La preghiera di padre Makar (foto S. Pasta).
Con il pensiero all’Ucraina, papa Francesco ha detto: «Chiediamo al Signore che cessi al più presto questa violenza fratricida. “Vittoria” e “sconfitta” non sono parole giuste, l’unica parola giusta è “pace”». Con questo spirito, la sera del 13 febbraio la Comunità di Sant’Egidio ha promosso a Milano una partecipata preghiera ecumenica, insieme alla Chiesa Ortodossa Russa della città, rappresentata dall’ucraino padre Ambrogio Makar. Insieme, milanesi, studenti universitari russi, lavoratrici e badanti ucraine che hanno preso un permesso al lavoro, hanno chiesto a Dio la pace, proprio a poche ore dall’inizio della tregua del 15 febbraio.
Spiega padre Makar: «Il conflitto ci divide, mentre nella preghiera davanti a Dio, il dolore delle diverse parti ci unisce, può diventare la nostra forza. Questa sera sentiamo poi che i fratelli cattolici della città dove viviamo soffrono con noi per ciò che accade in Ucraina». «Grazie – dice accorato – per noi è importante, non smettiamo di pregare insieme!». Nelle invocazioni, si chiede di «vincere lo spirito della divisione e della vendetta», si affidano a Dio «gli anziani rimasti soli, i bambini, i malati senza medicine, i profughi che hanno perso tutto» e si prega perché le Chiese in Ucraina indichino la via della pace.
Le ultime stime delle Nazioni Unite parlano di 5.486 morti e 12.972 feriti, mentre 5,2 milioni è il numero di persone sotto le bombe nella zona di guerra e 978.482 dei profughi, 119.832 dei quali bambini. «Cerchiamo – dice Ivan, che viene dalla Crimea e si è appena laureato in Medicina – di mandare aiuti ai familiari, ma la lontananza aumenta la nostra preoccupazione».
In Ucraina i fedeli ortodossi si dividono tra il Patriarcato di Mosca e quello nazionale di Kiev; questa rivalità, interna all’ortodossia ucraina, ha un ruolo anche nella crisi, tra chi guarda alla Russia e chi all’Europa. A Milano è invece presente solo la Chiesa di Mosca, frequentata anche dagli ortodossi ucraini che in patria aderivano a quella nazionale. «Ciascuno di noi – conclude Ivan – ha parenti che stanno vivendo la devastazione della guerra: quelle sofferenze sono una sconfitta per tutti».
«Questo – spiega Giorgio Del Zanna della Comunità di Sant’Egidio – è l’ecumenismo vissuto nella storia, nelle nostre città e nel nostro tempo. Il compito dei cristiani è aiutare a superare l’etnicismo e il nazionalismo». E continua: «Quanto c’è bisogno che lo spirito ecumenico susciti una cultura di pace anche nelle relazioni tra gli Stati!».
In questo anno di crisi, a Kiev, anche nella piazza Maidan simbolo della protesta, Sant’Egidio ha in più occasioni riunito centinaia di cattolici, ortodossi e greco-cattolici per invocare la pace. «La preghiera – spiega Del Zanna – insegna a curare le ferite, a soffrire con gli altri e a superare le divisioni; è il modo dei cristiani di non rassegnarsi al male, di non accettare che vinca sempre la violenza. Per questo, anche in difficili crisi politiche c’è bisogno dello slancio della preghiera, come il Papa ha indicato per la Siria; non dobbiamo mai stancarci di coltivare questa forza di pace».
Nella preghiera ecumenica di Milano, si è letto il Vangelo di Luca (Lc 21, 34-36) in cui si parla della venuta del Regno di Dio. Commentandolo, Del Zanna dice: «Non viene in modo trionfante e glorioso, ma in un mondo segnato da grandi sconvolgimenti, rivoluzioni e guerre. Il Regno di Dio non può che essere questo: una grande rottura rispetto alla vita abituale degli uomini. E cosa c’è di più abituale della guerra che da sempre accompagna la storia? La preghiera è il modo dei cristiani con cui lottare per affrettare la venuta del Regno di Dio. La pace verrà se ci saranno cristiani che lottano perché questo avvenga».