Una cerimonia emozionante, nell'atrio della basilica di San Pietro, davanti alla Porta Santa, per l'indizione dell'Anno santo che si aprirà l'8 dicembre.
La principale novità, contenuta nella bolla "Misericordiae Vultus" è la richiesta dell'apertura di una particolare Porta santa in ciascuna diocesi, che sia la cattedrale o una chiesa particolarmente importante per la Chiesa locale, e in santuari, a scelta dell'Ordinario. Il passaggio in cui si spiega il coinvolgimento delle Chiese locali nell'Anno santo che va ad aprirsi è annunciato da Padre Leonardo Sapienza, reggente della Casa Pontificia, che, in qualità di Protonotario apostolico, legge alcuni passi della Bolla Pontificia. Poco prima una copia del documento era appena stata consegnata, dallo stesso papa Francesco, ai quattro cardinali arcipreti delle Basiliche papali in Roma e, per raggiungere simbolicamente tutti i vescovi e tutte le Chiese del mondo, a diversi esponenti e rappresentanti dei dicasteri vaticani, delle Chiese orientali, del continente asiatico e di quello africano.
Tra i brani scelti per la lettura pubblica anche quello che sottolinea l'importanza della data scelta per l'apertura, solennità dell'Immacolata concezione e cinquantesimo anniversario della conclusione del Vaticano II. E poi i passi che spiegano che la misericordia è l'architrave che sorregge la vita della Chiesa. E quelli in cui il Papa spiega il suo «vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati dalla misericordia divina».
E, ancora, padre Sapienza legge il n. 19 che parla del perdono e della converisone, ma anche della corruzione, «piaga putrefatta della società», e il n. 23 sulla misericordia che valica i confini e ci rende capaci di relazioni con l'ebraismo e con l'Islam, «che considerano la misericordia uno degli attributi più qualificanti di Dio».
Al termine della lettura, il Papa ha presieduto la celebrazione dei vespri della II Domenica di Pasqua, o Domenica della Divina Misericordia.
Nella brevissima omelia papa Francesco è tornato sulla persecuzione dei cristiani, sulle popolazioni «che subiscono la violenza inaudita della discriminazione e della morte, solo perché portano il nome cristiano». E poi ha spiegato ancora una volta il perché di questo Anno santo che si concluderà il 20 novembre del 2016. «Una domanda è presente nel cuore di tanti», dice Francesco. «Perché oggi un Giubileo della Misericordia? Semplicemente perché la Chiesa, in questo momento di grandi cambiamenti epocali, è chiamata ad offrire più fortemente i segni della presenza e della vicinanza di Dio. Questo non è il tempo per la distrazione, ma al contrario per rimanere vigili e risvegliare in noi la capacità di guardare all’essenziale. E’ il tempo per la Chiesa di ritrovare il senso della missione che il Signore le ha affidato il giorno di Pasqua: essere segno e strumento della misericordia del Padre».
Il Papa indica una strada concreta: «Saper cogliere i tanti segni della tenerezza che Dio offre al mondo intero e soprattutto a quanti sono nella sofferenza, sono soli e abbandonati, e anche senza speranza di essere perdonati e di sentirsi amati dal Padre. Un Anno Santo per sentire forte in noi la gioia di essere stati ritrovati da Gesù, che come Buon Pastore è venuto a cercarci perché ci eravamo smarriti. Un Giubileo per percepire il calore del suo amore quando ci carica sulle sue spalle per riportarci alla casa del Padre. Un Anno in cui essere toccati dal Signore Gesù e trasformati dalla sua misericordia, per diventare noi pure testimoni di misericordia».
Il Papa non si stanca di ricordare che questo è il tempo della misericordia, «tempo favorevole per curare le ferite, per non stancarci di incontrare quanti sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio, per offrire a tutti la via del perdono e della riconciliazione».