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domenica 10 novembre 2024
 
Una maestra
 

«Insegno rispetto, passione, lealtà. E anche matematica»

16/09/2016  Marta Messina, 46 anni, di Gubbio, fa l'insegnante per vocazione. Ecco il decalogo che la guida nel lavoro, perché «la scuola non è fatta solo di materie». Una risposta, indiretta, al papà che ha scritto ai docenti per giustificare il figlio che non ha fatto i compiti delle vacanze: «Insegno anche ad accettare le difficoltà: per questo sulla porta della nostra classe c'è il cartello “vietato dire non ce la faccio”»

La maestra Marta aveva vent’anni quando ha vinto il concorso per insegnare alle elementari. Nel frattempo ha continuato a frequentare un corso per diventare anche insegnante di sostegno. Quella strada non l’ha poi mia intrapresa, ma la preparazione è stata davvero utile. Oggi, Marta Messina di anni ne ha 46, è mamma di due ragazzi di 14 e 19 anni e da qualche giorno ha iniziato una nuova avventura con due classi prime.

Un mestiere che vive come una vocazione, a scuola come a casa, per lei è un vero «stile di vita». Con delle regole che non tradisce mai e che partono da un assunto ben chiaro: «La scuola non è fatta solo di materie. I bambini prima di tutto devono imparare a collaborare tra loro: questa è l’età in cui sono egoisti, in cui tutto “è mio”. Invece devono imparare a condividere e collaborare. Così sarà, un domani, anche nel mondo del lavoro».

La scuola non è fatta solo di materie

«Insegno la curiosità, perché i bambini quando arrivano a scuola molto curiosi; poi escono dalla maturità spenti perché la scuola tende a farli rientrare tutti in quadro preciso. Invece io credo che debbano continuare a essere curiosi e porsi delle domande». «Insegno la passione per la cultura, perché se non c’è passione la cultura è solo trasmissione, subentra la noia e si spegne la curiosità».

«Insegno il rispetto che deve partire, per primi, proprio dagli insegnanti: che devono rispettare i bambini nelle loro caratteristiche, nei loro tempi e modi di apprendere. Se noi per primi impariamo a rispettarli, loro poi rispetteranno noi e gli altri bambini. Se c’è rispetto non c’è bullismo».

«Insegno a saper ragionare; perché porsi di fronte a un problema di matematica o di vita è faticoso per i ragazzi che tendono a non ragionare, ma a riportare i ragionamenti degli altri. Gli alunni, invece, devono essere liberi di scegliere la soluzione migliore».

«Insegno a non aver paura di sbagliare: perché se un bambino ha paura di sbagliare smette di fare. Se l’errore, invece, è il punto di partenza per riaffrontare il percorso i bambini non avranno paura di sbagliare. Dagli sbagli si può sempre imparare, con gli sbagli si può giocare; ma non con la penna rossa. Se io segno l’errore con la penna rossa loro si ricorderanno solo l’errore; se, invece, segno le cose positive si ricorderanno di quelle».

Insegno ad andare contro corrente

  

«Insegno ad andare contro corrente: perché i bambini devono capire che non è che perché una cosa la dice l’insegnante è giusta per forza; solo così impareranno a non seguire la massa, ma a ragionare con la loro testa». «Insegno anche a dissentire: ad alzare la mano e dire “no maestra, non è così” o a un compagno che non è giusto quel che fa. Dissentire è un valore aggiunto perché ti costringe ad argomentare per sostenere la tua idea, giusta o sbagliata che sia».

«Insegno il valore dell’amicizia, che non è quella di Facebook o WhatsApp. E che le amicizie reali sono quelle che nascono in classe. Non dimenticherò mai due bambine lo scorso anno che piangevano perché si litigavano una penna. Io entrai in classe e dissi: “usate le matite” e misi la penna sulla cattedra. Ma una delle due non smetteva di piangere Le chiesi perché e lei mi rispose che non piangeva per la penna, ma perché per una penna aveva perso un’amica. Si abbracciarono piangendo e poi si misero a ridere».

«Insegno la lealtà, nei miei confronti e delle colleghe ma soprattutto tra loro».

«Insegno la collaborazione: nel laboratorio di matematica di quest’anno i materiali non sono loro ma condivisi. Così tra loro si aiutano e si compensano. Condividere i materiali li aiuta molto perché a fine giornata li devono rimettere a posto, perché ci sono quattro matite e una gomma sola per quattro bambini, perché così facendo imparano a non cancellare tutti insieme ma a colorare mentre l’altro cancella».

Insegno ad accettare le sconfitte

«Insegno ad accettare le sconfitte. Fino allo scorso anno insegnavo anche motoria. Tutti vogliono vincere e arrivare primi. Per questo mi tormentavano con una domanda: “Maestra chi ha vinto?”. E io insegnavo loro che avevamo vinto tutti noi perché eravamo una squadra. Così come tutti perdevamo. Da adulto se non impari a perdere puoi arrivare anche a gesti estremi, così come ci sono tante famiglie che non accettano le sconfitte loro e dei figli. Invece è proprio dalle sconfitte che si riparte verso la vittoria».

«Così per le critiche: insegno ad accettare di essere criticati».

«Insegno ad accettare le difficoltà e che bisogna sempre provarci: per questo sulla porta della classe abbiamo scritto “vietato dire non ce la faccio”». «Insegno a porsi degli obiettivi: provare domani a fare meglio di oggi, un passetto in più rispetto a prima». «Insegno a credere in se stessi, base dell’apprendimento. Se i bambini non credono nello loro potenzialità non riusciranno mai ad apprendere».

Obiettivi da raggiungere che vanno condivisi con la famiglia. Ma la maestra Marta non ha dubbi: «se non c’è tutto questo non si può fare scuola». E lei che chiosa l’intervista dicendo… «Ah, dimenticavo. Insegno anche matematica e scienze».

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