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lunedì 19 maggio 2025
 
 

Infermieri di misericordia per tutte le famiglie ferite

30/09/2015  È uno dei due parroci che, per la prima volta in assoluto, saranno membri del Sinodo: «Tra parrocchia e carcere,sto in due periferie dove le persone fanno tanta fatica»

«Se la Chiesa è un ospedale da campo, noi parroci siamo gli infermieri». Sorride don Saulo Scarabbattoli, parroco da quasi cinquant’anni della parrocchia del Santo Spirito a Perugia e da venti cappellano della sezione femminile del carcere. Don Saulo è uno dei due parroci (l’altro è don Roberto Rosa di Trieste) nominati dal Papa membri del prossimo Sinodo sulla famiglia. Non era mai accaduto.

- Don Saulo, è stata una sorpresa?

«Diciamo che non me lo aspettavo. Non c’è alcuna ragione particolare perché il Papa abbia scelto me. Sono uno dei tanti, uno che sta nel mucchio degli infermieri».

- Forse proprio per questo Bergoglio lo ha fatto...

«Ringrazio il Papa e spero di essere umilmente utile. Al Sinodo porterò il grido, e magari anche il pianto, delle situazioni che conosco. Io sto infilato in due periferie, dove la famiglia fatica e dove non è facile coniugare verità e misericordia, partendo tuttavia dalla misericordia».

- Qual è la situazione più difficile?

«Il carcere, situazione estrema, concentrato di sofferenza soprattutto per le donne, con figli lontani, le famiglie di origine a loro volta in grande difficoltà. La maggior parte vengono dalla periferia di Napoli e portano sulle spalle le sofferenze di generazioni. Ci sono intere famiglie disperse nelle carceri italiane. In vent’anni ho visto molte donne convertirsi. E oggi per loro la più grande preoccupazione sono i figli. Ma ciò è accaduto perché qualcuno è stato loro vicino».

- E lei è un infermiere?

«Sì, noi siamo gli ultimi della fila, quelli che portano un po’ di sangue a chi sta per morire e a volte riusciamo a rianimarlo. Ascoltiamo grida drammatiche, urla che in altre parti della società e della Chiesa arrivano attutite. Per me la famiglia ferita non è un concetto astratto».

- E in parrocchia?

«La stessa cosa. Bisogna ascoltare le persone e coniugare verità con la misericordia, ma partendo dalla misericordia».

- Ha fatto bene il Papa a riformare il processo canonico sulla nullità prima del Sinodo?

«Assolutamente sì, perché ha affidato al vescovo la responsabilità del discernimento, ha restituito al vescovo il ruolo pieno di pastore. Poi ha snellito le pratiche. Nel 90 per cento il matrimonio è chiaramente nullo e dunque sono inutili lunghe trafile».

- Servirà a smorzare le polemiche anche sulla comunione ai divorziati risposati?

«Non è facile fare previsioni. Uno snellimento del processo canonico era stato chiesto da molti al Sinodo dell’anno scorso e il Papa ha operato in questo senso. Ma non credo che influisca sulla discussione circa la comunione ai divorziati, un problema che resta aperto. Io sono d’accordo con il cardinale Kasper. Ma le polemiche non servono. Il Sinodo serve a trovare una strada nuova, perché c’è un clima nuovo».

- Dove lo vede?

«Per esempio nella considerazione della convivenza. Oggi i fidanzati che fanno i nostri corsi al 90 per cento già convivono. E nei documenti del Sinodo si colgono finalmente valutazioni differenti rispetto alla convivenza. Non è stato un passaggio facile e anch’io in passato sono stato piuttosto severo. Oggi abbiamo imparato a guardare in faccia le persone, ad avvicinarci a esse con maggiore rispetto. E anche la Chiesa tiene conto delle situazioni pratiche, spesso economiche, e capisce i motivi di molte convivenze prima del matrimonio. A ciò ci ha portato la misericordia, di cui il Papa ha parlato in tutte le sue catechesi sulla famiglia di quest’anno durante l’udienza generale».

- Un’altra questione importante al prossimo Sinodo, secondo lei, quale potrebbe essere?

«La riflessione sulla procreazione responsabile, quindi sulla contraccezione. Paolo VI ha scritto l’Humanae vitae, ma ha invitato a proseguire la riflessione. Dobbiamo approfondire il concetto di natura, che non è statico o solo biologico. Altrimenti finiamo per attribuire ai meccanismi naturali un potere tale che rischia di togliere la libertà alla persona. La gente mi chiede perché gli occhiali o le protesi sì e la contraccezione no?».

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