La maestra Marta aveva vent’anni quando ha vinto il concorso per insegnare alle elementari. Nel frattempo ha continuato a frequentare un corso per diventare anche insegnante di sostegno. Quella strada non l’ha poi mia intrapresa, ma la preparazione è stata davvero utile. Oggi, Marta Messina di anni ne ha 46, è mamma di due ragazzi di 14 e 19 anni e da qualche giorno ha iniziato una nuova avventura con due classi prime.
Un mestiere che vive come una vocazione, a scuola come a casa, per lei è un vero «stile di vita». Con delle regole che non tradisce mai e che partono da un assunto ben chiaro: «La scuola non è fatta solo di materie. I bambini prima di tutto devono imparare a collaborare tra loro: questa è l’età in cui sono egoisti, in cui tutto “è mio”. Invece devono imparare a condividere e collaborare. Così sarà, un domani, anche nel mondo del lavoro».
La scuola non è fatta solo di materie
«Insegno la curiosità, perché i bambini quando arrivano a scuola molto curiosi; poi escono dalla maturità spenti perché la scuola tende a farli rientrare tutti in quadro preciso. Invece io credo che debbano continuare a essere curiosi e porsi delle domande».
«Insegno la passione per la cultura, perché se non c’è passione la cultura è solo trasmissione, subentra la noia e si spegne la curiosità».
«Insegno il rispetto che deve partire, per primi, proprio dagli insegnanti: che devono rispettare i bambini nelle loro caratteristiche, nei loro tempi e modi di apprendere. Se noi per primi impariamo a rispettarli, loro poi rispetteranno noi e gli altri bambini. Se c’è rispetto non c’è bullismo».
«Insegno a saper ragionare; perché porsi di fronte a un problema di matematica o di vita è faticoso per i ragazzi che tendono a non ragionare, ma a riportare i ragionamenti degli altri. Gli alunni, invece, devono essere liberi di scegliere la soluzione migliore».
«Insegno a non aver paura di sbagliare: perché se un bambino ha paura di sbagliare smette di fare. Se l’errore, invece, è il punto di partenza per riaffrontare il percorso i bambini non avranno paura di sbagliare. Dagli sbagli si può sempre imparare, con gli sbagli si può giocare; ma non con la penna rossa. Se io segno l’errore con la penna rossa loro si ricorderanno solo l’errore; se, invece, segno le cose positive si ricorderanno di quelle».
Insegno ad andare contro corrente
«Insegno ad andare contro corrente: perché i bambini devono capire che non è che perché una cosa la dice l’insegnante è giusta per forza; solo così impareranno a non seguire la massa, ma a ragionare con la loro testa».
«Insegno anche a dissentire: ad alzare la mano e dire “no maestra, non è così” o a un compagno che non è giusto quel che fa. Dissentire è un valore aggiunto perché ti costringe ad argomentare per sostenere la tua idea, giusta o sbagliata che sia».
«Insegno il valore dell’amicizia, che non è quella di Facebook o WhatsApp. E che le amicizie reali sono quelle che nascono in classe. Non dimenticherò mai due bambine lo scorso anno che piangevano perché si litigavano una penna. Io entrai in classe e dissi: “usate le matite” e misi la penna sulla cattedra. Ma una delle due non smetteva di piangere Le chiesi perché e lei mi rispose che non piangeva per la penna, ma perché per una penna aveva perso un’amica. Si abbracciarono piangendo e poi si misero a ridere».
«Insegno la lealtà, nei miei confronti e delle colleghe ma soprattutto tra loro».
«Insegno la collaborazione: nel laboratorio di matematica di quest’anno i materiali non sono loro ma condivisi. Così tra loro si aiutano e si compensano. Condividere i materiali li aiuta molto perché a fine giornata li devono rimettere a posto, perché ci sono quattro matite e una gomma sola per quattro bambini, perché così facendo imparano a non cancellare tutti insieme ma a colorare mentre l’altro cancella».
Insegno ad accettare le sconfitte
«Insegno ad accettare le sconfitte. Fino allo scorso anno insegnavo anche motoria. Tutti vogliono vincere e arrivare primi. Per questo mi tormentavano con una domanda: “Maestra chi ha vinto?”. E io insegnavo loro che avevamo vinto tutti noi perché eravamo una squadra. Così come tutti perdevamo. Da adulto se non impari a perdere puoi arrivare anche a gesti estremi, così come ci sono tante famiglie che non accettano le sconfitte loro e dei figli. Invece è proprio dalle sconfitte che si riparte verso la vittoria».
«Così per le critiche: insegno ad accettare di essere criticati».
«Insegno ad accettare le difficoltà e che bisogna sempre provarci: per questo sulla porta della classe abbiamo scritto “vietato dire non ce la faccio”».
«Insegno a porsi degli obiettivi: provare domani a fare meglio di oggi, un passetto in più rispetto a prima».
«Insegno a credere in se stessi, base dell’apprendimento. Se i bambini non credono nello loro potenzialità non riusciranno mai ad apprendere».
Obiettivi da raggiungere che vanno condivisi con la famiglia. Ma la maestra Marta non ha dubbi: «se non c’è tutto questo non si può fare scuola». E lei che chiosa l’intervista dicendo… «Ah, dimenticavo. Insegno anche matematica e scienze».