logo san paolo
lunedì 27 marzo 2023
 
 

Francesca Inaudi, sono in cerca dell'innocenza

05/11/2014  La brava attrice, che vediamo al cinema in Tre tocchi e in Tv nella fiction Una pallottola nel cuore, parla della fatica del suo lavoro, dell'infanzia felice e del suo amore per i bambini.

Francesca Inaudi con Gigi Proietti in Una pallottola nel cuore
Francesca Inaudi con Gigi Proietti in Una pallottola nel cuore

«Si pensa che la vita di un attore sia sempre tutta rosa e fiori. A volte capita ed è bellissimo. Ma la nostra vita, specie quando non hai ancora raggiunto l’affermazione, è fatta anche di grandi frustrazioni e di un immenso logorio mentale». Francesca Inaudi ha solo un piccolo ruolo in Tre tocchi, il film di Marco Risi presentato al Festival di Roma e nelle sale dal 13 novembre. Ma è un lavoro a cui tiene molto perché è una pellicola che racconta le vicende di un gruppo di attori lontani dalle luci della ribalta ripresi nella loro quotidianità, tra grandi speranze e grandi miserie. Senese, 36 anni, ha sempre lavorato sodo, dal diploma alla scuola del Piccolo Teatro di Milano diretta da Giorgio Strehler ai successi al cinema e nelle serie televisive e rivendica con orgoglio quest’impegno.

In televisione la vediamo in queste settimane su Rai 1 nella fiction Una pallottola nel cuore nei panni di una cronista che aiuta un collega più anziano (che non sa essere suo padre), interpretato da Gigi Proietti, a risolvere delitti rimasti insoluti. Confida che «per preservare la mia dignità di attrice ho cercato nei primi giorni di riprese di rapportarmi a Gigi in modo molto professionale, senza cercare di far trapelare troppo la grande ammirazione che provo nei suoi confronti. Da parte sua, lui mi ha sempre trattata alla pari: non mi ha mai fatto sentire il peso della sua importanza per tutto ciò che ha fatto. Eppure, la prima volta che mi ha concesso un apprezzamento per come avevo recitato una scena, è stato per me un momento molto emozionante».

È molto esigente con sé stessa?
«Lo sono in tutto ciò che faccio. Penso sempre che ci sia qualcuno che mi guarda e io devo rispondere al meglio alle sue aspettative. Questo qualcuno può essere il prossimo, i miei genitori, i figli che avrò un giorno, Dio... Io cerco sempre di essere all’altezza, pur con tutte le mie fragilità».

I personaggi che interpreta li porta con sé o li lascia sul set?
 «Dipende, a volte mi accompagnano per un pezzetto della mia vita. Altre volte mi abbandonano, ma mi restano le persone che ho incontrato e forse questa è la cosa più bella».

Le sarebbe piaciuto vivere nell’Ottocento come la principessa patriota Cristina di Belgioioso che ha interpretato nel film Noi credevamo?
 «No, sono felice di vivere il mio tempo. Mi sarebbe piaciuto solo per la moda: trovo che le donne allora fossero immensamente più eleganti e quell’alone di mistero che l’essere più coperte conferiva loro non fosse sbagliato. Mi affascina inoltre il personaggio di Cristina di Belgioioso, perché è stata un’antesignana del femminismo, per la sua capacità di porsi alla pari con gli uomini prima di tutto da un punto di vista intellettuale. Molti dei suoi scritti sono attualissimi e credo che andrebbero riscoperti, soprattutto dalle ragazze. Far sapere che ci sono state nella nostra storia delle figure di intellettuali femminili della sua statura penso sia molto importante per la coscienza della nostra dignità di donne, un tema su cui, purtroppo, c’è ancora tanta strada da fare».

Dalla principessa di Belgioioso all’esuberante Gaia di Tutti pazzi per amore: entrambe sono donne molto libere. Cos’è per lei la libertà?
«Mia madre mi ha sempre detto che il primo desiderio che ha avuto quando mi ha visto appena nata è stato che avessi sempre la libertà di scegliere nella mia vita. Però mi ha pure insegnato che la mia libertà finisce quando lede quella degli altri».

La sua infanzia è stata felice?
«Molto. Sono stata figlia unica fino a 16 anni e i miei genitori non mi hanno viziata, ma mi hanno tanto coccolata. E poi sono cresciuta in un luogo meraviglioso come la campagna nei dintorni di Siena».

Nella fiction Una pallottola nel cuore è madre di un bambino di 8 anni. Che effetto le fa interpretare questo ruolo?
«Mi piace molto perché serve a togliermi di dosso l’etichetta di eterna “giovane attrice” che rischia di limitarti. E poi mi piacciono molto i bambini, i loro sguardi, le loro paure, la loro capacità di vedere le cose da una prospettiva totalmente diversa dalla nostra. Mi piace in definitiva la loro innocenza, che purtroppo c’è sempre meno, anche in loro».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo