«Fino al 24 febbraio del 2022 nessuno credeva possibile una guerra di questo genere, a tutto campo. Fino all’ultimo avevamo sperato nella saggezza e nei buoni rapporti che esistevano fra i due popoli. Eravamo convinti che nessuno avrebbe osato iniziare un conflitto così crudele». A parlare da Zaporizhzhia è monsignor Maksym Ryabukha, sacerdote salesiano, vescovo ausiliare dell’Esarcato arcivescovile di Donetsk.
«All’inizio speravamo che questa sofferenza sarebbe finita presto. Ma poi abbiamo capito che non è così, che colui che vuole farci del male non si ferma, non vede il dolore che sta causando con i suoi atti crudeli. Ci siamo resi conto che questa guerra è un martirio che va avanti. Tante persone sono state schiacciate da questa crudeltà inaspettata, tante altre capiscono che non è il tempo di piangersi addosso, ma che bisogna rialzarsi, difendere la patria, perché in questa difesa risiede il diritto alla vita e la difesa è espressione del senso di responsabilità».
Il 2022, l’anno che ha stravolto le vite degli ucraini, ha portato un cambiamento anche in quella di don Maksym. Lo scorso dicembre il sacerdote ha terminato il suo incarico di direttore della Casa salesiana “Maria Ausiliatrice” e dell’oratorio di Kyiv, è stato ordinato vescovo e ha cominciato la sua nuova missione nella martoriata regione del Donbass. «Dio mi ha fatto uno scherzo da prete», commenta con ironia don Ryabukha. «Non avrei mai pensato di fare il vescovo, ero un prete dei giovani, della periferia. Ma oggi sento il sostegno di Dio e questo mi dà il coraggio di guardare avanti».
Continua il vescovo: «In questo periodo di immensa ingiustizia, la Chiesa è stata al fianco del popolo, per far sentire la presenza di Dio. La vicinanza si è concretizzata in vari modi, a partire dall’accoglienza dei profughi, aprendo porte e cuori a gente che in un attimo aveva perso tutto. Molte comunità religiose sono restate in posti terribilmente colpiti, assicurando sostegno materiale. Il volontariato si è mobilitato. Quando penso alle persone che incontravo a Kyiv attaccata dai russi, a quelle che incontro adesso, vedo la speranza che il conflitto abbia una fine. E la speranza è così forte che la gente crede possibile anche un miracolo. Penso che, allora, saremo capaci di ricostruire il Paese e renderlo più forte».