«Ieri ho parlato con Papa Francesco che mi ha manifestato la sua vicinanza e la sua preghiera per tutta la comunità ecclesiale di Gaza e per tutti i parrocchiani e abitanti». A rivelarlo al Sir è padre Gabriel Romanelli, parroco dell’unica parrocchia latina di Gaza, attualmente bloccato a Betlemme, in attesa di fare rientro presso la sua parrocchia, dedicata alla Sacra Famiglia.
«Ho ringraziato il Pontefice per il suo appello alla pace in Israele e in Palestina di domenica scorsa all’Angelus», ha spiegato, «papa Francesco ha impartito la sua benedizione perché tutti sentano la sua vicinanza».
Gaza è sotto assedio, considerato “illegittimo” dall’Onu, deciso da Israele che ha interrotto le forniture di elettricità, cibo e carburante, in ritorsione all’attacco del 7 ottobre. Nella Striscia vive una piccola comunità cristiana, poco più di mille fedeli (su 2,3 milioni di abitanti di fede islamica, ndr). I cattolici sono circa un centinaio.
La piccola comunità cattolica intanto da sabato scorso, giorno dell’attacco, si ritrova tutte le sere a pregare il Rosario per la Pace: «I fedeli», ha detto padre Romanelli, «si radunano in chiesa per la Messa e poi davanti al Santissimo pregano il Rosario. Per i bambini abbiamo pensato ad un piccolo oratorio, con la speranza di donare qualche momento di serenità in una situazione che si profila sempre più drammatica».
In queste ore si parla di una possibile invasione terrestre annunciata da Israele: «Sarebbe una carneficina. Combattere casa per casa, in un ambiente densamente popolato, avrebbe effetti devastanti su ambedue i contendenti».
Attualmente la parrocchia ospita 130 rifugiati e altri sono ospitati in strutture parrocchiali limitrofe. Da Gerusalemme, completamente vuota a causa dello stato di guerra dichiarato dal governo israeliano, il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, parlando al Sir, analizza quello che sta accadendo, a partire dall’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso: «Onestamente credo che nessuno si aspettasse un attacco così pianificato nei minimi dettagli. Pensavo che potesse accadere qualcosa dopo le provocazioni e violenze cui avevamo assistito nei mesi scorsi. Quanto è accaduto non è una reazione ad una passeggiata sulla Spianata delle Moschee, è qualcosa di altamente organizzato».
Patton ha fornito indicazioni alle comunità della Custodia: «La situazione è molto grave, è stato dichiarato lo Stato di guerra. Nei luoghi dove siamo dislocati sappiamo di essere al momento al sicuro, ma dobbiamo essere prudenti e attenti a ogni possibile evoluzione della situazione», sottolinea, «il rischio di un allargamento del conflitto, esteso anche ai Territori palestinesi della Cisgiordania è reale e bisogna essere molto prudenti e pazienti».
La Custodia, sin dal giorno dell’attacco, il 7 ottobre, sta dando indicazioni precise ai propri frati perché si muovano con accortezza, visto il momento delicato. Quindi “restare nei conventi” o spostarsi “solo se necessario per studio o lavoro”. Le disposizioni restrittive disposte dalle Autorità di Israele, con lo Stato di guerra, “sono valide nel territorio della Custodia, dunque a Giaffa, Ramleh e Gerusalemme (incluse Beit Hanina e Ein Karem). Sono state rimandate a data da destinarsi le celebrazioni di accoglienza in diocesi al patriarca latino e neo cardinale, Pierbattista Pizzaballa, in programma in questi giorni.
In Cisgiordania, dove la Custodia ha diverse parrocchie e santuari, ci sono state diverse manifestazioni a sostegno di Hamas: «In questo momento stiamo cercando di tenere le nostre parrocchie fuori dalle beghe politiche, come sempre facciamo in questi casi», ha spiegato Patton, «ci sono manifestazioni a sostegno di Hamas, come si possono vedere sui canali televisivi e sui social, ma l’indicazione è non lasciarsi tirare dentro perché non siamo qui per questo. L’invito è sempre alla moderazione e alla preghiera. Quando ci sono situazioni di conflitto i cristiani sono sempre la parte più debole. Di fatto dopo ogni guerra accade spesso che un buon numero di cristiani emigri all’estero».
La Custodia ha deciso di lasciare aperti i Santuari per i (pochi) pellegrini rimasti ancora in Israele: «Non sappiamo quanti gruppi ci sono attualmente, qualcuno si trova a Betlemme, altri nella Galilea, a Nazaret. Non appena sarà possibile faranno ritorno in Italia. Temo che con questo attacco torneremo a stare da soli con i fedeli locali per diverso tempo. Da parte mia ho anche detto che non è prudente organizzare pellegrinaggi. Quando sarà di nuovo sicuro farlo allora daremo notizia e inviteremo le Chiese a ritornare. Siamo in ottobre, Mese del Rosario: chiedo a tutti di pregare per questa Terra dilaniata».