Si è spenta questa notte, domenica 12 novembre, all’1.45 ora inglese la piccola Indi Gregory, la bimba di otto mesi, affetta da una gravissima patologia mitocondriale considerata dai medici del Queen's Medical Centre di Nottingham e i giudici britannici irrimediabile. Motivo per cui la bimba è stata condannata dai tribunali d'oltre Manica a vedersi staccare la spina contro la volontà dei suoi genitori.
Lo confermano l'avvocato Simone Pillon e Iacopo Coghe di Pro vita, che fanno parte del team legale della famiglia Gregory. La neonata, alla quale domenica 12 novembre sono stati staccati i supporti vitali, è deceduta.
«La vita di Indi è finita all'01.45, io e Claire siamo arrabbiati, con il cuore spezzato, pieni di vergogna» sono le parole di Dean, il padre di Indi Gregory, in un messaggio ai suoi avvocati. «Il servizio sanitario nazionale e i tribunali non solo le hanno tolto la possibilità di vivere, ma le hanno tolto anche la dignità di morire nella casa di famiglia a cui apparteneva».
«Claire l'ha tenuta con sé per i suoi ultimi respiri», scrive il padre di Indi, Dean Gregory in un messaggio inviato ai suoi legali, parlando degli ultimi istanti della figlia accanto alla madre. «Sono riusciti a prendersi il corpo e la dignità di Indi, ma non potranno mai prendersi la sua anima. Hanno cercato di sbarazzarsi di Indi» ha aggiunto «senza che nessuno lo sapesse, ma noi ci siamo assicurati che fosse ricordata per sempre. Sapevo che era speciale dal giorno in cui è nata».
Il mondo intero pregava per lei. Papa Francesco si era stretto alla famiglia della piccola Indi Gregory, al papà e alla mamma “prega per loro e per lei” - aveva comunicato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni – “e rivolge il suo pensiero a tutti i bambini che in queste stesse ore in tutto il mondo vivono nel dolore o rischiano la vita a causa della malattia e della guerra”. L’Italia aveva concesso alla piccola la cittadinanza italiana per poterla trasferire al Bambino Gesù.
Quello di Indi non è il primo caso del genere nel Regno Unito. Prima di lei Charlie Gard, Alfie Evans, Archie Battersbee e Isaiah Haastrup. Tutti condannati nel loro «migliore interesse» alla sospensione dei trattamenti vitali.