L'influenza 2014-15 è arrivata tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre e ha costretto come di consueto a letto circa quattro
milioni di italiani. E' comunque un’influenza già
nota, “schedata”, e non si prevede un’impennata dei casi.
Si tratta, infatti, dello stesso virus già coperto dal vaccino che i cittadini
potranno procurarsi in farmacia o ricevere dal medico di famiglia. Per la
verità, i ceppi che circolano sono tre. A loro si aggiungeranno altri virus
parainfuenzali – tutti o quasi rinvigoriti dalle temperature fredde – con sintomi
simili: raffreddore, tosse, disturbi gastrointestinali, febbre.
«Ogni anno in Italia tra influenza e altri
virus sono costretti a letto in 13 milioni;
in un caso su tre è influenza, da
non confondere con il raffreddore. La
prima è più pesante e si concentra nei
mesi invernali fino a marzo incluso. Ha
bisogno di freddo e di ambienti chiusi e
affollati.
I raffreddori, invece, arrivano
in tutte le stagioni, pure d’estate tre italiani
su mille ogni settimana si ammalano
di virus delle vie respiratorie di varia
tipologia», spiega Aurelio Sessa, medico
di famiglia ed esperto di malattie respiratorie
della Società italiana di medicina
generale (Simg).
Chi deve prevenire
Il virus influenzale si identifica in laboratorio
su un tampone eseguito nel naso
o nella gola dei pazienti. «Ma naturalmente
durante l’epidemia non c’è
tempo di fare lo screening; il medico fa
la diagnosi partendo dalla compresenza
di tre gruppi di sintomi: febbre insorta
rapidamente con brividi; sintomi respiratori
(tosse o scolo nasale o mal di
gola); sintomi sistemici (dolore osseo o
muscolare, debolezza e inappetenza).
Se per esempio tosse, febbre alta e debolezza
sono contemporanee, il medico
pone la diagnosi sospetta e indovina
in tre casi su quattro.
I casi clinici che
non presentano i tre sintomi insieme
sono catalogati come semplici infezioni
delle vie respiratorie, vale a dire virosi
parainfluenzali».
La malattia è “seria ma non grave”,
passa sempre tranne in rari casi. «Alcuni
virus pandemici come la Spagnola
del 1918-19 e l’Asiatica del 1957 hanno
ucciso milioni di persone perché si
legano alle cellule dei polmoni e si trasformano
in polmoniti virali con caratteristiche
cliniche e di evoluzione molto
gravi. L’influenza stagionale invece
spossa, sfinisce – il paziente dice “mi
sento come se mi fosse passato di sopra
un camion” – ma in quattro giorni
in genere la febbre va via e in sette passa
tutto.
Ci sono, tuttavia, categorie a
rischio di complicanze, e la vita può essere
in gioco: ogni anno in Italia ci sono
8 mila decessi per complicanze legate
all’infl uenza».
Il ministero della Salute consiglia di
vaccinarsi alle donne nel secondo e terzo trimestre di gravidanza, agli adulti
portatori di patologie croniche a rischio
di complicanze, ai soggetti da 65
anni in su e ai medici e infermieri che
sono a contatto con i pazienti.
Sessa
conferma: «Ogni medico deve catalogare
i propri pazienti sulla base dell’età e
dei fattori di rischio:
il bambino entro i due anni, ad alto
rischio di complicanze delle vie respiratorie,
perché le difese immunitarie non
sono ancora mature;
il bambino più grande e l’adulto sano
che sono in grado di affrontare e superare
l’influenza con terapie sintomatiche e
restando a riposo;
l’adulto sotto i 65 anni portatore di
una patologia cronica al quale è consigliata
la vaccinazione; meglio che provvedano
cardiopatici, diabetici asmatici,
o c’è il rischio che si aggravino situazioni
particolari – come complicanze del diabete,
bronco pneumopatia ostruttiva,
scompenso cardiocircolatorio;
l’anziano oltre i 65 anni che oltre al
“fattore età”, nell’80 per cento dei casi è portatore di almeno una patologia
cronica, e il suo sistema immunitario
non è più efficiente come una volta.
Paradossalmente e statisticamente è minore
il rischio di essere contagiati per gli
anziani i cui sistemi immunitari hanno
già saggiato altre influenze. Ma quando
il virus colpisce, ci sono più probabilità
di sovrainfezioni batteriche e complicazioni
broncopolmonari, che in un individuo
già alle prese con una diffi cile guarigione
possono essere fatali; i dati statistici sulle morti della pandemia
AH1N1, specie nei Paesi meno
sviluppati, ci hanno consegnato purtroppo
la prova che anche le gestanti e
i bambini di cui sono in attesa presentano
variazioni del metabolismo che
predispongono a complicanze cardiocircolatorie
e a sovrainfezioni batteriche.
Dati analoghi arrivano sui pazienti
obesi; queste due categorie andrebbero
vaccinate».
Come si cura l'influenza
L’antinfiammatorio tratta i sintomi e vale
per tutti i pazienti. L’antibiotico sulle
infezioni virali (e in particolare nei confronti
dell’infl uenza) non è attivo e non
deve essere assunto a meno che non si
manifestino delle complicanze batteriche,
che si possono rilevare all’auscultazione
(polmonite) o alla visita (ton sillite).
«Di fronte a un sospetto di
polmonite virale o in pazienti portatori
di malattie croniche», ricorda Sessa,
«può essere valutata la terapia specifica
con Zanamivir od Oseltamivir, antivirali
che inibiscono delle proteine di superficie del virus.
L’Organizzazione mondiale della sanità
e l’Agenzia del farmaco europea Ema
raccomandano di non usarli sempre,
perché il virus tende a diventare resistente
all’antivirale, e in futuro lo aggirerà
mettendo in pericolo alcuni pazienti.
Peraltro, questi antivirali presentano
due vantaggi: riducono di un terzo l’entità
dei sintomi e soprattutto possono
essere presi per la prevenzione post-esposizione.
Un genitore di figli influenzati
che deve lavorare per forza, ma è
esposto al virus, ha due possibilità: usare
dispositivi di protezione individuali
(come aerare i locali o lavarsi spesso
le mani) e/o prendere l’antivirale con il
quale la probabilità di essere contagiato
scende anche dell’80 per cento».
Tuttavia, se si viaggia molto sarebbe
meglio vaccinarsi. «Il vaccino protegge
fi no all’85 per cento nell’adulto, ma la sua capacità di copertura diminuisce
nell’anziano al 35-40 per cento.
La vaccinazione
antinfluenzale va però vista
anche come protezione di gruppo: una
comunità che si vaccina diffonde di meno
la malattia e le sue complicanze, e
conta meno decessi».