LA DIETA DELLA LONGEVITA' E LA DIETA MIMA DIGIUNO Quando aveva 5 anni, Valter
Longo trascorse sei
mesi a Molochio, un paesino
di montagna della
Calabria. In quei giorni fu
proprio lui a scoprire che
il nonno Alfonso, a cui era
molto legato, era morto.
A un centinaio di metri dalla casa del
nonno viveva Salvatore Caruso, più o
meno suo coetaneo: 40 anni dopo, Valter
e Salvatore – che morirà nel 2015 a
110 anni dopo essere stato l’uomo più
anziano d’Italia – sarebbero apparsi
su una prestigiosa rivista americana
in cui si rendevano noti i risultati di
una ricerca condotta da quel bambino,
divenuto nel frattempo scienziato:
un’alimentazione a basso contenuto
di proteine, simile a quella in uso presso
i centenari di Molochio, è in grado
di diminuire l’incidenza di tumori e di
garantire un’esistenza più lunga e in
salute. Ci fa vivere sani per tanti anni.
Questo toccante episodio, raccontato
in La dieta della longevità (Vallardi),
spiega le motivazioni profonde che
hanno portato Valter Longo, aspirante
musicista, a diventare uno dei massimi
esperti mondiali sull’invecchiamento
e la malattie collegate.
Biografia e vocazione scientifica sono intrecciate nella tua storia.
Racconti anche delle molte richieste
di malati in cerca d’aiuto...
«Perché una persona a 19 anni vuole
studiare l’invecchiamento? La passione
veniva da queste esperienze personali.
Inoltre ho sempre avuto – non
saprei dire perché – la propensione ad
aiutare i malati. Oggi sono bombardato
dalla richieste di pazienti che hanno la sclerosi multipla, l’Alzheimer, il
cancro, persone che si sentono senza
speranza. Il problema – che tocca i
ricchi come i poveri, senza distinzioni
– è che quando uno è malato gli viene
somministrato un farmaco e la cura finisce lì. Non esiste un’équipe dove
sono presenti il medico, il biologo molecolare,
il nutrizionista, capace di affrontare
la malattia con un approccio
complessivo e più rassicurante per il
paziente. Se ci rompiamo una gamba,
mandano anche l’elicottero a salvarci;
se abbiamo il cancro, veniamo avviati
alla chemioterapia e poi veniamo di
fatto abbandonati a noi stessi, come se
non ci fosse nient’altro da fare. In realtà
la scienza presenta altre soluzioni,
altre possibilità per una cura efficace».
Hai sintetizzato queste possibilità
alternative in tre proposte: i 5
pilastri della longevità, la dieta della
longevità e la dieta mima-digiuno...
«All’origine di tutto c’è la scoperta
dei geni che regolano il ringiovanimento,
la rigenerazione, la protezione.
A questa ho dedicato i primi 10-15 anni
della mia carriera. Il mio laboratorio
ha individuato due dei principali set di
geni che controllano l’invecchiamento.
La seconda fase si interroga su come
utilizzare tali scoperte per dare una vita
migliore alla gente. Da lì scaturisce la
dieta della longevità: se l’apporto proteico
è molto alto, ad esempio perché
si mangia molta carne, uno di questi
set di geni viene attivato e l’organismo
invecchia e sviluppa patologie più velocemente.
Inizia allora la messa a punto
di una dieta personalizzata, evitando
però l’errore di proporre soluzioni
estreme o che impongano di mangiare
solo cibi sgraditi. Con il mio libro credo
di essere finalmente arrivato a calibrare
una strategia efficace ed equilibrata,
fondata sui 5 pilastri: gli studi sui centenari
(quelli di Molochio, ma anche di
altre parti d’Italia e del mondo), quelli
di base, quelli clinici, quelli sui sistemi
complessi e le ricerche genetiche. Nulla
a che vedere con le diete oggi di moda,
incentrate al massimo su uno di questi
pilastri. Dopo che medicina e alimentazione
sono state a lungo separate, oggi
si comincia a metterle in relazione
e tanti medici sono pronti a seguire
la dieta mima-digiuno».
DIETA E MALATTIE
Spieghi che seguire questo stile di alimentazione ha una funzione preventiva, ma è anche strumento di cura.
«Se uno ha i valori del colesterolo troppo alti, gli vengono somministrate le statine, cioè un blocco alla sintesi della patologia. È come mettere un cerotto sulla ferita. Invece bisogna chiedersi: perché l’organismo sta generando così tanto colesterolo? La dieta mima-digiuno, partendo dall’evidenza che l’organismo non sta più funzionando come dovrebbe, fa in modo che le cellule “malate” vengano eliminate o “rigenerate”. Abbiamo ottenuto risultati incoraggianti ad esempio con chi soffre di diabete, senza stravolgergli la vita».
Dunque l’alimentazione è centrale: siamo ciò che mangiamo?
«Siamo costruiti da ciò che mangiamo. Se non mangiamo proteine per alcuni giorni, i fattori di crescita del cancro vengono drasticamente rallentati. La dieta è lo strumento più potente di cui disponiamo, perché cambia interamente il nostro sistema di salute».
Qual è il tuo pasto-tipo?
«Un po’ di pasta, 300 grammi di ceci, altri 100 grammi di verdura, minestroni, polpo e patate, la farinata...».
A proposito della dieta della longevità, assicuri che non contiene nessun elemento magico. E aggiungi: di magico c’è solo il nostro corpo...
«Come è possibile che da un uomo e una donna di 40 anni nasca un bambino perfetto? Siamo il frutto di un’evoluzione millenaria, il corpo sa esattamente che cosa fare per mantenersi sano. Il problema è che noi uomini ci siamo allontanati sempre di più nel tempo da alcune pratiche antiche, che avevano un effetto benefico sulla nostra salute. A un convegno in Vaticano raccontavo al cardinale Ravasi che un tempo si praticava il digiuno nero: 6 settimane di restrizione calorica che culminavano in una settimana di digiuno; i musulmani seguivano un mese di restrizione calorica, ora aspettano la sera e mangiano ancora di più... Abbiamo perso queste buone abitudini, potenzialmente essenziali per restare sani. La scienza con le sue scoperte perfeziona le cure, ma il corpo umano ha in sé tutto ciò che gli serve, è in grado di autorigenerarsi».
Questa sapienza del corpo implica una responsabilità, sia per l’individuo sia per le istituzioni...
«Il giornalista deve imparare a filtrare le notizie: quando qualcuno afferma che il caffè o il vino fanno bene o male, bisogna chiedergli qual è il fondamento scientifico della sua teoria. È il primo passo per diffondere una nuova cultura e anche per evitare di alimentare confusione fra la gente».
Hai devoluto i proventi del libro alla fondazione no profit Create Cures...
«La Fondazione ha l’obiettivo di fornire ai malati una terapia globale e interdisciplinare e di finanziare le ricerche che inseguono idee nuove e alternative, di solito trascurate».