Come una sfida a distanza, su palcoscenici campani. Una sfida musicale, nel giro di una settimana. Due pezzi dei vecchi Dire Straits, uno dopo l'altro. E' partito (sabato scorso, a Ravello, per il tradizionale Festival) il comprimario, colui che abbandonò la band prima del grande successo: David Knopfler, il meno celebre dei fratelli. Poi (domani sera, a Napoli) toccherà a Mark, ex leader dei Dire Straits, colui che portò la band in vetta alle classifiche.
David sarà sempre conosciuto come il fratello (minore) di Mark, perchè ha scansato il successo per inseguire la sua strada, quella della musica indipendente, che non vive di hit ma regala altre soddisfazioni. David, s'è mai pentito della sua scelta?
"No, mai. Se la feci è perchè sentivo che la mia strada era un'altra rispetto a quella che stavo percorrendo allora".
- Vi chiamavate Dire Straits perchè erano davvero per voi "tempi duri", come dice il nome della band?
"Mah, eravamo giovani e non è che fossimo disperati. Magari avremmo potuto diventarlo se non ci fosse andata bene, ma quel nome non nacque da particolari problemi".
- Perchè sentì che quella non era la sua strada?
"Molto più semplice di quanto si possa pensare. Ero arrivato al punto di rottura, avevo raggiunto un tale limite di stress che non potevo continuare".
- Come mai? Metter su una band somiglia a tante altre situazioni che si vivono durante l'esistenza...
"Le esperienze che fai in gioventù servono soprattutto a inseguire un sogno, a vivere un'avventura, insieme ad altri compagni. E' quando ti accorgi che non stai più facendo quello che sognavi che arriva il momento di cambiare strada".
- Come lo capì?
"Perchè mi sembrò di essere nel bel mezzo del sogno di un altro, non di quello che volevo inseguire io".
- E qual era il suo sogno?
"Essere un chitarrista che scrive canzoni: nient'altro".
- E non le dispiace non aver mai scalato le classifiche, da solista?
"Non si programmano pezzi che diventino hit. Un artista scrive per il piacere di farlo e per tirar fuori quel che ha dentro. Altrimenti rischia di diventare commerciale, senza peraltro alcuna garanzia di avere successo".
- Lei, invece, piace ai critici musicali più che al grande pubblico: come mai?
"Non so, faccio quel che mi piace. Se, poi, i critici apprezzano non può che farmi piacere".
- Alcuni suoi testi sono impregnati di spiritualità: è religioso?
"Più che altro, sono affascinato dalle religioni, senza peraltro essere un praticante. Sono cresciuto senza alcun riferimento religioso, ma apprezzo l'architettura di chiese e cattedrali, e mi fa star bene accendere una candela in chiesa. Anche la Bibbia ha il suo fascino, così trova qua e là posto nei miei testi".