Qui sopra: Kaufmann nel ruolo di don Carlo. Sotto: nel "Parsifal".
Non è certo l’erede di Pavarotti né di nessun altro: è Jonas Kaufmann e basta. Il suo repertorio spazia: e la sua voce, il suo timbro particolare, la sua presenza scenica ne hanno fatto un personaggio.
45 anni, nato a Monaco di Baviera, 3 figli, da poco separato dalla moglie: è il più grande tenore vivente. A Milano è arrivato la prima volta per l’ultima regia di Giorgio Strehler, il Così fan tutte di Mozart del 1997 al Piccolo Teatro. Poi ha inaugurato la Stagione 2009 della Scala con Carmen di Bizet e quella del 2012 col Lohengrin di Wagner diretti da Daniel Barenboim.
Da poche settimane ha pubblicato per la Sony il cd del Winterreise (Viaggio d’inverno) di Franz Schubert, una delle più belle raccolte di Lied (canzoni) di ogni tempo. Un classico, che Kaufmann ha eseguito tante volte in pubblico accompagnato da Helmut Deutsch: l’ultima volta in Italia alla Scala in aprile ed è stato un trionfo. Il giorno dopo il recital lo abbiamo incontrato in albergo: disponibile, allegro, gentile e per nulla divo.
Cosa rappresenta Winterreise?
“È la perfezione in semplicità. Ed è questa una cosa per me molto particolare di Schubert. Anche se tutti dicono che questi poemi di Müller non sono all’altezza di Goethe o di Schiller e sono i testi di un poeta che è noto solo per il Viaggio d’inverno e per la Bella mugnaia (altro grande ciclo di Schubert, ndr). Ma è la finezza con cui Schubert trasferisce questo testo abbastanza semplice, non banale e semmai credibile per la sua semplicità, che rende il Winterreise straordinario. E poi ci sono i colori unici. E la libertà lasciata da Schubert all’interprete: senza interpretazione, senza il sentimento degli interpreti Winterreise non funzionerebbe. Insomma è un capolavoro, un capolavoro fragile. Fatto di tante piccole cose che ci portano in un altro mondo….”.
Come si accosta un cantante ad un simile capolavoro?
“Non è possibile offrire una interpretazione di questo viaggio senza farsi coinvolgere dalle parole, e dalla musica. Altrimenti non funziona. E’ un viaggio che comincia con una separazione dalla fidanzata che non è tanto traumatica. Ma poi, da un Lied ad un altro, il protagonista capisce che non riesce a liberarsi di questa tristezza. Cerca una soluzione: ma almeno 5 Lied finiscono con la stessa parola: tomba”.
Il suo rapporto con Helmut Deutsch è molto particolare...
“Non ho mai lavorato con un pianista straordinario come Helmut. Sempre fresco, sempre curioso di capire qualche cosa di nuovo. Ogni sera con lui è possibile trovare una nuova interpretazione, mai uguale alla precedente, anche se ovviamente tutte le esecuzioni sono simili. Però per esempio lui non è d’accordo sulla mia interpretazione delle poesie: per me il protagonista va incontro alla morte e la incontra alla fine, personificata in un suonatore di organetto. Per lui invece il suonatore è solo un compagno con il quale riprendere il cammino, cantando insieme. Ma va benissimo, e andiamo avanti insieme, anche se non siamo d’accordo”.
E ride di gusto...
Poco prima di Schubert è uscito un fantastico Dvd del Parsifal di Wagner
diretto da Daniele Gatti nel quale Kaufmann è protagonista. Anche
quello di Parsifal è un viaggio, ma al contrario, verso la redenzione.
Lei è un grandissimo interprete di Wagner. Come ha scoperto questo
autore?
“Mio padre e mio nonno erano tutti e due molto appassionati della musica
di Wagner. Mio nonno aveva tutti gli spartiti. E quasi ogni giorno lui
suonava al pianoforte. Suonava lentamente, perché era anziano e poi non
era capace di suonare tutto in tempo giusto. Eppoi cantava, e
interpretava tutti i personaggi, anche le voci femminili. Era una sua
soddisfazione. E sono i miei primi ricordi musicali. E mi rivedo: me
bambino, sotto il pianoforte ad ascoltare la musica”.