La vendetta dell'Iran sciita contro l'Arabia Saudita, monarchia a maggioranza sunnita, non si è fatta attendere. La decisione di Riad di condannare a morte, insieme ad altre 46 persone accusate di terrorismo, il leader religioso sciita Nimr al-Nimr ha scatenato l'ira del mondo islamico sciita. Durante la notte, l'ambasciata saudita a Teheran è stata presa d'assalto da decine di manifestanti che hanno lanciato bombe incendiarie. Attaccato anche il consolato di Riad a Mashad, nel nord dell'Iran. La Guida suprema iraniana Ali Khamenei ha tuonato contro il regno saudita: «Senza dubbio l'illegittimo spargimento di sangue di questo martire innocente avrà un effetto rapido e la vendetta divina si abbatterà sui politici sauditi».
Le proteste sciite si sono propagate nel resto del mondo arabo, in Iraq, in Libano - dove il movimento sciita di Hezbollah, alleato dell'Iran, si è rivolto anche contro gli Stati Uniti -, in Yemen, fino al Bahrein. Anche nell'est dell'Arabia Saudita, la regione popolata dalla minoranza sciita, la gente è scesa per le strade.
I giustiziati in Arabia Saudita erano stati accusati di essere coinvolti in attentati terroristici avvenuti tra il 2003 e il 2006 e attribuiti ad Al Qaeda. Lo sceicco al-Nimr era nato nel 1960 nella regione dell'Arabia orientale di Qatif, a maggioranza sciita, aveva studiato Teologia in Iran, si era poi spostato in Siria, prima di rientrare nel 1994 in Arabia, dove le sue rivendicazioni della parità religiosa fra le due correnti dell'islam gli conquistarono sempre maggiore popolarità nel modo sciita. Era stato stato uno dei protagonisti delle proteste di piazza che nel 2011 si erano sollevate in Arabia sulla scia dei movimenti della Primavera araba.
I manifestanti si erano scagliati contro l'intransigenza della monarchia sunnita, rivendicando la parità tra maggioranza sunnita e minoranza sciita e la fine delle discriminazioni e della marginalizzazione di quest'ultima (in Arabia la comunità sciita rappresenta il 15% della popolazione totale, che conta 27 milioni di abitanti). L'arresto di al-Nimr nel 2012 era stato denunciato dalle organizzazioni per i diritti umani in tutto il mondo, in quanto dimostrazione del giro di vite saudita contro ogni forma di dissenso nei confronti del potere.
In Arabia Saudita le condanne a morte possono essere comminate anche per reati compiuti prima di raggiungere la maggiore età. Nella lista dei 47 giustiziati non compare il nome di Ali al-Nimr, nipote ventunenne dello sceicco al-Nimr. Anche lui è stato arrestato e condannato a morte nel 2012, all'età di 17 anni, con l'accusa di rapina a mano armata e attacco alle forze di sicurezza. Per lui negli ultimi mesi si è sollevata la mobilitazione della comunità internazionale.