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venerdì 16 maggio 2025
 
 

Ipazia nemica degli estremismi

29/04/2010  Le vicende della filosofa raccontate nel film "Agorà".

Di certo Ipazia, filosofa, matematica e astronoma vissuta ad Alessandria d’Egitto tra il 370 e il 415, fu persona di valore. Ed è certo pure che fece una fine iniqua e straziante, vittima del supplizio impostole dai Parabolani, una setta estremista di cristiani capitanati da tal Pietro il Lettore, seguace del vescovo Cirillo, patriarca di Alessandria. Tutte le testimonianze concordano, a cominciare da quella di Socrate Scolastico, storico cristiano del V secolo.

Nulla di strano perciò se Alejandro Amenábar, regista cileno ma spagnolo d’adozione (Oscar 2005 per Mare dentro ma noto anche per il thriller The Others con Nicole Kidman e per Abre los ojos, da cui Tom Cruise trasse il remake Vanilla Sky), è rimasto folgorato da questo personaggio misconosciuto. Una donna che, per forza intellettiva e moralità, nonché per fascino non comune, era «ammirata e riverita da tutti» (parole ancora di Socrate).
 
«Mai avrei immaginato che il mio nuovo film avrebbe parlato di pagani e cristiani nell’antico Egitto», riflette Amenábar, 38 anni, a proposito di Agora, ora anche nelle sale italiane. «È il bello del fare cinema: poter liberare la fantasia, esplorare mondi affascinanti come l’Alessandria del IV secolo. Immaginare i templi, la quotidianità, la gente per le strade e con passione riportare tutto in vita». Casomai, stupisce che Amenábar abbia saputo persuadere finanziatori di mezza europa montando un kolossal da 50 milioni di euro. E che attorno a un progetto poco commerciale sia riuscito a raccogliere un cast di grido: Ipazia è la bella Rachel Weisz (attrice premio Oscar per The Constant Gardener, nota anche per La mummia e Il nemico alle porte); il veterano Michael Lonsdale è suo padre Teone, rettore del Serapeo, la biblioteca d’Alessandria; Oscar Isaac è l’ambizioso Oreste, allievo invaghito della pensatrice neoplatonica; Max Minghella è Davo, schiavo anche lui innamorato di Ipazia.
 
E meraviglia ancor più l’impatto visivo di Agora: utilizzando splendide scenografie e i più moderni effetti al computer, Amenábar fa fare allo spettatore un salto indietro di 16 secoli, tuffandolo nella vita quotidiana di Alessandria, culla della cultura pagana ma anche crocevia religioso per ebrei e cristiani. Un’epoca di transizione poiché l’Impero romano è al declino, tormentata da violenze ed estremismi. «Voglio che il pubblico abbia l’impressione di seguire una troupe della Cnn mentre riprende fatti che accadono nel IV secolo come fosse oggi», dice il regista. «Mi sono allontanato di proposito dalla perfezione formale di certi film perché chi guarda si senta testimone diretto di ciò che accade. Sola preoccupazione, non far spettacolo della violenza».

Suggestione totale, così come l’emozione. Impossibile non rabbrividire di fronte a scene d’inaudita crudezza, alla distruzione di papiri e pergamene della biblioteca di Alessandria. Non è però la Chiesa sotto accusa, quanto la brutalità di certi estremisti. Così come quella dei più esagitati tra pagani ed ebrei. Sotto accusa è la stupidità dell’uomo. Negarlo sarebbe come voler negare le pagine oscure dell’Inquisizione. Un film, insomma, non contro i cristiani ma contro tutti gli estremismi. E contro il maschilismo (allora?) imperante nella cultura e nella società. Scomoda Ipazia, come donna. «Mi è sempre piaciuta l’idea di guardare il passato esattamente come si è svolto», spiega Amenábar. «Con questo film offriamo allo spettatore la possibilità di osservare il passato, per due ore, dal buco della serratura».

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