Ha salutato da tempo l’Italia, destinazione
Giappone. E ora segue da lontano, in altre faccende affaccendato. Guida la
nazionale del Paese del Sol Levante, peraltro con successo (soprattutto, il
trionfo in Coppa d’Asia). E’ ormai tempo di rimettersi in moto: settembre è il
mese dei match di qualificazione mondiale. Come s’è rimesso in moto il
campionato di serie A.
Alberto Zaccheroni, un passato italiano ad alti livelli,
osserva con attenzione esprime il suo rammarico. L’eco di una serie A poco
appetibile è giunta pure in Giappone.
- Mister Zaccheroni, è stata un’estate da profilo
basso: da quanto tempo non si assisteva a qualcosa del genere?
"Difficile ricordare, certo che di tempo n’è passato
tanto. Purtroppo, è una serie A molto più povera, neppure lontanamente
paragonabile a quella definita “delle sette sorelle”, quando c’erano ben 7
squadre che potevano ambire allo scudetto, tutte attrezzate per solidità
societaria e investimenti sul mercato".
- Adesso, invece, si è costretti a vendere:
impressioni?
"E’ un campionato molto povero, che per certi versi
mette tristezza".
- Ma non è colpa dei club?
"Non dico questo, per carità. Quella calcistica è una
vera a propria industria, anche una delle più fiorenti: se va male il Paese in
generale è normale che vada male anche il calcio".
- La serie A come specchio dell’Italia?
"Non c’è dubbio: l’Italia è in una situazione nera,
normale che il calcio sia precipitato a un punto molto basso".
- Il calciomercato al risparmio non è che una
conseguenza?
"Senza alcun dubbio. Come si possono fare spese folli
se l’economia del Paese non tira per nulla? E lo stesso vale per le cessioni
all’estero: impossibile resistere a certe offerte di fronte a una simile
situazione. Sarebbe contro ogni logica".
- Quindi, il Milan ha fatto bene a cedere Ibra e
Thiago Silva?
"Sul piatto c’era una mare di soldi: giusto
accettare".
- La crisi è mondiale: il Giappone come se le passa?
"Da quel che posso vedere c’è molto più ottimismo. Ci
sono settori che tirano meno, ma l’economia è in ripresa".
- Tornando al calcio, la serie A continua a perdere terreno nei confronti degli altri campionati europei?
"Sì, il divario invece di restringersi si sta allargando. Non si può dire che gli altri se la passino benissimo: il mercato della Liga spagnola è stato asfittico, in Inghilterra s’è mosso solo qualche club. Anche loro, insomma, non vivono il loro momento migliore. Ma la nostra competitività a questi livelli s’è abbassata".
- E gli scandali non aiutano?
"Quelli non aiutano mai, neanche nei tempi di vacche grasse. Prendiamo il caso delle scommesse: mi chiedo come sia possibile che scoppi uno scandalo del genere con ritmo ciclico".
- S’è dato una risposta?
"Forse perché, al di là dell’iniziale deplorazione, si finisce per dimenticare gli scandali troppo presto".
- A proposito dei campionato, Juve favorita d’obbligo?
"E’ campione in carica, normale che sia tra le favorite. Bisognerà vedere come assorbirà il problema Conte e come saprà conciliare il duplice impegni di campionato e Champions League".
- E le altre?
"Vedo bene il Napoli, che potrebbe anche diventare la favorita numero uno. Sono molto curioso di vedere come si esprimerà la Roma di Zeman, mentre le milanesi rischiano di restare dietro, anche se a dire il vero l’Inter ha fatto qualcosa di positivo negli ultimi giorni di mercato".
- Pronostico secco?
"No, nessun pronostico. Anche perché prevedo una classifica corta in testa e chance di successo finale anche per una outsider".
- Quindi, non tutto il male viene per nuocere?
"Può essere questo l’aspetto positivo di una stagione al ribasso".