«Sarà un momento molto difficile il passaggio della corona da Elisabetta II a re Carlo III sia perché i due sovrani hanno personalità molto diverse sia perché il Regno Unito è cambiato profondamente e mi preoccupa l’incoronazione». Clifford Longley, 82 anni, famoso commentatore cattolico, ex corrispondente religioso del Times e del Daily Telegraph e uno dei direttori del settimanale cattolico The Tablet studia da sempre i rapporti tra religione e monarchia in Gran Bretagna. «La corona, nel Regno Unito, è legata da un patto non scritto con i sudditi nel quale si impegna ad alimentare le virtù civiche e militari dei cittadini. In cambio i monarchi hanno tutta una serie di privilegi», spiega Longley.
«Sono sicuro che re Carlo III capisce tutto questo ed ha già dedicato una lunga carriera a dare vita a questo rapporto. Tuttavia la corona è anche legata da un sacro patto con l’Onnipotente con il quale si impegna a preservare e avanzare la religione cristiana in tutti i suoi aspetti, morali e dottrinali e, mentre la regina Elisabetta capiva tutto questo e, pur con i suoi limiti, ha fatto del suo meglio per incarnare questo rapporto spirituale con Dio del quale il sovrano è il simbolo vivente, non penso che re Carlo III capisca davvero che cosa questo rapporto tra la corona e Dio richiede da lui e forse non pensa neppure che tale rapporto esista. Sarà, quindi, un re molto secolarizzato, che finirà per farsi trascinare da diverse correnti religiose e spirituali a seconda di dove soffia il vento. E questo apre la possibilità che la nazione decida di interrompere questo contratto se non ritiene che viene soddisfatto in modo adeguato dal re».
Secondo Longley il momento chiave nel quale questo patto tra la corona e il sacro verrà messo alla prova sarà l’incoronazione. «Il 2 giugno 1953, quando Elisabetta II venne incoronata, la Gran Bretagna era ancora un Paese profondamente cristiano dove la maggior parte dei sudditi trascorreva quasi tutta la domenica nelle chiese e dove i momenti chiave della vita privata e nazionale erano segnati dai riti della Chiesa d’Inghilterra», spiega ancora Longley. «L’unzione della Regina con l’olio sacro, da parte dell’arcivescovo di Canterbury di allora, Geoffrey Fisher, esprimeva proprio questo. La sovrana era vestita di bianco, come una sposa, senza gioielli, sola e veniva consacrata a Dio. Per Elisabetta questo fu il momento più importante della sua vita. Da li venne la sua dedizione assoluta ai sudditi con i quali si instaurò un rapporto profondo. Il cerimoniale esprimeva tutto questo».
Ma oggi, in un Regno Unito cosi secolarizzato, sarà possibile ancora un’incoronazione costruita attorno alla religione? E come trovare i riti, le formule, i costumi che possano parlare alla Gran Bretagna di oggi? «Chi preparerà l’incoronazione di re Carlo III avrà un compito quasi impossibile e non credo che avrà successo», dice ancora Longley. «C’è un forte rischio che nella nostra epoca secolarizzata la cerimonia non esprimerà più quel forte senso del sacro di settant’anni fa e si sarà, cosi, persa, per sempre, una dimensione sacra indispensabile alla corona».
(Foto Reuters)