Isabella Ragonese con Valerio Mastandrea e Carlo Mazzacurati sul set di La sedia della felicità
Ha girato 16 film in 8 anni, oltre a fare teatro e a realizzare audiolibri. Ma Isabella Ragonese minimizza: «C’è gente che lavora dieci ore al giorno. Io faccio un mestiere che mi piace e che mi consente di scegliere». Nell’ultimo film, La sedia della felicità, forma una spassosa coppia comica con Valerio Mastandrea. Ma, ancora una volta, lei minimizza: «Sono solo la sua spalla. È lui che fa ridere». Non è vero, fa molto ridere pure lei, ma a forza di minimizzare, è diventata forse l’attrice più brava tra quelle della sua generazione. Sicuramente, una delle più richieste. Presto la ritroveremo in Il principe favoloso, il film sulla vita di Giacomo Leopardi girato da Mario Martone. Lei è Paolina, la sorella del poeta di Recanati: «È un personaggio struggente. Il padre le diede le stesse possibilità di studiare dei fratelli: fu una donna coltissima, che però restò sempre imprigionata nella sua casa. Giacomo fu sempre molto legato a lei». Come il fratello di Isabella: «Vedendo tanti conoscenti che sono figli unici, capisco quanto io sia fortunata. Più passa il tempo, più mi rispecchio in lui. È bellissimo sapere di avere una coscienza comune, osservare come ciascuno di noi ricordi in modo diverso episodi del nostro passato».
Ma torniamo a La sedia della felicità, commedia ambientata in Veneto che racconta, parole dell’attrice, «la storia di due disgraziati»: un’estetista (lei) e un tatuatore (Mastandrea), entrambi con una situazione economica e sentimentale disastrosa, a caccia di un tesoro nascosto in una sedia. Il regista, Carlo Mazzacurati, ha fatto in tempo a finirlo prima che la malattia avesse la meglio lo scorso 24 gennaio. «Penso che sia un insegnamento bellissimo da parte sua averci lasciato con un film così leggero che si conclude con un finale pieno di grazia e di delicatezza, come era lui». commenta l’attrice. Il registro scelto dal regista è il grottesco, con personaggi e situazioni decisamente sopra le righe, a volte pure troppo, specie nel personaggio del prete rovinato dai videopoker. L’intento, comunque, è di raccontare una favola. O forse no. Impossibile, vedendo il film, non pensare ai secessionisti veneti arrestati: con il loro trattore trasformato in un carro armato, potevano benissimo finire dentro La sedia della felicità. «Mazzacurati era veneto e io, da siciliana, ho avuto la fortuna di vedere questa realtà con i suoi occhi che la conoscevano così profondamente. E lui non ha avuto paura di raccontare personaggi che ci possono sembrare “esagerati”, ma che esistono davvero e che possono dire molto sulla realtà di oggi, non solo del Nordest».
Isabella fa la pendolare tra Roma, dove risiede, e Palermo, dove è nata e dove tuttora vive la famiglia. «Roma e Palermo sono due amori che si alimentano a vicenda, nella lontananza. Quando torno in Sicilia, adoro la sensazione del tempo che pare come per magia rallentare e l’idea di trovarmi nei luoghi dove sono passati tutti i popoli che hanno fatto la nostra storia». C’è un proverbio a cui è molto legata: «Cchiù scuru di mezzanotti ’un pò fari: più buio di mezzanotte non può fare. Sembra un concetto negativo, invece a me ha sempre dato grande forza nei momenti difficili. Questo fatalismo, che è tipico di noi siciliani, racchiude in realtà lo stimolo ad andare sempre avanti. Perché, prima o poi, l’alba arriverà».