Avvocato Peppino Prisco, dove vedrà la finale contro il Manchester City?
«In Purgatorio».
Ma non stava in Paradiso?
«Mi hanno dato un Daspo di tre mesi e mi hanno cacciato perché ho fatto troppo rumore dopo la doppia vittoria contro il Milan nella semifinale di Champions League».
Deve averla combinata grossa.
«Ma no, dopo il gol di Lautaro abbiamo urlato come matti. Si sono spaventati tutti. Eravamo noi dell’Inter Club: Angelo Moratti, Raimondo Vianello, Herrera, Mariolino Corso, Facchetti, Bruno Arena dei Fichi d’India. Quando abbiamo iniziato a cantare “chi non salta rossonero è” ci hanno espulso».
Mi scusi, ma qui si tifa ancora?
«Non è cambiato niente. Anch'io pensavo che mi sarei riposato. Menomale che all'ultimo momento, prima di traslocare, oltre al cappello di alpino mi sono portato sciarpa e bandiera».
Quest'anno quattro derby vinti su quattro.
«Li abbiamo asfaltati. È da una vita che dico che a Milano ci sono due squadre: l'Inter e la primavera dell'Inter. Che felicità vedere la Madonnina con la bandiera nerazzurra».
Ha sentito che vogliono abbattere San Siro.
«Sono matti, come distruggere il Duomo. Tifare è un rito, non lo si può fare ovunque. Un luogo non vale l'altro».
Ogni domenica la curva Nord le dedica un coro.
«“E facci un gol, / e facci un gol / Peppino Prisco facci un gol... (si mette a cantare, ndr)”. Ogni volta mi commuovo, sa? Un giorno mi ha beccato San Pietro. Gli ho spiegato il motivo e si è messo a ridere».
Tredici anni dopo siamo di nuovo in finale. Si ricorda il trionfo del 2010?
«Ero sulla nuvoletta di Diego Milito, doppietta e vittoria dopo quarantacinque anni. Mi sono commosso quando ho visto capitan Zanetti in lacrime. E poi quell’addio di Mourinho degno di una sceneggiatura hollywoodiana».
Chi le piace di più di questa Inter?
«Le faccio una confidenza».
Dica.
«Accanto alla foto dei miei genitori sulla scrivania avevo messo quella di Ronaldo, qualche anno fa ho aggiunto quella di Milito e ora quella del Toro, Lautaro Martinez. Quel ragazzo mi fa impazzire. Classe, tecnica, senso del gol…».
E gli altri?
«Chalanoglu è una furia, soprattutto quando scende in campo contro il Milan. Barellino è un motore inesauribile, Darmian un mediano commovente».
Ma non si è stancato di tifare?
«No. Sono diventato socio dell’Inter nel 1946, consigliere nel ‘50, vicepresidente nel 1963. Ho vissuto tutta l’epopea della grande inter di Herrera e di Angelo Moratti.Poi gli anni meno belli, tra sconfitte e sofferenze. Ormai ho capito che l'Inter è un corso di gestione dell'ansia, un master di preparazione alla catastrofe, un allenamento per affrontare la tragicommedia della vita, una fenomenologia dell’imprevisto e dell’imponderabile. L’altro giorno su Instagram ho letto una frase struggente dei nostri tifosi: “Quando il mio cuore smetterà di battere, sarà la mia anima a gridare per te”. Bella frase ma si sbagliano. Anzi, quando incrocio Dante glielo dico».
Dante Alighieri? Che c’entra?
«Nel suo tour celeste, vedendo tutte queste anime tranquille e pacificate, chiede spiegazioni a Piccarda Donati. E lei risponde: "Frate, la nostra volontà quieta / virtù di carità, che fa volerne / sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta". In pratica, gli spiega che se anche alcune anime del Paradiso godono di una felicità minore rispetto ad altre, la forza dell'amore tranquillizza la loro volontà così che desiderano solo quello che hanno già, senza volere nient'altro. La felicità e la beatitudine non consistono dunque nella mancanza di desiderio ma in un desiderio senza mancanza».
Geniale, non c'è che dire.
«Sì, ma non vale per noi interisti. Altro che mancanza di desiderio! Io quando gioca l’Inter ho sempre il cuore in tumulto. Menomale che è arrivato il mio cardiologo di fiducia che ogni tanto mi dà una controllatina».
Adesso però vinciamo un po’ di più rispetto al passato.
«Menomale. Ma vinciamo a modo nostro, da pazza Inter. Quest’anno, per dire, in campionato non è andata benissimo ma abbiamo fatto una Champions strepitosa. Poi, noi abbiamo una dote che gli altri non hanno, l’autoironia. Negli anni Novanta, quando ci capitava di tutto, è salita alla ribalta una generazione di comici tutti interisti: i miei amici Aldo, Giovanni e Giacomo, Paolo Rossi, Gioele Dix, Raul Cremona, Fabio De Luigi, Enrico Bertolino».
Pronostico per sabato sera?
«Ma è matto? Le dico solo che sono disposto a prendermi un altro Daspo e traslocare all'inferno un paio di mesi, pure un anno».
Non è pericoloso? Rischia di incontrare il Diavolo milanista.
«Meglio, così lo sfotto da vicino».