, con ritmo che non lascia tregua e ammirevole misura, in questo film che approda nelle sale il 9 giugno. Bamberski ha il volto di Daniel Auteuil, uno dei più bravi attori francesi, popolare anche da noi grazie a film come Niente da nascondere e N (Io e Napoleone) di Paolo Virzì.
Il film inizia con la polizia che fa irruzione nella casa di un uomo. Vive solo e sembra quasi che si aspettasse di essere arrestato.
Con un salto temporale, lo ritroviamo negli anni Settanta. Si chiama André Bamberski, guida una società di 850 persone a Casablanca, ha una bella moglie, Danièle, e due bambini, Kalinka e Nicolas. Insieme vivono felici, finché nella loro vita irrompe il dottor Dieter Krombach. Tedesco, affascinante, dai modi suadenti, si insinua nella famiglia con l’obiettivo di sedurre Danièle. La donna, stanca delle continue assenze del marito, cede. Bamberski la perdona, ma le impone di ritornare in Francia e di ricominciare tutto da capo. Ma Krombach li segue e così la storia ricomincia, finché il matrimonio si rompe definitivamente.
Passano gli anni e si arriva nel 1982. Il medico e Danièle si sono trasferiti in Germania, dove vengono raggiunti per le vacanze da Kalinka e Nicolas, ormai adolescenti. Un mattino la ragazzina viene ritrovata misteriosamente senza vita. L’autopsia, svolta alla presenza di Krombach, non chiarisce le cause della morte. Al padre distrutto che si precipita in Germania, Krombach si limita a dire che sua figlia è morta a causa di un’insolazione o per le conseguenze di un vecchio incidente d’auto.
Mentre i giudici archiviano frettolosamente il caso, Bamberski si convince sempre più che dietro quelle reticenze il medico nasconda una terribile verità: Kalinka sarebbe morta a causa sua, forse per coprire gli abusi che avrebbe compiuto su di lei. Così ha inizio la sua lunghissima odissea per ottenere giustizia. L’uomo si scontra con un muro eretto dalle autorità tedesche, che non accettano che si svolgano ulteriori indagini, per di più da parte di inquirenti francesi, su un loro cittadino, riguardanti un caso per il quale è stato scagionato. E non può contare nemmeno sul sostegno della ex moglie, che si ostina a difendere l’uomo che ha preso il suo posto nel cuore.
Ma Bamberski ha giurato sulla tomba di Kalinka che avrebbe ottenuto giustizia per lei, a qualunque costo. Solo nel sorprendente finale scopriremo come ci riuscirà. Il vero Bamberski è ancora vivo. Ha visto il film e ha dichiarato che gli è piaciuto molto. Allo spettatore resta l’angoscia di scoprire come, anche nell’amministrazione della giustizia, l’Europa sia tutt’altro che unita.

IN NOME DI MIA FIGLIA
di Vincent Garenq, con Daniel Auteuil e Sebastian Koch.

 
 
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