Ha vissuto trent’anni in Siria e un anno fa è stato espulso dal regime di Bashar el Assad. Padre Paolo Dall’Oglio, gesuita, ha passato la vita ad inseguire la riconciliazione tra i musulmani e non solo tra loro e i cristiani. Sulla questione siriana ha idee chiare, che smascherano molte ipocrisie occidentali. Le sue parole di solito provocano discussioni. Come quelle dell’intervista che ha rilasciato a famigliacristiana.it
- In un momento in cui molti per evitare una escalation del conflitto sono contrari ad armare i ribelli, lei parla di ipocrisia. Perché ?
"Il regime di Bashar el-Assad possiede uno degli arsenali più importanti del Medio Oriente e ne ha fatto uso massiccio contro la popolazione siriana. La risposta è stata la radicalizzazione della resistenza e non si è potuta, né saputa, evitare la partecipazione di gruppi islamisti radicali e spesso clandestini, non controllabili dalla popolazione insorta e non raramente infiltrati dai servizi segreti del regime. Di fronte al coerente sostegno di Russia e Iran (compreso il braccio armato dell'esercito dello Hezbollah sciita libanese) si è registrata la paralisi dello schieramento occidentale e si tende a descrivere il movimento rivoluzionario come esclusivamente islamista radicale e terrorista. L’ipocrisia sta nel fatto che non molti vogliono ricordare che il regime di Damasco è stato negli anni scorsi uno dei promotori e degli strumentalizzatori di tale estremismo terrorista clandestino".
- Non teme che comunque si possano rafforzare organizzazioni jihadiste? È vero, come sostengono in molti, che già impongono la legge islamica in aree sotto il loro controllo?
"La grande maggioranza dei musulmani siriani insorti appartiene all'area moderata dell'islamismo. Certo, laddove le popolazioni sono fortemente permeate d'islamismo salafita, e dove il desiderio di rivalsa è ormai forte, si registrano casi di applicazione alla lettera della legislazione islamica, e anche purtroppo di crimini. Sono convinto che l'alto livello culturale della popolazione e la profonda tradizione di tolleranza e buon vicinato avranno presto ragione delle derive estremiste una volta ottenuta la libertà".
- Chiariamo il distinguo tra lei e chi sostiene che il regime di Bashar al Assad sia comunque laico e quindi preferibile per i cristiani.
"La questione della solidarietà di molti cristiani con il regime in nome d'una certa associazione di minoranze contro le rivendicazioni della maggioranza sunnita è cosa nota. Ma non sono mai mancati i cristiani che hanno considerato questo atteggiamento come suicida sul lungo periodo. La dittatura laica nasce in fondo come sfiducia nella popolazione islamica. Insomma la questione non è quella della forma dello stato, ma quella di sapere qual è lo stato che meglio neghi il desiderio d'emancipazione dei musulmani. Secondo me queste attitudini hanno poco a che fare con il Vangelo. Molti cristiani orientali la pensano come me e non lo nascondono. Alcuni sono spariti nelle carceri di Assad per questo".
- Perché i cristiani dovrebbero attivamente auspicare un ramadan di riconciliazione tra sunniti e sciiti?
"L'idea
di dedicare il mese di Ramadan all'armonia tra musulmani, di
partecipare in un modo o nell'altro a questo tempo forte musulmano, è
nata nel maggio scorso in un gruppo di cristiani che in Francia, assieme
ad amici siriani, hanno pregato e si sono interrogati su come costruire
un'alternativa alla violenza in corso. Non si tratta di condannare i
partigiani siriani in armi, ma di partecipare alla pacificazione del
mondo musulmano il quale, a causa della polarizzazione tra sciiti e
sunniti, si trova in una condizione di guerra civile a più o meno bassa
intensità. Se si superasse questa contrapposizione tra i musulmani
sarebbe molto più facile ottenere la vittoria della democrazia, senza
ricadute sui diritti civili delle minoranze".
- Parliamo
degli Hezbollah libanesi. E’ strano che i critici dei fondamentalisti
islamici mai li citino. Sono intervenuti in Siria perché forza
confessionale o di riscatto arabo?
"Nel castello ideologico e
propagandistico del regime siriano, la questione della resistenza allo
Stato sionista è centrale perché giustifica l'autoritarismo in quanto
necessario a contrastare la manipolazione complottista del sionismo
internazionale e dei suoi alleati. Il Partito di Dio, lo Hezbollah
libanese di obbedienza iraniana è l'ala religiosa sciita di tale
resistenza anti-israeliana. Ma Israele ha chiarito che la questione
siriana non lo riguarda e che non ha nessun motivo per facilitare un
cambio di regime a Damasco. In Occidente si tende a ritenere che, in
fondo, l'islamismo sciita è una forza di contenimento dell'islamismo
sunnita maggioritario Questo modo di ragionare è semplicemente una
follia. Ad essa va contrapposto, alleandoci ai sunniti e agli sciiti
meno settari, lo sforzo del dialogo per la costruzione della giustizia e
della riconciliazione nell'unica Umma musulmana".
- Cosa bisogna prevedere dopo il conflitto? Una Siria federale?
"La
questione dell'eventuale spartizione della Siria su base confessionale è
vecchia. Le popolazioni hanno risposto in favore della Siria una e
indivisibile su base araba nazionalista. Oggi questa posizione è in
crisi sia a causa del progressivo crearsi di un cantone curdo nel
nord-est siriano, sia per la progressiva polarizzazione alawita ad Ovest
e ad Est nella Siria costiera, assortita di massacri, espulsioni di
popolazioni sunnite e ripiegamento sulla costa di quelle sciite. In
questo quadro conflittuale i cristiani sono schiacciati e spinti
all'esilio o a prendere le armi a fil regime laddove si trovano in
associazione con gli alawiti nelle stesse valli. Resta però vero che la
pacificazione della Siria, ma anche dell'Iraq e in prospettiva
dell'Iran, del Pakistan, della Turchia non si potrà ottenere che nel
quadro d'una redifinizione democratica federale. I democratici arabi
odiano la parola "federale" che è sentita come equivalente a spartizione
coloniale del Medio Oriente a vantaggio d'Israele. Per questo si
diffonde l'espressione "Siria unitaria o unificata", per dire il
desiderio popolare di superamento delle contrapposizioni settarie. E'
però chiaro ai più che, anche con l'aiuto d'una corte internazionale che
faccia vera luce sui crimini del regime e su quelli dei gruppi
estremisti islamisti, la riconciliazione dei siriani si farà nel quadro
d'un processo costituzionale consensuale e pluralista pure sul piano
territoriale. Questo sarà impossibile senza un efficace coinvolgimento
delle forze ONU e della Lega Araba nonché attraverso un negoziato
politico risolutivo tra Russia e Stati Uniti e tra Iran e Turchia. Per
questo occorre sperare contro ogni speranza che Ginevra2 non fallisca”.