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venerdì 25 aprile 2025
 
il simposio
 

Regolamentiamo l'uso dei social, ma la sola legge non basta

14/02/2025  Al convegno "Non è il safer internet day", organizzato da Famiglia Cristiana, Fondazione Carolina, Cisf e Ucsi Lombardia a Milano si dibatte - fra gli altri temi - sul maggiore o minore proibizione dell’utilizzo delle piattaforme. Presenti, tra gli altri, la senatrice Lavinia Mennuni, l'onorevole Devis Dori, lo psicoterapeuta Alberto Pellai, il comico Germano Lanzoni e il papà di Carolina Picchio

L'onorevole Devis Dori, don Stefano Stimamiglio e la senatrice Lavinia Mennuni (Credit Cecilia Spalletti)
L'onorevole Devis Dori, don Stefano Stimamiglio e la senatrice Lavinia Mennuni (Credit Cecilia Spalletti)

Al giorno d'oggi sensibilizzare i giovani sul corretto utilizzo del Web e dei social appare un'impresa sempre più ardua. I ragazzi minorenni riescono sempre meno a darsi un freno nella loro attività sui social network, anche spesso per colpa dei genitori poco attivi nel controllare la situazione. E le grandi aziende tecnologiche fanno il resto, garantendo un accesso al Web praticamente istantaneo. Tutto ciò incentiva di riflesso anche l’aumento dei casi di bullismo e cyberbullismo. Limitare l'uso dei social per bambini e adolescenti e responsabilizzare le famiglie sull'argomento appaiono dunque due necessità non più procrastinabili. Questo è stato il tema centrale dell'evento Non è il safer internet day, organizzato da Famiglia Cristiana, Fondazione Carolina, Cisf (Centro internazionale Studi Famiglia) e Ucsi (Unione Cattolica della Stampa Italiana) e tenutosi oggi a Milano presso l'Auditorium don Giacomo Alberione di Via Giotto a Milano. Durante il convegno sono intervenuti diversi ospiti tra cui la senatrice Lavinia Mennuni, l'onorevole Devis Dori, lo psicoterapeuta Alberto Pellai e altri esperti del tema. L'evento è stato realizzato con il supporto di Wind Tre, attiva dal 2018 con NeoConnessi, il progetto di educazione digitale per studenti, docenti e genitori che quest’anno raggiungerà 2 milioni di ragazze e ragazzi e la metà delle scuole italiane (info su http://www.neoconnessi.it).
Ad aprire il dialogo è stato il direttore di Famiglia Cristiana, don Stefano Stimamiglio, che ha sottolineato l'importanza di affrontare quotidianamente l'argomento: «Il Safer Internet Day si celebra l'11 febbraio. Poi nei restanti giorni si tende a dimenticare il tema. Serve promuovere una cultura quotidiana della consapevolezza. L’82% dei ragazzi trascorre cinque ore al giorno davanti agli schermi. E questo porta a quattro conseguenze: dipendenza, perdita di concentrazione, privazione del sonno e depravazione sociale. Sono problemi che vanno affrontati ogni giorno. La politica è chiamata a dare risposte concrete. I giornalisti sono chiamati invece a rispettare la carta di Treviso. Ognuno deve fare la propria parte».

Alberto Pellai, Ivano Zoppi e Paolo Ferri (Credit Cecilia Spalletti)
Alberto Pellai, Ivano Zoppi e Paolo Ferri (Credit Cecilia Spalletti)

Come primi relatori, dal lato politico, sono intervenuti l'onorevole Dori e la senatrice Mennuni, promotori di leggi e proposte di legge utili per combattere il bullismo, il cyberbullismo e l'utilizzo dei social da parte dei minori. Dori, ideatore della legge sul bullismo 70/2024, a sua volta completamento e estensione della legge 71/2017, ha però ammonito: «Il bullismo non si risolve con la bacchetta magica. La legge da sola non basta. Serve parlare nelle scuole, dialogare con i giovani, organizzare eventi di sensibilizzazione per i genitori. Il coinvolgimento delle famiglie è fondamentale. Spesso i familiari di chi subisce atti di bullismo non scoprono a lungo il fatto». A Dori ha fatto eco Mennuni, promotrice della proposta di legge volta a introdurre l'innalzamento a 15 anni di età per quanto riguarda l'accesso ai social media. «È necessario regolamentare l’uso dei social, per permettere un corretto sviluppo psicologico del minore. Le famiglie non vanno lasciate sole, perché rischiano di commettere errori. Notiamo infatti come i genitori ora regalano il telefono ai figli già dopo la prima comunione. Anche la scuola infine deve fare la propria parte. Serve una collaborazione complessiva, l'intervento del singolo non basta».

Il comico Germano Lanzoni (Credit Cecilia Spalletti)
Il comico Germano Lanzoni (Credit Cecilia Spalletti)

Successivamente la tavola rotonda si è focalizzata sul parere degli esperti, apparsi divisi sulla maggiore o minore proibizione dell’utilizzo dei social. «La preadolescenza è un periodo di grande fragilità emotiva. Si cerca la gratificazione istantanea. Ormai la vita reale e quella virtuale si uniscono grazie all'utilizzo del digitale - ha sottolineato lo psicoterapeuta Pellai- L'ingresso precoce nel mondo online influenza negativamente l'aspetto comportamentale dei giovanissimi. Come mettiamo dei limiti di età abbastanza alti per quanto riguarda la guida dell'automobile che è un oggetto sicuro, dovremmo metterli anche per l'utilizzo dei social. Un dodicenne non ha gli strumenti giusti per guidare senza rischi sull'autostrada dei social».
Di opinione diversa invece il professore ordinario di Teoria e tecniche dei nuovi media e Tecnologie per la didattica all'Università Bicocca, Paolo Ferri: «Attenzione alle politiche di proibizione totale. Si rischia un utilizzo dei social ancora più nascosto e difficile da regolamentare. Serve di sicuro educare i giovanissimi sul tema, soprattutto fino ai 12 anni prima che entrino nella preadolescenza, ma troppi limiti rischiano di essere controproducenti».
Più equidistante e ampia la visione della neuropsichiatra infantile Mariolina Migliarese, che si è focalizzata sullo sviluppo del minore fin dalla tenera età e sul ruolo degli adulti: «Dobbiamo capire cosa vogliamo per i nostri figli. Quali tipo di adulti vogliamo crescere in futuro. Quali competenze vogliamo che i nostri figli acquisiscano. Serve però innanzitutto comprendere le varie fasce evolutive di crescita di un bambino. Ogni fase porta le sue problematiche da affrontare. È giusto educare i bambini all'utilizzo del digitale, ma serve anche sviluppare in loro un buon linguaggio e un pensiero critico. Solo con questi ultimi elementi i giovani possono affrontare le sfide del mondo online. Il bambino per crescere bene ha bisogno di sviluppare tutti i sensi. I media e i social sviluppano solo l’aspetto sensoriale visivo, trascurando gli altri sensi e l’aspetto motorio».

Paolo Picchio. Alle sue spalle un'intenso ritratto della figlia Carolina (Credit Cecilia Spalletti)
Paolo Picchio. Alle sue spalle un'intenso ritratto della figlia Carolina (Credit Cecilia Spalletti)

Il simposio ha dato poi spazio agli interventi di tre rappresentanti delle big-tech: Martina Colasante per Google, Costanza Andreini per Meta e Luana Lavecchia per TikTok. «Google ha l’obiettivo costante di offrire esperienze online adatte alle esigenze dei minori. In Italia il 78% dei ragazzi tra 12 e 13 anni usano tecnologia ogni giorno. Abbiamo una grande responsabilità nei loro confronti», ha spiegato Colasante. Anche Andreini si è schierata sulla stessa linea: «La tecnologia va capita, nelle modalità e nelle conseguenze. I nostri account per adolescenti sono pensati per offrire maggiore protezione. E per evitare che i minori abbiano troppi contatti online con gli adulti e con contenuti pericolosi. Il genitore poi può e deve decidere come gestire questi account. Il controllo della famiglia deve essere centrale».
Tra discorsi di politica, psicologia e sociologia c’è però anche spazio per l’appello di Paolo Picchio padre di Carolina (da qui il nome dell'omonima fondazione), la ragazza morta suicida ad inizio 2013 dopo essere stata vittima di bullismo e cyberbullismo. Picchio, accompagnato sul palco dall'attore Germano Lanzoni, si è rivolto alla platea: «Le parole fanno più male delle botte. I giornalisti sono professionisti della parola e hanno responsabilità di quello che scrivono. Torniamo a parlare delle cose belle che fanno i ragazzi, non solo dei fatti tragici che li riguardano. Abbiamo bisogno di coltivare la speranza, per far sì che i giovani frequentano il mondo digitale con gioia».

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