«Un’occasione per ricordare un uomo che ho molto amato e con il quale negli ultimi anni si è sviluppato un grande rapporto di amicizia». Ignazio Marino, sindaco di Roma, presenta in Campidoglio il libo di Damiano Modena, Carlo Maria Martini. Il silenzio della parola (San Paolo). Lo fa andando con la memoria agli incontri con il cardinale, alle disucssioni sul tema della "coscienza perplessa", allo scambio di mail «che gli piaceva stampare personalmente».
Dopo l'introduzione di don Giacomo Perego, che ha ricordato la distinzione tra "pensanti e non pensanti", più che tra "credenti e non credenti", Ignazio Marino sottolinea alcuni momenti della vita di Martini, la sua curiosità nei confronti della vita degli altri e il rispetto profondissimo per tutti.
Marino ricorda l'8 agosto, l'ultimo giorno in cui si sono incontrati, «un giorno in cui si volle alzare in piedi, nonostante la mancanza di forze», piccoli aneddoti, come quando «gli dissi che dovevo commentare il Qoelet per Torino spiritualità e lui spedì don Damiano a fotocopiarmi tutto quello che dovevo studiare, gli scherzi irriverenti di don Damiano». L'interesse per i giovani, la curiosità per il mondo, tanti ricordi, la visita al santo sepolcro, a Gerusalemme, con Martini come guida.
Marino parla anche delle ricchezze, di quelle che ricoprono il santo sepolcro a Gerusalemme, ma anche quelle che Paolo VI aveva fatto stimare in Vaticano.
I racconti più profondi si intrecciano con gli aneddotti più semplici: gli orologi che suonavano per ricordare le medicine, le uscite in pizzeria, «l'intelligenza di un uomo straordinario, ma straordinario è anche Damiano che ha ricordato tanti episodi di un uomo che adesso, sicuramente, dove si trova avrà chiamato a raccolta San'Ambrogio e altri santi per rinnovare anche lì le cose».
Don Damiano ringrazia per l'ospitalità di Roma, una città importante per il cardinale perché «le prove generali del dialogo le ha fatte a Roma e lui ricordava il tempo trascorso a Roma come un tempo preziosissimo nel quale accogliere il diverso da sé, la ricchezza di chi pensa con categorie diverse dalle proprie», sottolinea Modena. Che racconta anche l'ultimo incontro con il cardinale Monsengwo Pasinya, che fu alunno del cardinale Martini e che ricordava le attenzioni che Martini giovane professore gli aveva riservato da studente «facendomi sentire a casa».
«Il cardinale si era esercitato a stare con la gente al biblico, a Roma, una delle sue tre città rappresentate dai tre cuori nel suo stemma, (Gerusalemme, Roma, Milano), prima di arrivare nella diocesi ambrosiana. Anche se a Giovanni Paolo II, quando lo nominò alla guida di Milano disse: "Non so stare con la gente", e Giovanni Paolo II gli rispose: "Sarà la gente a venire da lei"», sottolinea don Damiano. Che ricorda gli ultimi tre anni passati con il cardinale, a leggergli le labbra, a capirne il cuore. Un rapporto empatico che il libro trasmette appieno, insieme «con la quantità di saggezza», conclude don Damiano, «che ho visto in questi anni e che spero di riuscire a mettere in pratica prima di morire».