Un italiano su cinque soffre di insonnia cronica, ma è soprattutto d’estate che aumenta il numero di chi non trova pace fra le lenzuola con pesanti ripercussioni sulla giornata successiva, come stanchezza, nervosismo, scarsa produttività e deficit di memoria. Non a caso, alcuni studi hanno dimostrato che perdere un’ora e mezza di sonno (anche per una sola notte) può causare una diminuzione della vigilanza diurna del 32 per cento.
Durante la stagione calda, il problema è spesso transitorio ed è dovuto sia all’afa che impedisce al corpo di abbassare la propria temperatura per riposare bene, sia alla ritardata produzione di melatonina, l’ormone che viene rilasciato non appena diventa buio e favorisce il riposo. Ma le vere difficoltà insorgono quando la perdita di sonno non si limita alla diminuzione del numero di ore passate dormendo, ma conduce alla compromissione del riposo stesso, che scompare per lunghi periodi o viene addirittura a mancare in forma cronica (più di sei mesi).
A essere intaccato è innanzitutto il risveglio, che avviene senza le energie necessarie per affrontare la giornata e sovente è accompagnato da cefalea, sensazione di affaticamento muscolare e cattiva digestione. Ancora più gravi, però, sono le conseguenze a lungo termine, in particolare quelle sui meccanismi fisiologici che regolano il bilancio energetico, con un aumento del rischio di diabete e obesità, oltre che di ipertensione e malattie cardiovascolari o muscolo-scheletriche.
Disturbo acuto o cronico
Più comune fra le donne, gli anziani e i lavoratori turnisti, l’insonnia può essere occasionale e legata a situazioni specifiche (come il caldo, i cambi di lavoro o le preoccupazioni personali) oppure diventare un problema medico quando è presente per almeno tre mesi, come minimo per tre notti alla settimana.
Le cause possono essere molteplici: talvolta esistono patologie sottostanti che disturbano il sonno con i loro sintomi, con i trattamenti usati per alleviarli o con lo stress emotivo associato alla malattia stessa. Fra le principali condizioni che portano a dormire meno del necessario ci sono ansia e depressione, ma anche allergie, reflusso gastroesofageo, artrosi, insufficienza respiratoria, malattia di Parkinson, sindrome delle gambe senza riposo, ipertensione arteriosa e patologie oncologiche.
In altri casi, l’insonnia può insorgere a causa di comportamenti e stili di vita poco salutari, come, ad esempio, lavorare a casa la sera, dormire il pomeriggio o avere l’abitudine di recuperare il sonno perduto nel week-end.
Alcuni studi hanno mostrato poi un legame con l’uso eccessivo di televisione, web e cellulari che, adoperati la sera, determinerebbero un affaticamento visivo in grado di alterare il fisiologico ritmo sonno-veglia. Negativi per il riposo sono inoltre i pasti troppo abbondanti o eccessivamente conditi, la nicotina contenuta nelle sigarette, il caffè e l’alcol.
Come avviene la diagnosi
Non esiste un test rapido per diagnosticare l’insonnia, un esame del sangue o qualche strumento che nell’arco di alcuni minuti aiuti a identificare sicuramente un soggetto con perdita cronica di sonno e distinguerlo da chi non ha dormito per fattori contingenti. Occorre invece prepararsi a una visita medica dedicata, svolta dal proprio medico di base o più frequentemente presso un Centro di medicina del sonno, indispensabile per controllare lo stato delle patologie eventualmente correlate al problema.
Le indagini strumentali che il medico ha a disposizione comprendono esami che studiano la durata e la qualità del sonno, i risvegli, i movimenti notturni e tutte le informazioni sui livelli di ossigeno, l’attività cardiaca, la pressione arteriosa e respiratoria: in altre parole, il test chiamato polisonnografia.
Il ricorso a un esame strumentale, che spesso non è immediatamente realizzabile, non elimina comunque l’importanza del colloquio diretto con lo specialista, un atto necessario per ipotizzare e identificare le possibili cause di insonnia, comprendere da quanto tempo non si dorme bene, se questo accade solamente a casa o anche in vacanza, se sono già stati tentati dei rimedi (comportamentali o farmacologici) e con quale effetto, indagando tra l’altro l’ambiente in cui il paziente vive.
I rimedi per tutti
Una volta individuato il problema, le possibilità di trattamento sono rappresentate in primo luogo dalla correzione di abitudini di vita non funzionali a un buon riposo e poi da un breve approccio farmacologico, oltre che da tecniche di rilassamento mentale e muscolare. Fra i suggerimenti utili per chi non riesce più a riposare bene, ecco i principali.
* Utilizzare la stanza da letto solo per dormire. Vanno dunque evitate attività come mangiare, leggere eccessivamente o studiare e va abolito l’utilizzo del computer o della televisione. Confortevole, sufficientemente buia, silenziosa e con una temperatura ottimale, la camera da letto deve assicurare quelle condizioni di relax in grado di favorire l’inizio e il mantenimento del sonno.
* Essere costanti e abitudinari. Per quanto possibile, è importante coricarsi e svegliarsi a orari regolari, da rispettare anche nei fine settimana e nei giorni di riposo o vacanza.
* Evitare i sonnellini pomeridiani. La classica pennichella compromette il cosiddetto processo omeostatico. Il sonno infatti è simile a una molla che si comprime man mano che restiamo svegli: se dormiamo al pomeriggio, la molla si rilassa e la “pressione del sonno” diminuisce in vista della notte, ritardando l’addormentamento.
* Non rigirarsi nel letto senza pace. Quando non si riesce a prendere sonno, è preferibile non rimanere a letto ma alzarsi e dedicarsi ad attività rilassanti, come leggere un libro o ascoltare musica, fino a quando non si percepisce sonnolenza. Anche al mattino, è bene non restare a letto più del necessario.
* Evitare bagni o docce calde prima di coricarsi. Non è valido per tutti, ma la temperatura corporea è strettamente connessa con la regolazione del ciclo sonno–veglia: se diminuisce, aumenta la propensione al sonno e viceversa. Tuttavia, per alcuni, un bagno caldo è ciò che occorre per “isolarsi” dalle preoccupazioni della giornata.
* Niente stress prima del riposo. Prima di coricarsi, vanno evitate attività particolarmente coinvolgenti sul piano mentale o emotivo (studio, lavoro al computer, videogiochi...), ma anche l’esercizio fisico di medio-alta intensità (ad esempio, in palestra).
* Niente fumo né alcol. Per chi non dorme a sufficienza, nelle ore serali non vanno assunte bevande alcoliche o contenenti caffeina (caffè, tè, vino, birra, superalcolici) e bisogna evitare il fumo di tabacco, in modo da non determinare effetti eccitanti sul sistema nervoso centrale.
Quando manca il respiro
Fra gli italiani che soffrono di disturbi del sonno, si stima che almeno due milioni di individui – nel 70 per cento dei casi in sovrappeso o francamente obesi – presentino un disturbo respiratorio notturno caratterizzato da russamento abituale e complicato da apnee ostruttive.
«In questi soggetti aumenta la resistenza al passaggio dell’aria attraverso le vie aeree superiori, a causa di un parziale collasso di tonsille, adenoidi e altre strutture molli durante il sonno, determinando un maggiore sforzo muscolare per riuscire a respirare», spiega il dottor Andrea Marzetti, specialista in Otorinolaringoiatria presso l’Ospedale San Carlo di Nancy a Roma. «Senza che la persona se ne renda conto, il risultato di questo meccanismo è un forte russamento, accompagnato da periodi di assenza del respiro per almeno dieci secondi fino a un minuto, vere e proprie apnee che possono verificarsi da un minimo di cinque fino a oltre cinquanta volte per ogni ora di sonno nei casi più gravi».
A quel punto, i livelli di ossigeno nel sangue si abbassano rapidamente fino a quando il cervello invia un nuovo stimolo a respirare, provocando un microrisveglio inconscio, di cui spesso non ci si accorge, ma che causa un brusco passaggio dal sonno profondo a uno stadio più leggero. «Il riposo è un processo attivo che coinvolge varie strutture cerebrali ed è suddiviso in fasi distinte, in cui l’organismo attiva la maggior parte dei suoi processi di pulizia e ricostruzione», illustra Marzetti. «La sua continua interruzione determina una frammentazione di questa riparazione e, di conseguenza, una minore efficienza del sistema immunitario, un’alterazione delle ghiandole endocrine, una ridotta capacità di metabolizzare i grassi e una lunga serie di altri squilibri nei vari apparati, tessuti e organi del corpo».
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, di solito identificata con l’acronimo Osas (dall’espressione inglese Obstructive sleep apnea syndrome), rappresenta inoltre un grave problema sociale, perché la sonnolenza diurna che ne deriva causa quei colpi di sonno che – secondo i dati Aci – sono responsabili di un quinto degli incidenti stradali in Italia.
Una soluzione per tutti
Per risolvere il problema, è necessaria una strategia terapeutica tagliata su misura. Uno dei trattamenti possibili consiste, ad esempio, in una ventilazione meccanica durante il sonno attraverso una sorta di piccolo compressore collegato a una maschera facciale da applicare sul naso o anche sulla bocca (Cpap), che, immettendo aria nelle vie aeree superiori, ne impedisce la chiusura, ma esistono anche apparecchi ortodontici che consentono di modificare la posizione della lingua o della mandibola.
«In alcuni casi, si può valutare un approccio chirurgico rivolto alla correzione di eventuali difetti anatomici o delle anomalie ostruttive delle vie aeree superiori», conclude Marzetti. «L’importante è affidarsi a professionisti seri, magari inseriti nel contesto di ospedali importanti, che offrano un approccio multidisciplinare e non troppo semplicistico, perché le apnee ostruttive rappresentano un problema complesso, da trattare con competenza».